“Aiutateci, siamo disperati….”


di Mauro Cattaneo*
Si sono presentati stamattina davanti al Comune con questo cartello. Una coppia. Non più giovani. Entrambi disoccupati. Sfrattati e ospiti dei dormitori gestiti dalla Caritas. Con gravi problemi familiari e di salute alle spalle.
Avevano già parlato con me diverse volte nelle ultime settimane. Li ho sempre ascoltati e ho sempre spiegato loro che il Comune non dispone di case. Li ho inviati dagli operatori del Cissaca e della Caritas che li stanno seguendo e stanno cercando di trovare una soluzione ai loro numerosi problemi.
Ma questa mattina sono tornati davanti al Comune a incatenarsi al cancello con quel cartello. Un gesto di ordinaria disperazione.
Prima abbiamo provato a calmarli. A fargli capire che questi gesti non risolvono niente. A spiegargli per l’ennesima volta
che le case popolari non sono del Comune. Dopo che si sono tolti le catene siamo andati nel mio ufficio. La loro rabbia si è trasformata in pianto. Abbiamo provato a ripercorrere le soluzioni che i vari operatori stanno cercando di trovare per loro. Siamo riusciti (forse) a ridargli un po’ di speranza.
Ma quello che è successo con loro – a prescindere dalla accuse ingiuste e immotivate al Comune – è solo la punta dell’iceberg. Solo questa mattina nel mio ufficio sono passati tre nuclei familiari altrettanto privi di mezzi. Lavoro che non c’è e casa a rischio. Una storia che si ripete ogni giorno.
Dico questo non per metter le mani avanti o per giustificarmi. Io e le persone con cui collaboro stiamo facendo tutto quanto è nelle nostre capacità. Potrei raccontare le tante situazioni già risolte e le soluzioni che stiamo quotidianamente costruendo. E non posso certo escludere di fare anche degli errori.
Dico questo perché vivendo ogni giorno in trincea ho l’impressione che la nostra città, la nostra comunità non abbia ancora piena consapevolezza di quanti sono questi casi e di quanto stia salendo la marea della disperazione.
Dico questo perché vedo un’immensa generosità e passione in tanti operatori pubblici e privati, in tante persone. Ma vedo anche tanta indifferenza. E troppa voglia di girare la testa dall’altra parte e dimenticare.
Per me l’unica soluzione è quella delle parole di don Milani:”Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Uscirne tutti insieme è politica. Uscirne da soli è avarizia.” E con questo spirito cerco di adempiere al mio incarico.
Ne usciremo solo con l’attenzione e la disponibilità di tutti. Dal singolo cittadino alla Fondazione. Dall’alto dirigente al volontario. Si troveranno le soluzioni per i singoli casi di disperazione e contemporaneamente si darà vita a una comunità più coesa.
Chiedo semplicemente che ciascuno faccia la sua parte. Ne usciremo tutti arricchiti.

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