La politica non può dimenticarsi di Enzo Bettiza

di Piercarlo Fabbio
  Ho atteso un giorno per ricordare Enzo Bettiza, se non altro perché ritenevo di riflettere sulle molte iniziative che durante la sua esistenza ha assunto, ricordandoci ogni volta, con quel tratto elegante ed un po’ distaccato, che il ragionamento è merce rara e preziosa e non da tutti utilizzata. E se non altro perché non pensavo di essere così solo nel richiamarlo alla memoria di tanti.Del resto Bettiza veniva da una terra che tra Otto e Novecento ha visto l’Italia a mozzichi. Ha sentito l’atmosfera mitteleuropea e il richiamo prepotente della patria; lo sferruzzare delle spade e i cappelli che diventavano tristi elmetti, i fiumi che si trasformavano in armi di difesa, le imprese del poeta vate e l’esodo in massa di italiani traditi dalla loro stessa nazione, l’infoibamento taciuto per anni e lo stentato ricordo della tragedia, specie quando le istituzioni, liberate dai lacci da loro stesse fabbricate, avrebbero dovuto portare alla luce ciò che uomini e donne sapevano. Purtroppo non è stato così… anzi, lo è stato solo in minima parte.Eppure ricordare Bettiza mi consente non solo di evidenziare il maestro di giornalismo libero, che fonda e co-dirige con Indro Montanelli “Il Giornale” oppure che pensa e stende editoriali sottili e lucidi sul Corriere o su La Stampa, ma soprattutto di riagganciare quella dannata storia dei crimini del comunismo che in Italia è sempre soffocata, inesplosa, molte volte inesplorata. Ci sono storici legati al PCI che hanno ammesso di aver espunto ampi brani della storia su indicazione dei vertici di Botteghe Oscure. E su questi libri abbiamo studiato a scuola, ci siamo formati un’identità non vera, ma guidata politicamente dai comunisti. Qualcuno si è sciolto dai lacci, altri ne sono rimasti invischiati.E Bettiza ciò ha sempre denunciato con quella precisa e puntuale indole di chi sa, conosce quali tragedie siano da legarsi al comunismo e come tale ideologia non possa far parte della nostra identità tradita da quelle pagine di libri di testo, che non hanno raccontato quello che era avvenuto, ma ciò che era conveniente per il PCI. Bettiza ha instancabilmente posto un freno a questa inondazione a senso unico; ha pensato liberale e operato socialista, quando Craxi decise di interrompere i rapporti di buona vicinanza politica con il PCI. Ci ha guidato a sapere che vi era un’altra verità, anzi che ve ne era solo una e che scegliere era d’obbligo, non una facoltà. Certo, la verità era assai più scomoda da difendere, che la convenzione della bugia. Occorreva sacrificio e forza, laddove di contro bastavano la comodità e il salamelecco dell’intellighenzia schierata.Ora io spero che Alessandria ricordi e riprenda questi temi, perché se è vero che Bettiza ha deciso di lasciarci in punta di piedi, durante un assolato week end di piena estate, non può essere altrettanto vero che nessuno in Consiglio Comunale possa porre una riflessione allargata a tutta una città, magari prendendo l’ultimo spunto che Enzo Bettiza ci ha fornito, per raccontare una storia ancora non chiara e non vera. Come vedete è sempre un problema di verità.


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