La sua terra, Gregorio Asero


... Però mi viene da fare una riflessione. Io sono convinto che il nostro corpo sia fatto di aria, di acqua, e di terra del posto in cui si nasce, e allora dico che sarebbe giusto che restasse nella sua terra, e che vivesse l’intera esistenza fra i luoghi in cui è nato.
Oh si certo, se gli dovesse capitare la ventura di andare per il mondo, non dovrebbe tirarsi indietro, perché servirebbe a confrontarsi con altre genti, con altri popoli.
Perché così potrebbe insegnare il suo mondo e nello stesso tempo apprendere il mondo degli altri.
Comunque, sono dell’idea che alla fine dovrebbe fare ritorno alla sua terra, non fosse altro che per esservi seppellito.
Solo così il suo corpo e il suo spirito troverebbero la pace eterna e allora, la stessa morte, sarebbe senza rimpianti e senza dolori, mentre la sua anima, continuerebbe a restare viva nella stessa terra.
Al contrario, lo spirito di un uomo morto lontano dal suo paese, vagherebbe continuamente in pena, in mezzo a gente che non ha mai visto, che non conosce e non capisce nemmeno. Sarebbe un eterno pellegrino e così la sua anima si smarrirebbe e non troverebbe mai la pace eterna.
Purtroppo, l’uomo che si allontana dalla sua terra per troppo tempo, e poi vi volesse fare ritorno, dovrebbe pagare pegno, perché per tornare alla terra natale, sarebbe costretto, a sua volta, a lasciare quello che ha costruito e cresciuto in quelle lontane terre: i suoi figli; che a loro volta si sentono parte del luogo in cui sono nati. È un duro supplizio!
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da "A quel tempo"
di Gregorio Asero
copyright legge 22 aprile 1941 n. 633

foto pinterest

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