In brache di tela


Marina Elettra Maranetto Città Futura on-line
Siamo in presenza d'un contagio che non si limita alle menti poco allenate. La sua espansione è progressiva e planetaria, ma ancora non si comprende come tocchi alcuni e non altri: influenza i comportamenti e il linguaggio per emulazione, in caduta libera.
Nel nostro caso, un ventennio e più d’ammiccamenti beceri, ostentazioni pacchiane, figuracce internazionali ha reso tutto lecito, a partire dai piani alti. Manca il gesto dell’ombrello come saluto di benvenuto ma non bisogna disperare se abbiamo un glorioso trascorso di corna ufficiali, di mortadelle e pesci putridi elevati agli onori delle aule parlamentari.
Succede spesso che il fine sia lodevole e il mezzo discutibile, anche quando si tratta di fare notizia e  sollecitare attenzione per una gravissima malattia come la SLA. La moda è
venuta dall’estero, dove sembra abbia determinato una raccolta di fondi assai generosa. Noi, che abbiamo insegnato al mondo a camminare, abbiamo disimparato ad essere propositivi  trasformandoci in solerti imitatori, con scarsi effetti pratici. 
E così sono arrivati fin qui i tele-gavettoni d’acqua gelata, gesto simbolico di condivisione per il gelo improvviso che afferra chi apprende di non avere alcuna speranza di guarigione. Quanto di esibizione e quanto di  autentico ci sia in tutto questo, non so dire. Di certo resta impressa l’immagine dei neofiti “in brache di tela”, tra cui il nostro primo ministro, che non si è lasciato scappare l’occasione, chissà… per estendere, con quel gesto ecumenico, solidarietà agli italiani che, in brache di tela, ci stanno davvero.     (l'immagine, l'avrete di certo riconosciuta, è del nostro corrispondente inglese:"L' Economist")

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