RACCONTO: UNA VERITA' TARDIVA, DI STEFANIA PELLEGRINI
BUONA LETTURA
Quando
il tempo confonderà tutto, allora cara mamma, solo allora, potrò
pensare a te, senza sentirmi tradita.
Potrò
guardare la tua foto con nostalgia e lasciare la camera del
risentimento, perché avrò trovato la chiave del perdono. Per
adesso, però, non riesco. Sono arrabbiata e ciò m’offusca il
cuore e la mente.
Tu non
ci sei più e io non potrò dirti in faccia, quello che provo. Trovo
difficile girare tra queste stanze e non pensare che vi ho vissuto
nella menzogna, perché ti è mancato il coraggio di guardarmi negli
occhi e dirmi: “Senti cara Ada, le cose stanno in questo modo...”
E la lettera, da quanto tempo era chiusa in quella scatola dove l'ho
trovata?
Parli
di dispiacere, di perdono, come se mi fosse facile comprendere,
perdonare. Dimentichi il tuo silenzio... le bugie... i racconti che
mi hai fatto credere veri:
“tuo
padre è morto prima che nascessi - incidente stradale… Ti
desiderava tanto e non vedeva l'ora di tenerti in braccio...
Dopo
di allora non ho voluto più sposarmi”
“L'ho
fatto per il tuo bene”, mi diresti, ma come potevi conoscere il mio
bene, più di me stessa?
Già,
cara mamma, non hai mai pensato che anche, una scomoda verità mi
avrebbe fatto meno male di tante belle bugie?
Un
anno è passato dalla tua scomparsa, ma rileggo spesso la lettera,
forse per trovare tra quelle righe una prova, che mi faccia stare un
po' meglio, di come sto. Ogni volta però, la ferita, profonda e
dolorosa, riprende a sanguinare.
Ho
rispettato le tue ultime volontà, ho fatto quello che mi chiedevi.
Ma non capirò mai perché non l'abbia fatto tu. Potevano esserci
tanti altri modi per non rimanere schiava della menzogna e passare
a me il testimone.
“Carissima
Ada, mi scrivi, ... Ho provato tante volte a parlarti di lei.
Poi
le parole si bloccavano in gola e rimandavo a un'altra volta.
Penserai
sia stata vile, e hai ragione. Forse avevo paura di essere
giudicata...
In
discoteca conosco un ragazzo carino di ventidue anni. Ci
innamoriamo... Rimango incinta, ho sedici anni... Credo sia amore
vero, ma quando, gli parlo della mia gravidanza, mi lascia.
Poi
dall'ecografia vedo i due corpicini... e mi prende il panico.
........
Devi
cercarla, non so dove si trovi, ma non è troppo tardi...
Perdonatemi...
Non fatevi del male da sole...”
Ecco,
dimmi tu, come dovrei sentirmi. Ho una sorella gemella e lo scopro
dopo trent'anni. O sì, ne sono felice, ma non come avrei voluto.
Quanto tempo abbiamo perso!
Dove
ho sbagliato, dimmi mamma, per non essermi meritata la tua fiducia?
Comunque
ho preso un intercity e sono andata a conoscerla.
Lei
abita a Genova, ma non è stato facile, come pensavo. Perché quando
incontro la madre adottiva scopro che Alba, già, questo è il suo
nome, è ricoverata al San Martino per l'asportazione di un nodulo al
seno.
Puoi
immaginare come possa essermi sentita a trovarmi davanti un pulcino
indifeso in cerca di protezione, gli occhi smarriti, il volto
pallido.
… Mi
tremano le mani... non trovo parole da dire... Mi sento strana:
indefinite emozioni m'assalgono dentro... qualcosa m'attanaglia la
gola... un dolore sconosciuto avanza... mi confonde, mi fa paura.
Alba
pare scomparire tra le lenzuola del letto, bianche come il volto,
mentre la madre adottiva ci dice, seria:
- …
lo so, avremmo dovuto parlarvene prima... mi dispiace... abitavo a
Torino in quel periodo... vostra madre era giovane, e non poteva
tenervi entrambe.
Gli
studi da finire... i genitori...
Io ero
sposata, non riuscivo ad avere figli e stavo cercando di adottarne
uno... e poi, eravamo lontane cugine e non avrei incontrato ostacoli
all'adozione. –
Alba
nell’apprendere la notizia viene come folgorata da una scarica
elettrica, un tremito convulso la scuote tutta.
Mi
fissa con occhi sgranati, è provata, le labbra sono esangui.
La
donna ci sorride... ci prende le mani, le unisce:
-
Quando vi ho viste la prima volta eravate così piccoline, ma
bellissime: il visetto roseo, la testolina ricoperta da una leggera
peluria bionda. Tu Ada dormivi. Alba, invece, sembrava guardarmi, gli
occhietti erano attenti, curiosi e non sono riuscita a staccarmene
più. -
Noi
due ci scambiamo degli sguardi, siamo confuse: un misto d'imbarazzo,
di pudore ci trattiene da abbandonarsi, per un tempo, all'apparenza,
interminabile... poi il nodo in gola... e l'onda che si fa fiume in
piena, ci travolge, sciogliendo ogni tensione. Così tra riso e
pianto ci abbracciamo.
Ecco
il resto della verità l'ho scoperta così, perché tu non ha avuto
neanche il coraggio di dirmi tutto. Allora mi sono tornate in mente
le frasi interrotte, i lunghi silenzi tra te e la nonna, e ho capito
il perché delle sue continue critiche.
Alba
non ti ha mai conosciuta, eppure lei, la ceduta, non ha alcun
risentimento, anche se ne avrebbe motivo.
Adesso
il peggio è passato e sta meglio. Ci vediamo spesso, parliamo anche
di te, cerchiamo delle risposte.
-
Secondo te, cos'è che ha spinto nostra madre a nasconderci la
verità? - le chiedo nell'ultimo incontro - sono passati otto mesi e
non va meglio, non riesco a liberarmi da questo senso d’amarezza. -
-
Forse il pudore, o la vergogna, risponde, forse solo il timore di
reazioni come la tua. -
Poi
aggiunge con voce controllata: - Deve esserle costato molto! - E dopo
un profondo sospiro mi dice: - Ricordi? “Perdonatemi...
non fatevi del male da sole.” Ecco, abbiamo bisogno di trovare
quel perdono, per lei e per noi. -
Stefania Pellegrini ©
Stefania Pellegrini ©
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