Lettere sul futuro della sanità alessandrina (Riccardo Lera e Domenico Ravetti)

by, Riccardo Lera e Ravetti Domenico 
Caro Mimmo,
provo a scriverti queste righe con lo sguardo di chi, nel panorama della sanità piemontese, vive il mondo della sanità dal di dentro delle sue viscere. Come sai sono prossimo alla pensione, non ho nessuna ambizione di carriera, e vivo la necessità di un cambio di passo dell’organizzazione sanitaria provinciale come una sorta di testamento professionale di chi, credendo fortemente nella bontà di un servizio sanitario pubblico, spera in un’ineludibile riorganizzazione dei servizi resi ai cittadini in campo sanitario. La mia riflessione parte necessariamente dalla mia realtà di pediatra ospedaliero che, come sai, si inquadra nel contesto di un difficile ricambio generazionale, stante la carenza di offerta di nuovi specialisti pediatri immessi dall’università nel nostro mercato del lavoro. Una criticità presente anche per altre specialità e che trova le sue ragioni nella carenza di nuovi medici e specializzandi, ma che vive tutta la sua drammaticità soprattutto in pediatria, dove la duplice scelta fra territorio ed ospedale premia, per motivi contrattuali, soprattutto la prima a discapito della seconda. In soldoni, non si trovano più pediatri disposti ad affrontare una carriera ospedaliera a fronte della più tranquilla e remunerativa posizione garantita al pediatra di famiglia. A fronte di queste carenze che vedrà crollare, per il mancato turn over, il numero dei pediatri italiani da 16000 ad 8000 in meno di un decennio, ma che imporrà anche ad altre specialità una marcata contrazione, credo sia necessario esplicitarti alcune considerazioni.

Primo. La sanità ha inevitabilmente costi crescenti, sia nel campo della diagnostica laboratoristica e strumentale che in campo terapeutico-riabilitativo.
Secondo. Un servizio sanitario pubblico deve garantire standard qualitativi elevati difficili da sostenere in mancanza di un deciso innalzamento del PIL.
Terzo. All’interno del proprio territorio un servizio pubblico non può essere concorrenziale a se stesso.
Quarto. Una duplicazione o peggio una moltiplicazione dei servizi resi ai cittadini a livello provinciale appiattisce le eccellenze per l’impossibilità di garantirne la sostenibilità economica. In provincia esistono sei chirurgie, tre strutture di oculistica, tre punti nascita, cinque cardiologie e altre situazione analoghe. Ci si domanda: queste strutture devono competere o interagire?
Quinto. E’ assolutamente necessario rimodulare l’offerta sanitaria pubblica commisurandola ai reali bisogni dei cittadini.
Sesto. Due aziende sanitarie, con due dirigenze separate e assolutamente non dialoganti fra loro non può essere in grado né di valutare, in una sorta di triage, i differenti bisogni di salute né di garantire una possibile differenziazione dei servizi
Settimo. Concludo affermando che solo un’unica regia in provincia può e deve far coincidere la domanda con l’offerta, eliminando sprechi a livello di risorse economiche ed umane.
Cordialmente
Riccardo Lera,
al momento in cui scrivo, pediatra, facente funzione di un facente funzione della SC di Pediatria.

Caro Riccardo grazie,
è una fortuna conoscerti e considero la tua lettera un prezioso regalo che rendo pubblico con il tuo consenso.
Sì, la sanità in provincia di Alessandria è ad un bivio, hai ragione. Abbiamo superato la fase dei debiti e delle incongruenze certificate in quel mortificante “piano di rientro” e siamo all’inizio di un nuovo percorso. Non perdo questa occasione per ricordare che il fallimento della sanità pubblica piemontese, unica Regione del nord tra le dieci d’Italia, è l’effetto la cui causa è da ricercare nella incapacità della politica di assumersi la responsabilità di compiere delle scelte avendo come unico fine la salute dei cittadini. Ho visto troppi soggetti Istituzionali innamorati del potere che per mantenere il consenso hanno rinviato o rallentato il processo di riforma del sistema che inevitabilmente non ha retto la sfida della sostenibilità. Tanto è vero che le riforme migliori, quelle che servono davvero alla comunità intera sono processi di cambiamento che mettono ai margini molti privilegi consolidati. Mi sono convinto che privilegi e consenso sono stati una brutta malattia in Piemonte.
È il destino della mia generazione quello di farsi carico delle tante derive dei nostri tempi, ma non lamentiamoci, guardiamo avanti e cerchiamo insieme delle soluzioni. Torno alle mie prime considerazioni e alla certezza che siamo all’inizio di un nuovo percorso dove sarà possibile attivare buona programmazione riqualificando il sistema, sempre se sarà chiaro a tutti che non potremo tornare al passato.
Le considerazioni che tu mi hai inviato le rendo pubbliche e vorrei fossero elementi di discussione nelle prossime settimane per tutti i tuoi colleghi che come te vivono “il mondo della sanità dal di dentro delle sue viscere” ancor più se “prossimi alla pensione, senza ambizione di carriera” meglio ancora se, come te, ritengono sia arrivato il tempo “di un cambio di passo dell’organizzazione sanitaria provinciale”.
Io sono consapevole che è arrivato il tempo delle grandi scelte nella nostra provincia e sono altrettanto consapevole che se riservassimo questo confronto esclusivamente alle stanze della politica lo stesso finirebbe arenato nella palude della contrapposizione fra le parti.
So che se manterremo l’attuale organizzazione in un decennio dequalificheremo i presidi periferici e perderemo le eccellenze dell’hub alessandrino. Lo so io, lo sai tu e lo sanno tutti quelli che sono in buona fede. Altro che portare la gente in piazza a protestare per difendere i posti letto, i primari, i laboratori.
Aiutateci. Non ve lo chiedo per ottenere dei vantaggi politici, ve lo chiedo per le generazioni che verranno. Se sapremo confinare ai margini privilegi e consenso, se sapremo valorizzare i talenti che già lavorano con noi, se sapremo dare spazi e opportunità ai giovani medici, daremo un futuro alla nostra sanità pubblica. La questione vera è che non abbiamo molto tempo.
Domenico Ravetti,
al momento in cui scrivo Consigliere Regionale.


