Libertà, capocciate, e sovversivi, Carlo Baviera
Carlo Baviera
Dopo l’atto terroristico di Barcellona, che ancora una volta ha evidenziato la vulnerabilità delle nostre democrazie, Vladimiro Zagrebelsky ha pubblicato su La Stampa del 22 agosto una interessante riflessione dal titolo: La nostre libertà non tutelano chi istiga all’odio. Era un articolo che si occupava della tutela della libertà religiosa e di espressione dei tempi presenti, e che teneva conto della presenza in Europa e in Occidente di molti islamici e di una serie di atti terroristici realizzati o minacciati da persone che dicono di rifarsi a quella cultura e a quella religione. Possiamo però considerare i punti più rilevanti come applicabili a qualunque altra situazione, che troppo spesso cataloghiamo come libertà di espressione.
Faccio solo un passo indietro di quarant’anni per ricordare come, nel nostro Paese (ma anche da altre parti) vi fu un intenso dibattito sulle leggi antiterrorismo, sulle misure restrittive di polizia, sulla necessità o meno di ridurre spazi che potessero essere momento di coltura della violenza e dell’illegalità. Anche dopo l’11 settembre si pensò, in Occidente, a come prevenire eventuali attentati, a come porre limiti ad esempio nei voli o aumentando i controlli all’ingresso di qualunque concentrazione sportiva o canora o religiosa.
Torniamo alle riflessioni di Zagrebelsky. Queste alcune delle sue parole: “Le democrazie devono (non solo possono) difendersi, combattendo le attività che pretendono di usare la libertà di espressione per negare i diritti e le libertà degli altri e distruggere i regimi democratici che li assicurano.” “Nessuna tolleranza va garantita agli intolleranti dei diritti e delle libertà altrui”, perciò aggiungo io anche a chi diffonde, a voce, per scritto, o sui social, queste intolleranze: sia per gli stranieri che per gli italiani, sia nei luoghi di culto che nelle scuole o nei bar. “Non si tratta di sospendere lo Stato di diritto. Anche in un contesto del tutto normale, sia la libertà di espressione, sia la libertà di professione religiosa, sia la libertà di riunione e associazione incontrano limiti per la sicurezza nazionale e la tutela dei diritti altrui”. “Non si rinuncia al carattere fondamentale delle nostre democrazie, non si fanno vincere le idee del nemico delle nostre libertà impedendo che esse siano usate per distruggerle”.
Poiché io condivido questo pensiero, ritengo che sia valido sempre e nei diversi contesti, anche verso chi usa le capocciate per rispondere ad un intervistatore . Perciò, al di là del grave pericolo di questi anni dovuto allo jihadismo (è ovvio che gli Imam e le moschee devono garantire correttezza e rispetto delle nostre leggi e men che meno educare a valori avversi ai nostri valori di dignità della persona e di rispetto dei diritti) o ad altre azioni terroristiche e di attacco armato o violento verso leggi, persone e istituzioni, credo che una democrazia debba non tollerare né consentire alcuno spazio anche a chi usa la libertà di espressione per negare i diritti e le libertà altrui. Mi si contesterà che la libertà di pensiero e di espressione sono tutelate dalla Costituzione; ma per libertà di pensiero cosa si intende? La diffusione di idee “sovversive” o “antidemocratiche” sono consentite dalle nostre Costituzioni ed è permesso scrivere, insegnare, cantare, e manifestare idee che incitano all’odio, al razzismo, alla xenofobia, alla violenza? O, come dice Zagrebelsky, “Nessuna tolleranza va garantita agli intolleranti dei diritti e delle libertà altrui”?
