E i due fiumi stanno a guardare?, Angelo Marinoni

Angelo Marinoni Alessandria
La cronaca recente ci regala una buona notizia: la firma del protocollo d’intesa che si terrà il 25 ottobre a Neive che prevede la riapertura delle linee ferroviarie Asti – Alba e Alessandria – Castagnole Lanze, si tratta di una iniziativa lodevole e importante che finalmente inverte definitivamente la nefanda tendenza dell’appiattimento del trasporto regionale sulla domanda minima a favore dell’insostenibilità ambientale, sociale e economica.
È un passaggio importante che segue quello, ancora da ratificare ufficialmente però, della riapertura della Casale Monferrato – Vercelli e Casale Monferrato – Mortara previsto a fine 2018, un iter lungo due anni il cui esito positivo non può, comunque, bastare ad un quadrante che ha finalmente ottenuto un nuovo inizio e una prospettiva.
Diventa dovere morale oltre che politico per le amministrazioni civiche che insistono sui territori interessati valorizzare al meglio la nuova opportunità infrastrutturale, attuando politiche della mobilità che portino volentieri i cittadini sui mezzi pubblici, favorendo l’interscambio fra le città finalmente e opportunamente connesse, puntando sulla mobilità sostenibile, offrendo servizi urbani e suburbani integrati premendo sull’ Agenzia della Mobilità Piemontese finché perdurerà l’anomalia di una competenza zoppa delle città e delle conurbazioni sui loro servizi urbani e suburbani e nel caso delle conurbazioni sulla loro stessa esistenza.

Se le riaperture delle linee regionali, che auspico continuino, cominciano a scalfire quel pernicioso “torinocentrismo” che la Regione come Ente e non come singole amministrazioni portava avanti, permane un novaracentrismo in ambito logistico che dovrebbe attivare le coscienze della classe dirigente locale politica, di governo e di opposizione, e economica.
Il bacino che fa capo ad Alessandria, che non mi stancherò mai di ripetere, deve superare il suo innato provincialismo per farsi capoluogo promotore e timoniere delle attività del quadrante che fa naturale riferimento ad essa (da Casale Monferrato a Ovada e da Tortona ad Acqui Terme), deve saper approfittare del suo patrimonio infrastrutturale, esistente e in realizzazione.
Il sistema ferroviario in lenta ripresa non può prescindere dalle novità che introdurrà il Terzo Valico, che non  è un mostro cattivo e devastante se opportunamente controllato e gestito nelle fasi di realizzazione (lo sono molto di più le strade, autostrade e tangenziali già realizzate e in progetto nella compiacenza generale anche di settori dell’ambientalismo), ma è  un progetto nato male con ampie possibilità di miglioramento e con opportunità di diventare un buon progetto se opportunamente sfruttato.
La cantierizzazione è talmente avanzata come le numerose opere accessorie e compensative già realizzate che ritengo sia inutile continuare a chiederne un arresto oltre che dannoso per il territorio e per il Paese, trattandosi comunque di un progetto europeo necessario e non potendo pensare che in Italia si rinnovino solo le strade, mentre  il sistema ferroviario debba adeguarsi alle infrastrutture dell’Ottocento, che, per quanto sane e importanti, non possono, da sole, reggere la competizione con il vero nemico del XXI secolo, ovvero la mobilità insostenibile stradale.
La logica per la quale la nuova infrastrutturazione non sia necessaria perché i flussi dell’ex corridoio Genova-Rotterdam non sono destinati a crescere è fuorviante e un poco in malafede, fuorviante perché, fra i tanti motivi, è l’offerta a fare la domanda, ma in particolare in malafede perché parte dall’assunto non dichiarato che l’attuale insostenibile distribuzione modale sia corretta e non lo è: attualmente nel nordovest la quota ferro delle merci in transito e in destinazione è circa l’8% con un obiettivo minimo indispensabile del 20% nel 2020 e del 30% nel 2030, proprio secondo i protocolli ambientali internazionali che stiamo cercando tutti di difendere per la salvezza del pianeta (dalla Convenzione delle Alpi al Libro Bianco dei Trasporti, oltre Parigi, Kioto, Roma …).
Quando scrissi per la prima volta contro il cronoprogramma del progetto del Terzo Valico così come era nato (circa il 2012) mi riferii a documenti pubblici di RFI che mettevano in risalto le opere propedeutiche alla cantierizzazione definitiva del Terzo Valico: un congruo numero di opere indispensabili che avrebbero consentito non solo l’efficientamento della grande opera, ma in particolare avrebbero restituito all’attuale bacino una infrastrutturazione sostenibile importantissima che avrebbe migliorato molto i servizi regionali e consentito uno sviluppo della logistica più centrato sul capoluogo alessandrino (dallo shunt fra la linea Alta Capacità e Alessandria al quadruplicamento Tortona – Voghera).
Nessuno di quelli a favore del Terzo Valico se ne interessò (non al mio articolo, ma ai documenti RFI) né tanto meno buona parte di quelli contro che maggiormente si sentono, che hanno continuato la loro legittima battaglia preferendo altri toni e argomenti.
Questo non fa di me un SITAV, primo perché rifiuto questa dicotomia da stadio e secondo perché resto convinto che sia sbagliato il cronoprogramma della realizzazione.
L’opera accessoria citata prima, ovvero il quadruplicamento Tortona – Voghera, è, per esempio, un intervento indispensabile e fondamentale e dovrebbe essere sostenuto da tutta la classe dirigente non solo in funzione dei flussi veloci e delle alte composizioni che interesseranno il traffico proveniente dal Terzo Valico, ma anche e soprattutto per dare regolarità agli attuali flussi e pretendere il potenziamento, o meglio la riprogrammazione, dell’asse Alessandria – Piacenza attraverso relazione dirette, non ultimo un asse (Torino) – Alessandria – Piacenza – (Reggio Emilia AV) – Bologna.
Finora la classe dirigente di questo importante nonostante sé stesso angolo di Paese sembra stia a guardare, sia che essa abbia l’onere del comando sia l’onere dell’opposizione.
La città di Alessandria libera dal dissesto e certificata come città sana in grado di investire dopo gli sforzi della passata amministrazione ha un importante ruolo che, certo non da sola, la nuova amministrazione, avendone le carte per farlo, deve cominciare a giocare nei confronti del suo quadrante.

Superare un certo settarismo politico e ideologico da parte di tutti potrebbe essere la chiave di volta per non far passare la vita di generazioni restando a guardare.

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