La magia dei portici di Bologna nel racconto di Gabriele Protto
Gabriele Protto
Alessandria, pubblicato da Pier Carlo Lava
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Bologna: Che strana, la douleur de vivre che caratterizza Bologna. Mi sembra un incantesimo che attira tutti i malati d’amore in un posto solo, e questo posto è la corte di una grossa signora che nasconde in alcol e droga le origini del suo malumore.
È la prima volta che attraverso i portici senza sentirne il peso: i miei passi sono leggeri, mi propellono in avanti con una forza che ho riscoperto di recente.
Preso nel mio inedito entusiasmo, osservo i ragazzi ubriachi che popolano gli anfratti del centro: pochi irriducibili che ancora non sono tornati alla loro cittá natale. Una ragazza attraversa la strada con una bottiglia in mano, la porta alle labbra e beve un lungo sorso. Il suo gruppo è un gregge di personaggi variegati, fatti di fisionomie anticonformiste e atteggiamenti unici. Tutti un po’persi.
Due giovani ciarlano di temi casuali, stravaccati una sull’altro contro un portone di legno. Una bottiglia di birra fa compagnia ai loro sorrisi sghembi.
“Bologna è il paese dei balocchi”, mi ricorda un ragazzo con cui ho parlato pochi minuti prima in Piazza Verdi. Penso che non abbia tutti i torti, mentre l’odore della Marijuana mi riempie le narici da chissá quale finestra.
Qui ogni regola degrada in una minestra dal sapore sconosciuto, una minestra che non piace a nessuno ma seduce tutti con il suo fetido calore. C’è una bellezza che sa di decadentismo in tutto questo, un fascino romantico che forse una volta era della Venezia dannunziana ma che ora appartiene alla grossa signora che nasconde in alcol e droga le origini del suo malumore.
Se Pirsig fosse qui probabilmente direbbe “La degenerazione è divertente ma non è sostenibile”, e forse avrebbe ragione. Ma che gli frega a quelli che stanno limonando in piazza San Francesco. A Pirsig farebbero rimangiare le sue frasette da saggio a suon di cazzotti.
Perchè anche se non è sostenibile, questo degrado decostruttivo pare in qualche modo adeguato. È “una sala d’aspetto affollata e di provincia” in cui attendiamo tutti che il nostro numero venga chiamato. E forse è per questo che i miei passi sono così leggeri: Dopo un anno di bonaccia, le mie vele si sono finalmente gonfiate.
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