Gli ultimi episodi di un turismo maleducato: ma a casa loro farebbero lo stesso?

(Maria Luisa Agnese per il Corriere della Sera) – L’ Italia si sta svegliando e sta mandando piccoli impercettibili segnali di reazione civica, e ambientale. A Venezia quattro ragazzotti belgi neppure troppo atletici hanno compiuto la loro futile bravata di gruppo buttandosi dal ponte di vetro di Calatrava. Giusto sdegno dei veneziani, già provati dal turismo fastidioso e maleducato, che si sono rivoltati dicendo: «Fatevi le vostre gesta a casa vostra! E non utilizzate la nostra città come una piscina in modo incosciente e pericoloso. E se fosse passata una barca?» ha scritto sul web uno di loro .
Non straniera, ma calata dal Nord Italia invece la turista che ha suscitato giusto orgoglio sardo in un signore che in canotta e paglietta si godeva il mare e il sole immacolati della sua terra, fra le dune di Porto Pino, a due passi da Chia.
Dopo il picnic consumato in spiaggia la signora si è alzata, ha sciacquato la scatoletta di tonno in mare, spargendo liquami e striature di olio in acqua, poi se ne è tornata sulla sabbia per «seppellire» lì la sua scatoletta vuota. Come a casa sua, anzi peggio che a casa sua, in ogni caso con spregio di ogni educazione civica e di rispetto per la cosa pubblica. E il signore in canotta è insorto, ingaggiando una lunga e benemerita invettiva di sani principi civici e ambientalisti, (quasi) un monologo anche perché poche erano le frecce all’ arco dell’ incivile signora.

«Non abbiamo bisogno di turisti come voi, ma di turisti rispettosi dell’ ambiente. E poi è questo l’ insegnamento che diamo ai bambini, ai nostri figli?» si è chiesto, prima di andarsene raccogliendo tutti i suoi bagagli, lettino, ombrelloni e asciugamani, fra gli applausi dei bagnanti in standing ovation: fa bene, difende il territorio. E poi, pioggia di like per la fotografa Milena Porcu che aveva assistito alla scena riprendendola per postarla su Facebook: «È stata una scena molto dolorosa, soprattutto per noi sardi. Anche se è ovvio che non tutti i continentali sono come la signora».
Il turismo lo vogliamo tutti, è la nostra ricchezza, il nostro petrolio, le nostre città e le nostre spiagge e le nostre montagne sono i nostri giacimenti e il passaporto per il futuro, ma di turismo vogliamo vivere e non morire.
Non va bene che Gallipoli venga incoronata come è successo tre anni fa capitale del turismo trash, vittima di folle giovanili – ma non solo – che martoriano quelle acque e quelle spiagge di cristallina qualità, simili a quelle maldiviane. E non importa che siano straniere o nostrane. E non va bene che nelle nostre città e anche sulle nostre spiagge sia diventato sport quasi quotidiano consumare rapporti sessuali all’ aria aperta, sotto gli occhi di tutti, anche dei bambini.
Forse oppressi da un senso di colpa per il carico delle nostre bellezze, ci siamo rassegnati troppo e quasi fatalmente al turismo maleducato e in alcuni casi scostumato. Va bene che chi ha avuto in sorte tante eccellenze si senta in dovere di condividerle con gli altri, e ne sia in qualche modo anche felice, non solo sul piano economico. Ma bisogna vigilare perché quel turismo da risorsa non si trasformi in veleno: che una città unica come Venezia, un richiamo assoluto per tutto il mondo, soffochi e declini sotto il peso dei gitanti. E oggi il signore veneziano, come quello sardo, manda segnali di pragmatica resistenza a tutto ciò.

Come quello che viene da Torre Annunziata, dove Legambiente ha distribuito buste agli adulti e piccoli gadget ai bambini e li ha incitati a raccogliere le cicche dalla spiaggia. E allora una cicca dopo l’ altra, una piccola resistenza dopo l’ altra, tutti noi facciamo come il signore sardo e su ogni spiaggia, con garbo e civili argomentazioni, alziamoci a difendere lo spazio nostro che poi è quello di tutti, piano piano qualcosa cambierà. Ci piace almeno crederlo: sarà mica che, toccato il fondo, l’ Italia si stia avviando a diventare un Paese normale?

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