Caselli sul caso Eternit: “In Cassazione non si sono resi conto del dolore e delle vite spezzate”
L’ex magistrato
ha esposto il suo “personalissimo ragionamento” incontrando gli studenti di
Casale Monferrato: “A Roma i magistrati più bravi e preparati, ma dietro una
barriera di carte. Lavorando così, non so fino a che punto sono riusciti a
rendersi conto del dramma”
Non aveva alternative la Corte di Cassazione
annullando, nel novembre 2014, la condanna a Stephan Schmidheiny nel
maxiprocesso Eternit? Quell’epilogo resta un macigno. Irrevocabile e da
rispettare, come vanno accettate e rispettate le sentenze «nel nome del popolo
italiano», ma rimarrà sempre una pagina aperta su cui discutere. A distanza di
due anni e mezzo, quando c’è già un altro procedimento incardinato - l’Eternit
Bis, per i morti d’amianto, con il rinvio a giudizio dell’imprenditore
svizzero, accusato di omicidio colposo in quattro tribunali italiani, tra cui
Vercelli, per le vittime del Casalese -, si torna a parlare di quella che fu
definita la «sentenza choc» della Cassazione. Lo ha fatto l’altro giorno il
magistrato in pensione Gian Carlo Caselli che, quando fu pronunciata in Appello
la condanna di Schmidheiny, era procuratore capo e volle presenziare alla
lettura del verdetto: «Tre ore restammo in piedi - ha ricordato -, tante ce ne
vollero per leggere l’elenco interminabile delle vittime: quelle tre ore
diedero fisicamente la dimensione della gravità del fatto». L’ex magistrato ne
ha parlato, al Parco Eternot, nell’evento conclusivo della Giornata mondiale
delle vittime dell’amianto, intitolato «Vita a impatto zero» (promosso da
Legambiente e Libera) incontrando gli studenti delle scuole superiori, autori
di numerosi lavori su inquinamento, clima, energia fotovoltaica, consumo del
suolo. Continua a leggere……..
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