Alcuni commenti al post... su facebook

Aldo Ortensia Il collega Lera scrive di realtà sacrosante, note da lustri a tutti gli addetti ai lavori, il compagno Ravetti non può che appellarsi al buon senso collettivo ed enunciare ipotesi e speranze condivisibili ma io sarei felice che "qualcuno" avesse il coraggio di tradurre in numeri, in dati oggettivi il marasma della nostra sanità! Dove sono gli sprechi? Dove tagliare? Dove investire? In quanto tempo? Quali gli errori più rapidamente corregibili e come? Spero sempre in qualche risposta semplice ma "sincera".

Federica Grosso Caro Riccardo, condivido più che pienamente il tuo pensiero e sottoscrivo ogni singolo punto!

Emanuela Boffa Sono stufa di parole e vorrei fatti in senso migliorativo e non peggiorativo .
Non sempre la difesa di ciò che si é costruito lavorando duramente è difesa personale , spesso è difesa del debole per garantire a tutti una cura adeguate .
È va bene la sanità dei geni e dell' ipertecnologia ma curare vuole anche dire garantire terapie in un ambiente adeguato e sereno .
Sarebbe così facile se prima di decidere i nostri politici facessero riaffiorare quell' onestà intellettuale che nella società di oggi è praticamente scomparsa .

Daniela Degiovanni Oncologa, dipendente ASL fino a novembre 2016, anno del pensionamento. Credo da sempre e fortemente nel Servizio Sanitario Pubblico. La lunga esperienza in questo settore mi ha permesso di toccare con mano le grandi risorse che può offrire ai cittadini e le grandi inefficienze legate a incompetenza, superficialità, malafede e disonestà di chi avrebbe dovuto governarlo e non l'ha fatto, ormai da molti anni. Ritengo anch'io indispensabile un cambio di passo, una riorganizzazione di AS sotto un'unica regia capace e motivata. Viviamo un momento molto complesso in cui, contemporaneamente alla presa d'atto dei grandissimi errori del passato, si fa pressante il senso di responsabilità per mantenere in vita la Sanità Pubblica, per renderla davvero sostenibile ed efficiente per il Futuro. Come dice Mimmo Ravetti, "la questione vera è che non abbiamo molto tempo". Il Futuro è già qui, è già oggi. Bisogna partire. Sarà un cammino molto tortuoso, ostacolatissimo, diventerà oggetto di strumentalizzazione di ogni genere. Il cambiamento, quello vero, genera sempre confusione, paure, rabbia e ribellione. Ai 7 condivisibilissimi punti elencati dal collega Riccardo Lera, ne aggiungerei un ottavo. Perché questo passo avanti si possa realizzare veramente nell'interesse dei cittadini, è indispensabile che i registi e programmatori di questa nuova strategia di politica sanitaria si armino di molta COMPETENZA, DETERMINAZIONE, CORAGGIO e CHIAREZZA. Sembrano banalità, ma sono la base di ogni vero processo di cambiamento e di sviluppo. E non sono per niente scontati! I cittadini fiutano la serietà e la professionalità di chi li governa (ad ogni livello) molto più di quanto si immagini. Una comunicazione efficace di piani strategici seri e motivati permetterà loro di capire, criticare, esprimere opinioni, condividere. Bisogna renderli partecipi e protagonisti del cambiamento. Una politica vincente deve essere in grado di cominciare da qui

Enzo Limone Sacrosante parole



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