Lo stato islamico è morto, preparatevi allo stato islamico

(Guido Olimpio per il Corriere della Sera) – Mosul ripresa e distrutta. Raqqa assediata. Il territorio del Califfato ridotto del 60 per cento. Migliaia di combattenti uccisi. Ma non è finita. Per una serie di ragioni, legate non solo alla realtà dello Stato Islamico, ma anche alla situazione regionale. Un rapporto del CTC di West Point, ottimo centro sul terrorismo, spiega che in 16 città di Siria e Iraq, dopo la cacciata dell’Is, ci sono stati 1.468 attacchi. Il 56% dei «colpi» sono arrivati da lontano (lancio di razzi, mortai, cecchini), il 5 per cento con veicoli bomba, il 2 per cento con missioni suicide di «fanti».
Non poche le azioni dinamitarde, spesso condotte con cariche adesive piazzate sotto veicoli di persone inconsapevoli, tattica vista a Ramadi. I numeri confermano quello che sappiamo: i seguaci di al Baghdadi si adattano, sono pronti ad una lotta di logoramento, si sono preparati da tempo, sapevano che il momento difficile sarebbe arrivato. Averli espulsi da una località non significa averla pacificata. A esempio il CTC sottolinea come a Falluja la situazione sia così instabile che il sindaco è costretto a vivere ad Erbil.
Attività insurrezionale
Gli esperti hanno scritto molto su come lo Stato Islamico reagirà e si sono trovati d’accordo su diversi punti.
1) Attività insurrezionale affidata a attacchi mordi e fuggi, cellule in sonno, omicidi mirati. Esistono larghe regioni dove le autorità centrali irachene non hanno alcun controllo o se lo hanno è precario. Quando è possibile manovre di contrattacco.

2) Uso del terrorismo: autobomba, ordigni tra la folla, trappole lungo le principali vie di comunicazione.
3) Sviluppo di una rete di rifornimento parallela attraverso il deserto.
4) Difesa delle roccaforti dove sventola ancora la bandiera nera: Tal Afar, Hawija, Abu Kamal, Deir ez Zour e Mayedeen (cittadina nell’est della Siria dove sono affluiti un gran numero di dirigenti).
5) Sfruttamento a proprio vantaggio dei problemi della ricostruzione: molti centri abitati sono invivibili, queste condizioni di difficoltà diventeranno uno strumento di reclutamento.
6) Capitalizzazione del settarismo: la discriminazione verso i sunniti favorirà gli estremisti che si presenteranno come gli unici difensori davanti allo strapotere sciita sostenuto da Teheran.
7) La crisi siriana continuerà ad alimentare il clima di violenza.
Il fronte esterno
L’IS non è certo solo Iraq e Siria. Anzi, proprio i rovesci in «casa» lo spingeranno a reagire ovunque troverà spazi: Libia, Filippine, Afghanistan, Pakistan. In alcune zone ha cercato di ricucire i rapporti con componenti qaediste dissidenti (è il caso di alcune frange talebane).
Lo smarcamento è nella sua tradizione. E lungo questo asse si sviluppa la minaccia eversiva in Occidente.
A) Ispirazione per attentati individuali (i “cani randagi”) o di nuclei in modo diretto o remoto.
B) Tentativo di infiltrare reduci dei conflitti mediorientali in Europa: hanno il passaporto, non sono stranieri.
C) Ricorso ad un gran numero di aspiranti terroristi, la vera falange dello Stato Islamico. Sono loro le reclute, spesso solo potenziali e per questo difficili da scoprire. Vivono e lavorano nel Vecchio Continente.
D) Effetto sorpresa: possibili attacchi con metodi nuovi (droni, sostanze tossiche) che alimentano la “narrazione” di un gruppo in grado di stupire e di essere un passo avanti rispetto al nemico. Anche un semplice gesto dimostrativo ma di impatto può aiutare gli estremisti nella loro causa.





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