Racconto natatorio. Un tuffo sfortunato, by, Riccardo Lera

Racconto natatorio. Un tuffo sfortunato.
Ho sempre amato i tuffi da un trampolino.
Alessandria: Oddio, i miei tuffi consistevano nel pennello, la bomba e la panciata, tutta roba con coefficiente di difficoltà che sfiora lo zero virgola ma, nonostante ciò, quello sport mi ha sempre divertito. 
Sarà perché erano quegli gli anni di "piccolo grande amore" di Claudio Baglioni ed io, privo della necessaria materia femminile, ma troppo attaccato alla pelle per buttarmi giù da una finestra, preferivo farlo nell'acqua.
Il luogo dell'evento natatorio era la piscina del Lavagello, raggiunto, a secondo dell'età e del portafoglio, prima in Ciao, poi con una Vespa Primavera ed infine col maggiolone di papà quando disponibile.
Molto meno in carne di adesso, ma comunque ben vicino al quintale, entravo in acqua con un improbabile costume ascellare, quasi una dolce vita, giallo con le ancorette blu, un vero pugno cromatico nell'occhio. Avevo ovviamente i miei fans ma questi, finché mi adoperavo a fare qualche vasca, se ne stavano tranquilli, mollemente seduti ai tavolini del bar, a trangugiare beveraggi vari, fra uno sbadiglio e l'altro.
La loro attenzione si animava quando, uscito dall'acqua mi accingevo a salire la scaletta di metallo del trampolino da tre metri. Lì era tutto un darsi di gomito e di occhiate. Non li udivo, ma il loro grido di allarme era sicuramente uno solo: "Eccolo!".
Io me ne fregavo altamente dei loro sguardi maligni. Il piacere di passare in un attimo da una dimensione fatta di aria e luce a quella dell'acqua, era per me un piacere forte e liberatorio. Ero finalmente leggero, libero, senza costrizioni o impedimenti, assaporavo per pochi istanti il sapore infinito del volo per poi essere maternamente abbracciato da una profondità liquida, buona, fresca. Quelli ridevano? Bene! Non me ne importava un fico secco. Buon divertimento!
Un brutto giorno però, diedi loro ben altre motivazioni.
Volevo appendermi al trampolino. Da quella posizione avrei tentato una sorta di capriola all'indietro. Fu così che i vitelloni del bar si ridestarono dal loro torpore nel vedere un gattone di cento chili vestito di giallo, intento a percorrere a quattro zampe tutta la lunghezza dell'asse. Giunto al termine, ruotai il deretano verso di loro e, appoggiandomi sulle mani, iniziai a calarmi giù.

Fermatevi un attimo cari lettori e ragionate. Provate ad applicare le leggi di Murphy a voi conosciute e immaginate il seguito. Sei caduto di schiena? Acqua ragazzi, acqua, e non della piscina. Hai preso una bella panciata? Acqua, acqua... Il trampolino ti ha infastidito? Fuochino.
Mi siete simpatici. Vi aiuterò. Secondo la legge di Gumperson, discepolo di Murphy, la probabilità che qualcosa accada è inversamente proporzionale alla sua desiderabilità. In virtù di questo enunciato il malefico costume, mentre mi calavo facendomi forza sulle braccia, disgraziatamente si agganciò al bordo del trampolino. Improvvisamente la mia vista si riempì di ancorette blu galleggianti in un mare giallo. Sentii urla di giubilo fra il pubblico che, accorrendo numeroso, si era del tutto spostato sotto l'area tuffi, "Bravo!" sentivo gridare "Più nudo!". Provai a guardare in basso. Il mio costume era ormai lungo più di un metro. Il suo elastico era fissato lassù, avvinghiato al bordo, mentre sotto il mio indumento da bagno si era fatto non più largo di un tanga modello filo interdentale. I miei genitali sbandierano felicemente all'aria aperta, cullati dal vento. In preda al panico cercai di risalire sull'asse, ma per quanti sforzi facessi il mio peso mi tirava verso il basso. Il giallo del costume mi fasciava la faccia, le ancorette blu si posavano sulle mie orbite. Più in basso i testicoli guizzavano felici per quell'inaspettata libertà! "Sei un mito!" e "Che strip!" e altre urla mi riempivano le orecchie. 
Questa situazione di stallo acrobatico mi tenne impegnato per alcuni minuti poi, stremato, mi lasciai andare. Il fato volle che il costume mi seguisse mentre precipitavo di schiena. L'impatto d'entrata in acqua fu a pelle di leone rovesciata. Picchiai così orizzontale che l'immersione fu solo di pochi millimetri.

Fra un tripudio di applausi, mi restò ben poco da fare. Uscii dall'acqua, presi la mia sacca e, velocissimo, mi eclissai verso gli spogliatoi.

Commenti

Post più popolari