Sempre sulla mia giovinezza (di Davide Morelli)



L’anno prima, il mio secondo anno all’università, avevo fatto l’okkupazione a Padova per protestare contro l’aumento delle tasse universitarie e lì avevo conosciuto la bella G. di cui mi ero innamorato. Quanti discorsi e quante lettere per conquistarla! Ma lei voleva essere libera. Tutti erano innamorati di lei ma lei non ci stava. Avrà avuto le sue avventure ma non nel nostro giro. Non avevo studiato. Avevo dato due esami quell’anno ma uno era l’esame di inglese che non serviva a rimandare il militare. Avevo la testa altrove. Pensavo a lei che non ci stava e mai mi avrebbe ricambiato. A dire il vero non era l’anno prima ma molto di più perché il ministero mi aveva fatto attendere altro tempo. Così ero finito a fare il servizio civile in un collegio di preti nella bassa padana. Io avevo fatto domanda in altri enti ma il ministero della difesa mi aveva precettato lì senza avere nessuna colpa o demerito, solo per un loro errore burocratico. Me li ricordo ancora la coltre di nebbia che avvolgeva tutto e il gelo che entrava nelle ossa. Mi avevano messo a verniciare i balconi. Poi ero finito a fare il portinaio. Facevamo anche giardinaggio talvolta, nostro malgrado. Il collegio non era altro che una villa veneta immensa con un giardino altrettanto grande. Il collegio di preti aveva un Cfp, ovvero un centro di formazione professionale. Si iscrivevano ragazzi spesso bocciati agli istituti professionali statali. Io dovevo badarli nella corriera del collegio, che li riportava a casa. Quel collegio aveva anche una scuola media inferiore e quindi i ragazzi del cfp spesso davano noia e addirittura picchiavano i bambini delle medie. Se qualcuno si fosse fatto male più o meno seriamente la colpa sarebbe ricaduta su di me a livello legale. Io cercavo di farli smettere. Alcuni erano dei veri bulli. Mi dicevano allora: “Pisa sei un terrrone di merda! Fatti la barba, trovati una ragazza e fatti una famiglia!”. Oppure mi dicevano: “Pisa tornatene a casa! Più in giù del Po tutti terroni!”. Era la classica goccia cinese. Le prime volte le loro offese non mi tangevano minimamente, ma giorno dopo giorno avevano iniziato ad infastidirmi veramente. Non potevo fare niente. Loro erano minorenni. Avevo le mani legate. Alcuni di quei ragazzi non conoscevano minimamente il rispetto della dignità altrui! Avevo deciso di fare il servizio civile anche per studiare ed invece facevamo poco più di cinquanta ore lavorative alla settimana e pochissimi riuscivano a studiare. Io ero depresso e nel poco tempo libero mi riposavo o andavo fuori. E dire che io spesso passavo col treno per andare a Padova e vedevo quel borgo in lontananza. Vedevo quello sciame di luci e mi chiedevo chi mai sarei stato se fossi vissuto lì. Meglio non fantasticare troppo! Adesso che c’ero vivevo una vita grama! Io mi chiedevo se al mondo la maggioranza era fatta di persone come quelle dell’okkupazione universitaria dove tutti erano empatici o se era fatta di quei ragazzi del cfp, alcuni per niente empatici. Forse la verità stava a metà. Erano due realtà agli antipodi. Nonostante questo avevo fatto alcune amicizie. Alcune volte uscivo con gli altri obiettori e andavamo talvolta a vedere i concerti di T., che suonava il basso in un gruppo. Avevo anche conosciuto L., una ragazza poco più grande di me che faceva la rappresentante. Uscivamo da soli tutte le sere. Lei mi veniva a prendere con la sua macchina. Giravamo in lungo e largo la bassa padana. Lei era fidanzata con un veronese laureato e impiegato in banca. Lei lo vedeva una volta sola a settimana, mentre me mi vedeva tutte le sere. Povero il suo ragazzo! Povero me che pensavo sempre a G. e non mi riusciva scacciarla dalla testa! Anche quell’anno passò. Un anno intero della mia vita, lontano da casa. Una volta finito il servizio civile mi misi a studiare e diedi 11 esami in un anno e portai a termine gli studi. Adesso sono passati tanti anni e ho perso tutti i contatti. Non telefono più a nessuno e nessuno mi telefona più. Non ho più notizie. Forse è meglio così, anche se non tutto chiaramente era da buttare. Ma è passato troppo tempo ormai.

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