Bologna, Catanzaro, Italia?, di Angelo Marinoni

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Bologna, Catanzaro, Italia?, di Angelo Marinoni
Posted on 29 gennaio 2020
Alessandria: In Italia le vittorie hanno mille genitori, mentre le sconfitte sono sempre orfane: un evento che si verifica ad ogni tornata elettorale e che viene esteso alla relatività della dimensione del corpo elettorale coinvolto, la cui consistenza è variabile secondo il commentatore, modesta nei commenti di chi perde e significativa nei commenti di chi vince. Un altro elemento della relatività del commento elettorale medio è l’attinenza con la tornata elettorale successiva per cui la significanza amministrativa è predominante se si deve giustificare una linea politica bocciata dalle urne, mentre la significanza amministrativa diviene subordinata all’andamento politico del momento se si deve giustificare una sonora bocciatura del proprio operato.
Teoricamente il giornalismo politico esiste proprio per fare della cronaca dei fatti e riportare le varie interpretazioni, non ultime riportare le analisi che i politologi indipendenti, con disamina scientifica, fanno all’esito del voto.
Teoricamente appunto.
In verità il cittadino osservatore deve districarsi dalle relatività prima descritte e tradurre l’analisi del politologo con il dizionario della tendenza politica dello stesso più o meno esplicitamente dichiarata e, sulla base del proprio giudizio farsi una idea.
Ad ogni tornata elettorale qualcuno crolla, qualcuno trionfa: non vince e non perde più nessuno.
Una lettura dei dati oggettiva della recente tornata amministrativa rivela una conferma elettorale di una amministrazione cha ha conseguito dei risultati positivi sul territorio per quanto riguarda l’Emilia-Romagna e una bocciatura della amministrazione calabrese, nonostante, almeno da un punto di vista lontano da quella terra come può essere il mio, sembrava che la regione avesse iniziato un percorso positivo.
Sarebbe stato opportuno che la classe politica si fosse ricordata dei problemini di matematica della seconda elementare, quando il maestro o la maestra ci rimproverava (allora si poteva) di non mischiare le mele con le pare sommando o dividendo e quindi alle campagne elettorale delle amministrative e, quindi, si fosse parlato solo di amministrazione e progetti sul territorio.
C’è stato un tentativo forte, e sbagliato, di dare a queste amministrative una valenza politica da parte dell’opposizione parlamentare e ora c’è il medesimo errore di parte della maggioranza parlamentare di rivendicarne una vittoria politica nazionale.
In effetti prendendo il risultato migliore di una consultazione e quello peggiore di un’altra senza avere cura di prendere dei dati relativi allo stesso rinnovo di assemblea è facile trovare differenze anche importanti e quindi attribuire sommariamente trionfi e crolli.
L’onestà intellettuale insegnerebbe a confrontare i dati amministrativi con gli stessi dati amministrativi relegando il trend politico a un normale elemento di deviazione del campione statistico.
A questo proposito le recenti elezioni emiliane e calabresi hanno una forte valenza amministrativa e un significato politico relativamente modesto, se così non fosse e il risultato fosse primariamente politico le due regioni avrebbero avuto nel risultato, indipendentemente dai valori assoluti delle singole liste, una simmetria nella tendenza, invece i dati non sono mai sovrapponibili e, al limite, si individua una sofferenza maggiori di alcuni partiti o movimento rispetto altri.
Una visione esterna a entrambe le amministrazioni andate a giudizio elettorale rivelava un potenziale superamento della prova per entrambe, mentre in Calabria le cose sono andate diversamente e l’Amministrazione uscente ha subito un giudizio negativo piuttosto netto, in Emilia-Romagna non vi è stato un cambio di timone e l’Amministrazione uscente ha passato l’esame abbastanza serenamente, seppure sia chiara una distribuzione dei voti di lista non perfettamente sovrapponibile alla tornata precedente.
L’insegnamento che si trae da queste amministrative è che la classe politica non ne ha tratto alcuno: continua a sommare “le mele con le pere” e rifiuta l’accettazione di separare il confronto sui contenuti da quello sui principi.
Non ultimo e non banale è come la trentennale campagna contro la politica invece che contro i comportamenti sbagliati di certi politici abbia prodotto uno iato fra cittadinanza attiva e classe dirigente che, in alcuni casi, si nutre del consenso di quella cittadinanza passiva che ingoia disinformazione da socialmedia come una idrovora.
Questo disequilibrio rende precario ogni giudizio e subalterna qualsiasi linea politica tanto che invece di una classe politica che indica una via e chiede il consenso alla cittadinanza attiva per attuarla abbiamo parte della classe politica che si fa indicare la strada da gruppi anche consistenti di cittadini riuniti sotto nomi sempre più irrituali (girotondi, popolo viola, sardine), parte che origlia i discorsi nei bar e li compone in un programma elettorale, parte che scrive discorsi sotto dettatura delle istituzioni europee e parte che cerca faticosamente e senza risultato di mediare fra le prime tre pur di fare qualche passo avanti.
La speranza di ritrovare una classe politica in grado di gestire la delicata fase che stiamo vivendo è ancorata radicalmente nel Novecento e viene proprio dal recupero, seppur aggiornato, del cattolicesimo democratico, del liberalismo e del socialismo con una lettura aggiornata dei classici di questi tre grandi ambiti della politica: senza il superamento di quello iato creato a mefistofelica arte dagli anni Novanta ai primi anni Duemila fra politica e cittadinanza continueremo a non avere né una politica né una classe dirigente.

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