CRONACA, ECONOMIA Caro vita e bollette impoveriscono il ceto medio. “Ora dormo nel retro della mia pasticceria”. “Ho il mutuo, rinuncio al dentista”. E alla Caritas arrivano anche studenti fuori sede – Le storie. fattoquotidiano.it

 

Caro vita e bollette impoveriscono il ceto medio. “Ora dormo nel retro della mia pasticceria”. “Ho il mutuo, rinuncio al dentista”. E alla Caritas arrivano anche studenti fuori sede – Le storie

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Mai avrei pensato di bussare alla vostra porta”. Luigi ha 60 anni e per la prima volta nella sua vita ha chiesto aiuto alla Caritas. Insieme al figlio ha aperto una pasticceria nel Torinese, investendo tutti i risparmi per la ristrutturazione dei locali e per l’acquisto dei macchinari. Erano pronti a inaugurare ma è arrivata la pandemia che li ha costretti a tenere chiusi i battenti per altri sei lunghi mesi. La ripartenza è, per loro, una boccata d’ossigeno. Troppo breve però: cominciano a soffiare i venti di guerra che si trascinano dietro il caro bollette e l’aumento del costo della vita. Luigi deve pagare i debiti, le bollette aumentano e adesso anche i clienti hanno iniziato a spendere meno. E’ necessario tagliare delle spese, eliminare il superfluo e non solo. Lascia la sua casa e si trasferisce nel retrobottega della pasticceria, dove si riscalda con una stufetta elettrica. Adesso dovrà pagare solo l’affitto della sua attività. Non basta: rimane poco per mantenere lui e il figlio. Scadono le bollette e il rischio del distacco dell’elettricità si fa sempre più concreto. Luigi non sa più cosa fare, è disperato. Così decide di rivolgersi al centro d’ascolto della Caritas raccontando ai volontari quel suo stato di “lavoratore e povero”. Parla dei suoi problemi e della paura per un futuro che appare sempre più buio: “Come ne uscirò? Se muoio ora lascio a mio figlio un mare di debiti”.

CARITAS: “SITUAZIONE GRAVE DOVE IL COSTO DELLA VITA E’ ALTO” – Quella di Luigi è una storia che non è un’eccezione. E’ una delle tante storie di uomini, donne e famiglie che da appartenenti al ceto medio si ritrovano, di colpo, catapultati nella povertà. Persone che fino a ieri non avevano mai avuto bisogno di aiuto, abituati a fare dei sacrifici ma sempre autosufficienti, che però adesso rientrano a pieno titolo tra i nuovi poveri d’Italia. Sono famiglie di impiegati, commercianti, artigiani, titolari di piccole aziende, con casa in affitto o mutuo da pagare, che non riescono più a far quadrare i conti del bilancio familiare. Soprattutto nei grandi centri “dove il costo della vita era già alto”, come spiega al fattoquotidiano.it il direttore della Caritas AmbrosianaLuciano Gualzetti: “Dopo la pandemia e l’inizio della guerra abbiamo notato un aumento sensibile di persone che lavorano e che hanno bisogno di noi: non riescono a pagare le bollette e si rivolgono alla Caritas perché hanno bisogno anche del pacco alimentare, dei farmaci“. “Finita la crisi causata dal Covid la disoccupazione era diminuita, ma oggi registriamo un progressivo peggioramento: il lavoro, per molti, non è sufficiente e così ci troviamo in una situazione dove anche il ceto medio rischia di non potere andare avanti con dignità”, continua Gualzetti.

PER FAR QUADRARE I CONTI SI RINUNCIA A CURRSI O AL DENTISTA – Ed ecco che si aprono nuovi scenari, anche per chi da anni è impegnato a combattere la povertà. “Se una famiglia è in difficoltà non può rinunciare a pagare l’affitto o le bollette, altrimenti si ritrova senza luce e senza gas, e allora spesso in tanti rinunciano a nutrirsi in modo sufficiente e a curarsi, magari non andando dal dentista“. “A queste storie – continua il direttore della Caritas di Milano – si aggiungono quelle di chi ha contratti atipici, dei lavoratori in nero, e di tutti coloro i quali non hanno diritti minimi garantiti. Ovviamente ci sono ancora i poveri estremi, i senza fissa dimora, ma ci sono sempre più famiglie e persone che fino a ieri stavano a galla e adesso non riescono più e per questo cerchiamo di capire come aiutarli per farli tornare a camminare con le loro stesse gambe”. “L’effetto positivo del reddito di cittadinanza che aveva fatto calare il livello di povertà – sottolinea Luciano Gualzetti – è stato ormai eroso prima della pandemia e ora dal caro bollette e dall’inflazione”. “Noi continuiamo a fare la nostra parte per come riusciamo, per quello che vediamo e con gli strumenti che possiamo mettere in campo. Ovviamente davanti a temi così giganteschi, come quello dell’impoverimento di intere fette della popolazione, servono politiche che guardino al lungo periodo”. “Quando si parla di povertà non bisogna banalizzare e semplificare troppo”, aggiunge Cualzetti: “Anche nell’attuale dibattito sul reddito di cittadinanza. C’è chi punta più sul lavoro, sull’occupazione. Tutto giusto. E’ logico che il lavoro dovrebbe essere la via maestra per uscire dalla povertà ma a molte persone che si rivolgono a noi il lavoro non basta o non possono proprio lavorare. E’ un po’ un dibattito fine a se stesso. Bisogna uscire fuori da visioni ideologiche di contrapposizione e pensare anche alle opportunità e al futuro dei figli di queste famiglie”.

