“Per dieci minuti”. Una cura.
by Maria Cristina Pesce Bettolo
“Leggiamo per noia, per curiosità, per scappare dalla vita che facciamo, per guardarla in faccia, per sapere, per dimenticare, per addomesticare i mostri fra la testa e il cuore, per liberarli“.
A pochi mesi dalla sua uscita nelle librerie“Per dieci minuti “di Chiara Gamberale é uno dei libri più venduti nelle classifiche della narrativa. L'ho letto un pomeriggio di una domenica lattiginosa di fine novembre, totalmente assorbita l'ho divorato, a differenza dei precedenti della giovane scrittrice, più densi. Ho conosciuto personalmente Chiara Gamberale nel 2008, dopo averla contattata e invitata a uno degli appuntamenti della rassegna dei Caffè Letterari in Galleria Guerci, promossi dall’allora assessore comunale delle pari opportunità .
Mentre mi perdevo nella lettura avevo quasi la sensazione fisica di averla di fronte, di udirne la voce mentre gesticolava, minuta e vivace nelle sue espressioni ma profonda nei contenuti. C’è molto di lei in questo libro, nel suo stile, nel narrarsi e della sua storia. Ma il successo di questo racconto-diario a cosa é imputabile? all'apparente levità e ironia del contenuto, alla struttura snella, alla scrittura scorrevole e sciolta o alla possibile identificazione con la protagonista?
Probabilmente a tutti questi ingredienti, ma non solo, é un libro che entra nella vita di chi lo legge, tocca corde esistenziali ma ti cura, e alla fine della sua lettura ti lascia un gradevole sapore di speranza e di allegria e il desiderio di cambiare qualcosa della tua esistenza.
Nella vita capita di essere investiti improvvisamente da un ciclone che frantuma impalcature che credevamo solide, che sfuma in un batter d’occhio i nostri rassicuranti punti di riferimento, certezze costruite nel tempo. Storditi, destabilizzati e confusi brancoliamo nel buio mentre si frantumano progetti di vita attentamente pianificati. Cosa fare per ricostruirsi, per ridare un senso alla perdita e al proprio vivere e non
soccombere al dolore? Scoprire nuove prospettive, nuove possibilità, cambiare, ricostruirsi e ritrovare il proprio “senso perduto”.
Sarà proprio questo percorso di rinascita che affronterà la protagonista di "Per dieci minuti".
Chiara é una giovane donna del nostro tempo, appartenente a una classe medio alta, scrittrice, segue una rubrica che l'appassiona in un settimanale e ha un' appagante vita coniugale. Un'esistenza apparentemente perfetta che scorre entro binari ben definiti, fino al giorno che il marito la lascia con una telefonata e il direttore del settimanale la licenzia per sostituire la sua rubrica con la posta del cuore di una ex concorrente del Grande Fratello.
Disperata per l’amore perso, per la beffa di essere sostituita da una “sciacquetta”, sola, in una casa di una città che non sente sua, con la nostalgia del paese che ha lasciato, smarrita si rivolge ad un'analista per uscire dal baratro nel quale è sprofondata "Cosa devo fare per uscire dalle sabbie mobili in cui si é trasformata la mia vita?" La terapeuta le prescriverà un gioco, suggerito da Steiner, per dieci minuti ogni giorno e per un mese, dovrà sperimentare qualcosa che non ha mai fatto e che mai avrebbe pensato di fare. “E poi, dottoressa, alla fine che succede? Avrò indietro la mia vita?”
Chiara si metterà in gioco, impegnandosi, ballerà l'hip-hop, si metterà uno smalto violaceo, seminerà lattuga e peperoncino, camminerà all'indietro, cucinerà, e molto altro, una sfida a se stessa che innescherà un percorso di cambiamento ”Mescolo gli Arcani maggiori e ne pesco uno. Il Matto. Il Matto consiglia di non resistere al cambiamento e di buttarsi” che andrà a toccare emozioni dimenticate , riflessioni, scoperte, dando finalmente colore alla sua esistenza.
Sarà il quadro “La stradina” della mostra di Vermeer alle Scuderie del Quirinale che squarcerà il velo e le rivelerà quello che c'era già ma che lei non vedeva "Mi appare la vita. Che scorre, semplicemente. Lungo questa stradina di Delft" e la farà uscire dalla strette maglie di Egoland, “dove ciascuno vive in un palazzo dipinto di un solo colore ...l’unico possibile e immaginabile”.
Emozionanti le pagine che raccontano la riscoperta della madre come persona, non solo più nel suo ruolo materno, sempre disponibile ad anteporre le necessità dei suoi figli, del marito e della sua casa a se stessa, la rivelazione del suo volontariato presso un ospedale e le sue amicizie “Ma io dove ero?...Perché non me l'hai detto?...Non me l’hai chiesto…Scusa mamma per non chiederti mai di parlare di te”.
Chiara uscirà dalla rassicurante grigia bolla narcisistica in cui viveva, per scoprire nuove verità come aver dato per scontate persone e sentimenti, senza mai andare oltre se stessa, esplorerà mondi colorati che aveva li vicino, che c’erano sempre stati.
Sarà una donna nuova, consapevole e più realista, che sa quello che vuole, non più disposta a sopravvivere ma a vivere guardando avanti e senza più lasciarsi intrappolare dal dolore delle macerie che si è lasciata alle spalle.
Maria Cristina Pesce Bettolo
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