“Fermiamo trafficanti e gommoni. Se qualcuno prova a impedircelo ricorriamo a qualsiasi mezzo”

Parla un comandante italiano delle Forze di sicurezza libiche
ANSA
Pubblicato il 07/08/2017 da: http://www.lastampa.it/
FRANCESCO SEMPRINI
«La polemica sulle Ong trova poco spazio qui in Libia, noi abbiamo il compito di fermare i trafficanti, e l’impiego di una missione militare italiana non crea nessun problema per la grande maggioranza di persone qui a Tripoli»   
Giulio Lolli, 51 anni, in una precedente vita è stato imprenditore nautico sulla riviera adriatica. Dopo una «controversa» bancarotta è approdato latitante in Libia e in seguito a un mandato di cattura internazionale è finito nelle galere di Gheddafi. Liberato dai rivoluzionari ha combattuto al loro fianco fino alla caduta del regime. Oggi, in virtù del suo passato e della impossibilità di rimettere piede in Italia, ha trovato una nuova occupazione in Libia. «Sono uno dei capi delle Forze speciali di sicurezza marittima del porto di Tripoli guidate dal comandante Taha El Musrati, in sostanza la polizia marittima che è cosa diversa dalla Guardia costiera. Ho l’incarico di intercettare i migranti che vengono spediti in mare e riportarli in territorio libico».


Quando lo raggiungiamo al telefono ci spiega che è in emergenza perché è giunta la segnalazione di una massiccia partenza dalle coste in prossimità della capitale. Si deve attivare con i suoi uomini per fermarli il prima possibile. 

Prima che vengano intercettati da imbarcazioni di Organizzazioni non governative?  
«Devo fare una premessa. Qui in Libia il fenomeno dei migranti è molto meno centrale di quanto sia in Italia, e anche il dibattito sulle Ong è assai marginale. Le stesse forze interessate a fermare i traffici, noi o la Guardia costiera, non hanno molto interesse sulla discussione. Noi abbiamo l’incarico di fermare gommoni e barconi e riportarli indietro. Se qualcuno prova a impedircelo noi usiamo metodi forti per portare a compimento il nostro lavoro». 

Quindi il lavoro delle Ong non interferisce con quello delle forze libiche?  
«Non è che le Ong ci diano fastidio, se arrivano prima loro, anche dentro le acque territoriali libiche, non possiamo fermarli, loro fanno il loro lavoro». 

Avete avuto sentore che ci sia collusione tra qualche operatore e i trafficanti?  
«Il sentore ce l’ho io personalmente, e non sono il solo, ma non dal punto di vista ufficiale. Anche perché se qualcuno chiedesse alle autorità libiche del fenomeno delle Ong, probabilmente non saprebbe neppure di cosa si stia parlando». 

Addirittura.  
«Non è un tema che è importante per la Libia, è un tema importante per l’Italia è un dibattito vostro. Per chi vuole accogliere i migranti le Ong sono importanti, per chi non li vuole sono forse un problema. Quindi si tratta di capire qual è la priorità, ma queste sono questioni politiche italiane su cui io non mi pronuncio. Io penso a fare il mio lavoro, ovvero fermare le imbarcazioni dei trafficanti». 

Cosa succede quando li fermate?  
«Li riportiamo in porto, gli diamo da mangiare e da bere, facciamo fronte alle loro necessità più immediate, assicuriamo all’adempimento di tutte le procedure sanitarie in coordinamento con la Mezza luna rossa con cui lavoriamo sempre assieme. Poi li consegniamo all’immigrazione, lì il nostro lavoro è finito». 

Lei ha un suo progetto che porta avanti per contrastare il traffico di esseri umani, ci può spiegare su quali criteri si basa?  
«Si vuole fermare l’immigrazione? A tutti costi? Allora si fa un programma determinato, duro, inattaccabile. Non si vuole fermare? Allora lasciamo fare le Ong. Si vuole fermare a metà? Allora si aprono hot spot in Libia e si fa passare quello che si vuole, con le rotte gestite dai trafficanti delle “business class” che permettono di dare approdo sicuro solo ad alcuni. Nel frattempo noi, come Forze Speciali possiamo fermare l’immigrazione sul serio perché siamo gli unici ad avere le capacità tecniche garantendo ai migranti recuperati un certo livello di umanità che altri gruppi non possono dare perché questa è nel nostro Dna. Se avessimo i mezzi necessari saremmo in grado di fermare qualunque barca, in un massimo di 5 miglia dalla costa, quindi prima dell’intervento di qualunque Ong». 

La richiesta di aiuto all’Italia con una missione militare può aiutare in questo o è vista come una ingerenza?  
«E’ vista normalmente, Fayez al-Sarraj ha fatto un invito, la maggior parte della popolazione libica è consapevole e accetta questo. Se poi alcune persone ritengono che sia un’invasione, che dire gli ignoranti sono dappertutto. Noi non abbiamo nessun problema, gli italiani sono sempre i benvenuti a Tripoli. Se poi vogliamo parlare di Khalifa Haftar, lui fa la sua propaganda perché ha bisogno di visibilità, e noi stupidamente gliela diamo. La sua flotta può fare ben poco dinanzi a unità militari italiane». 

Quindi sull’effettiva autorità di Sarraj non si discute?  
«Noi qui siamo sotto il governo Sarraj, sosteniamo tutte le forze rivoluzionarie che lavorano col suo governo sostenuto dall’Onu. E osserviamo le sue disposizioni. Se poi dobbiamo ragionare sull’utilità della nave italiana per fermare i migranti è un altro discorso, ma rispettiamo ed eseguiamo i suoi ordini». 





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