C’E’ CHI NON HA IL CORAGGIO DI CHIEDERE AIUTO O SI VERGOGNA – E proprio per affrontare l’emergenza del caro gas e luce la Caritas ambrosiana ha lanciato l’iniziativa della “bolletta sospesa“, per aiutare le famiglie in difficoltà “che rischiano di rimanere al freddo e al buio o di sovraindebitarsi per sopravvivere”, provando anche ad aiutarne alcune con piccoli interventi di efficientamento energetico affiancati da una attività educativa e formativa per utilizzare con maggiore consapevolezza l’energia. “La nostra preoccupazione – conclude Gualzetti – è arrivare a tutti e non lasciare nessuno indietro”. Perché non tutti quelli che si trovano in difficoltà hanno il coraggio di chiedere aiuto, rischiando di rimanere sempre più soli o di finire nel giro dell’usura. Lo spiega al fattoquotidiano.it Wally Falchi responsabile del centro d’ascolto diocesano di Torino: “Da noi vengono sempre più persone che lavorano ma che hanno serie difficoltà. L’aumento delle bollette incide tantissimo”, sottolinea. “Essendo persone che fino a ieri stavano bene, non vogliono che si sappia in giro che hanno bisogno di aiuto. Noi la prima cosa che chiediamo – racconta – è se sono stati nei centri di ascolto della parrocchia del loro quartiere. Alcuni dicono ‘No, io frequento la parrocchia, se vado lì lo sapranno tutti‘”.

GLI STUDENTI FUORI SEDE – Alla Caritas si presentano anche studenti universitari fuori sede che prima i genitori riuscivano a mantenere senza particolari problemi e adesso, invece, hanno molte difficoltà: “Non ricordo di avere mai visto uno studente universitario al centro d’ascolto prima d’ora”, sottolinea la responsabile. “In tanti non riescono più a dare una mano ai figli. Dire no ai figli è dura per i genitori. E parliamo di persone che lavorano e pagano le tasse. Ricordo – aggiunge Falchi – i miei genitori che mettevano i soldi da parte. Adesso va bene quando non hai debiti e se non sei in mano agli usurai”.

LA MIA PENSIONE NON MI BASTA PIU’ – Oltre al ceto medio che soffre, tanti altri vivono le loro difficoltà tra sacrifici e disperazione. Come molti pensionatiMaria ha 84 anni e, anche lei, per la prima volta nella sua vita si è recata in un centro d’ascolto della Caritas torinese. Ha una pensione di 650 euro, è sola e questo gruzzolo mensile le ha sempre permesso di vivere con dignità, anche perché abita in una casa popolare. Ma gli aumenti hanno colpito anche lei. Negli ultimi periodi, tra canone di affitto, spese condominiali e bollette di luce e riscaldamento ha dovuto pagare più di 500 euro al mese. Prima pensa all’affitto, ha raccontato ai volontari, poi alle bollette e se avanza qualcosa si cura e fa la spesa. Gli ultimi mesi sono stati molto duri e così ha chiesto aiuto, in lacrime. “E’ difficile anche per i volontari vedere un anziano che piange perché non riesce a sopravvivere”, racconta Wally Falchi. Così anche Maria è stata aiutata. Ma riceve un sostegno dagli altri non è sempre una cosa semplice. Lei che ha sempre lavorato ed è sempre stata autosufficiente quasi si sente in colpa. E nonostante i suoi 84 anni ai volontari fa un’ultima richiesta: “Io so stirare bene, ho lavorato anche in una lavanderia. Non conoscete qualcuno che mi faccia lavorare un po’? Così non devo chiedere aiuto a nessuno. Voi avete già tanti poveri!”.

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