Il petomane (racconto breve di Davide Morelli)



Aveva provato a recarsi sul lavoro con il treno. Doveva alzarsi alle 5:15, fare colazione, vestirsi, recarsi alla stazione con la bicicletta. Aspettare il treno delle 5:50. Fare un viaggio di 40 minuti. Una volta arrivato a Firenze Santa Maria Novela aspettare venti minuti  prendere un autobus. Fare un viaggio di venti minuti. Aspettare poco meno di una ora prima che aprissero gli uffici della società in cui lavorava. Si trattava di fare il rappresentante di carte di credito ed altri prodotti. Lui si trovava bene con il suo datore di lavoro ed i suoi colleghi. L'ambiente lavorativo era molto umano. Tutti erano affabili e positivi o almeno così sembrava all'apparenza. Si era subito instaurato un clima di ottimismo e di fiducia. Il trentenne aveva avuto due anni prima un esaurimento nervoso. Assumeva psicofarmaci per prevenire un'altra crisi, anche se psichicamente si era ristabilito del tutto. Non poteva comunque prendere la patente perché gli psicofarmaci assunti gli davano problemi di vista. Rendevano i suoi occhi fotosensibili e gli causavano difetti di accomodazione. Aveva continuamente rimandato la patente. Non l'aveva presa a diciotto anni. L'aveva rimandata quando era uno studente universitario e la patente non gli serviva perché prendeva il treno e la considerava un costo inutile in più. Verso i 26, 27 anni avrebbe potuto fare l'esame di guida, ma riusciva a farne a meno. Ad ogni modo avere la macchina forse gli sarebbe servito a ben poco. Fare tre quarti d'ora di superstrada per recarsi a Firenze e poi altrettanti per il ritorno sarebbe stato molto pericoloso. In quella superstrada gli ingorghi, i lavori in corso, gli incidenti erano all'ordine del giorno. Quella superstrada era un perenne work in progress. Poi comprarsi una macchina, il bollo, la manutenzione, i costi dei parcheggi e non da ultimo rischiare la vita perché per i problemi alla vista non poteva guidare bene sarebbero stati davvero troppo. Comunque il nostro trentenne sul lavoro doveva sorbirsi  mezz'ora di riunione, in cui si motivava i venditori e si faceva un poco di crescita personale alla buona. Quindi si ripassavano le nozioni. Si pensava a tutti i possibili bivi e tutte le possibili sfumature della contrattazione. Poi decine di rappresentanti venivano scaglionati in gruppi di 4 o 5 e venivano inscatolati nelle macchine. Lui non aveva la patente, ma erano altri che guidavano. Si recavano ogni giorno in una provincia toscana diversa e lì andavano nei negozi a vendere i loro prodotti. Qualche malignità, un poco di invidie e di competizione non mancavano tra i rappresentanti, ma tutto sommato l'ambiente era stimolante. Il problema è che bisognava essere giovani. Si iniziava alle 8 a lavorare e si finiva alle 18:30. Non veniva dato un fisso mensile. Lavorava esclusivamente a provvigioni. Molti scurvavano, abbandonavano il lavoro  dopo pochi giorni. Lui aveva fatto amicizia con un cinquantenne laziale, che aveva lavorato per trenta anni come autista di un grande industriale. Una volta che era morto gli aveva lasciato 150 milioni ed una macchina d'epoca. Però aveva perso il lavoro ed aveva due figli a carico. Alla sua età non era facile reinventarsi. Nessuno lo voleva. Così gli era toccato trasferirsi a Firenze. Vedeva la moglie e le figlie nel week end. Era una brava persona, onesta e responsabile. Sul lavoro era capace. Riusciva sempre a fare fatturato. Risultava simpatico. A forza di andare nei negozi con lui si era accorto che questo uomo di mezza età aveva commesse, bariste, titolari di negozi ventenni o trentenni di bell'aspetto che erano sue amanti. Il cinquantenne si fidava e si confidava. Lui raccoglieva le sue confidenze, anche i dettagli più piccanti. Ma aveva capito che tutto ciò era vero perché capiva che tra lui e queste donne c'era intimità o comunque c'era stato qualcosa un tempo. Eppure apparentemente il cinquantenne non sembrava piacente. Forse aveva delle doti nascoste. Ma in definitiva erano tutti affari suoi. Il nostro trentenne aveva capito che non poteva andare e tornare col treno. Gli toccava alzarsi alle 5 di mattina o poco più e tornare a casa alle 9. L'aveva fatto per una settimana, ma si era deciso a tornare di casa a Firenze. Aveva visto che avrebbe guadagnato circa duemila euro al mese. Non poteva permettersi di affittare un appartamento tutto per sé, ma comunque poteva cercare un posto in un appartamento con altri coinquilini. Così si mise a fare il giro di tutte le facoltà universitarie e alla fine trovò due studenti di ingegneria. A loro andava bene, anche se era un lavoratore. Cercavano un non fumatore e lui non fumava. I due aspiranti ingegneri studiavano in modo diligente, ma c'era un piccolo grande problema a cui non riusciva a far fronte. Erano goliardici, presuntuosi, perfettini, precisini. Lui aveva un difetto. Quando andava in bagno per evacuare faceva aria, insomma petava. I due lo prendevano in giro. Tutto ciò gli aveva bloccato l'intestino. Non riusciva più ad espletare le proprie funzioni fisiologiche. I due studenti non avevano questo tipo di difetto. Aveva provato con dei carboni attivi per combattere il meteorismo e la pancia gonfia, ma oramai anche se non faceva più aria si era bloccato psicologicamente. Una cosa del genere non gli era mai capitata perché aveva sempre trovato persone comprensive. Quando era andato in vacanza con i suoi coetanei a Mykonos o ad Amsterdam questi non ci avevano fatto caso. Purtroppo quando lui era in appartamento c'erano sempre anche loro. Aveva provato ad andare in bagno nei bar, ma non riusciva farla nei bagni dei locali pubblici. Insomma era impossibilitato ad andare in bagno. Orinava e basta. Per il resto la sua psiche faceva in modo che il suo organismo trattenesse le feci. Così per due settimane era riuscito a trattenersi fino a quando non era ritornato alla sua vera casa dove abitavano i suoi genitori. Lì finalmente a casa si era svuotato. Si chiedeva perché questi due studenti non avevano l'accortezza, la sensibilità e il buon gusto di passarci sopra. Non aveva voglia di litigarci e compromettersi. Non voleva che la situazione degenerasse. I due per quanto intelligenti non avevano ancora la maturità di capire che i difetti piccoli o grandi ce li abbiamo tutti. Forse avevano entrambi una idea distorta di normalità e perfezione. Tutti andiamo in bagno, anche le bellissime ragazze. Così come tutti, più o meno, espelliamo aria dal deretano. Era una cosa naturale e diventare oggetto di scherno per questo era da imbecilli. Siamo tutti esseri umani. Abbiamo tutti dei difetti. Dobbiamo anche sopportarci  e tollerarci vicendevolmente. Avevano molta strada prima di diventare uomini fatti i due studentelli. Come si sarebbero comportati se avessero avuto una persona allettata da accudire, a cui pulire il deretano e a cui cambiare i panni? Così aveva cercato un altro che lo potesse sostituire. Aveva messo degli annunci nelle facoltà universitarie per cercare una persona che prendesse il suo posto in quell'appartamento e aveva letto altrettanti annunci in cui cercavano un coinquilino. Non vedeva l'ora di cambiare, sperando di imbattersi in persone più mature, più umane. 



 

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