In un interessante articolo (La Repubblica – 12 luglio 2017) Nadia Urbinati descrive i motivi che nutrono l’insorgente fascismo che “non è mai morto [..] esso rinasce un po’ dovunque nell’occidente democratico e capitalistico — le fiammate xenofobiche e nazionalistiche che gli opinionisti si ostinano a chiamare blandamente “populismo” sono il segno di una risposta, sbagliata, alla recrudescenza di un sistema sociale che funziona bene fino a quando e se esistono reti associative, capaci di attutire i colpi di un individualismo che è apprezzato solo da chi non ha soltanto le proprie braccia come mezzo di sussistenza. Senza diritti sociali i diritti individuali possono fare il gioco contrario”: essi sono “il declino di legittimità della politica, che ha smarrito il senso etico e di servizio”, “il declino delle associazioni di sostegno che hanno accompagnato la modernità capitalistica opponendo alla mercificazione del lavoro salariato e alla disoccupazione (che è povertà) reti di solidarietà e di sostengo, ma anche alleanze di lotta, di contrattazione, e di progetto per una società più giusta”, e “la solitudine esistenziale connessa alla scomposizione della vita comunitaria”. Tutto ciò richiede correzioni alla società e all’economia, ma non giustifica la propaganda ideologica di chi inneggia al passato violento, totalitario, di superiorità di razze e culture, o di chi usa il manganello.
Quando si rischia la vittoria in Francia del lepenismo, quando in Grecia monta un movimento neofascista come Alba Dorata, quando in Germania si sono ricostituiti movimenti neonazisti, come del resto in altri Paesi Europei, quando si verificano ritorni di Governi nell’Europa dell’Est che (pur di fronte al timore di un ritorno del sovietismo) si fanno paladini di idee illiberali, il sistema democratico dovrebbe neanche muovere un dito? Non dovrebbero essere difese le conquiste democratiche del dopoguerra? Quando questi fenomeni si esprimono con manifestazioni pubbliche, inni, slogan, bandiere, tutto è da ritenere espressione libera del pensiero e di un’opinione? Anche in Italia queste realtà sono ampiamente radicate, non c’è bisogno di fare elenchi, perché le notizie della stampa ci hanno reso edotti della loro presenza e attività. La vicenda di Ostia è solo la punta dell’icesberg. Tutto legittimo?
Lo stesso concetto lo estendo a chi si vuole fare giustizia da sé, per chi torna a minacciare (è successo ad un parroco per avere accompagnato alcuni migranti in piscina, o ad amministratrici comunali per aver difeso l’accoglienza ai rifugiati e norme per la concessione di diritti di cittadinanza), per chi sui social scrive qualunque offesa e insulto (soprattutto sessista) anche alla Presidente della Camera. Un tempo l’offesa a pubblico ufficiale era un reato temuto, oggi non si interviene più ?
Purtroppo quelle che si definiscono spedizioni punitive e le minacce squadriste non vengono represse dallo Stato e dai suoi organi punitivi; anzi molti credono che le ronde autoprodotte siano utili a vigilare meglio. Oltrechè vigilare e controllare la normale pubblica sicurezza, le forze preposte dovrebbero bloccare queste derive delle ronde e delle spedizioni punitive e le azioni da “branco”; alcuni settimanali segnalano un vertiginoso aumento di aggressioni a sfondo razzista in Italia.
La Costituzione dice che la Democrazia deve essere difesa; mentre noi confondiamo la difesa e l’affermazione della libertà come impossibilità di reprimere chi la vuole mortificare e uccidere. Le democrazie, pur se aperte, non devono essere indifese, a tutela dei propri valori. E la libertà di pensiero non va confusa con la libertà di diffondere idee e apologia irrispettose della libertà, del dialogo, della convivenza. I fenomeni cui si è assistito recentemente anche negli USA da parte dei <suprematisti> (ogni epoca ha la propria forma di Ku Klux Klan) oppure il neonazismo e neofascismo europei, che sono sempre in agguato e si travestono con altre sigle, non devono avere la strada spianata. E’ lo Stato con i suoi organi di polizia che deve sorvegliare e agire. So che il primo rimedio dovrebbe essere affidato alla educazione, alla scuola, al sistema culturale. Sappiamo però che <la moneta cattiva scaccia quella buona>: non è solo un riferimento economico, vale anche nella società e nella politica. Quindi nulla va lasciato al caso, o ad un’educazione sbagliata. Lo si fa con i vaccini, per la scuola; la democrazia è più dei vaccini!
Intendo ribadire che “Non si tratta di sospendere lo Stato di diritto” per difenderci dagli attacchi di ogni genere alla nostra convivenza pacifica, ma che si tratta di impedire diffusione di idee che intendono mettere in ginocchio la nostra civiltà (basata sul dialogo, il rispetto, il diritto, la giustizia) e incrinare la Stato di diritto costituito dai valori della nostra Carta Costituzionale: la pace, la dignità di ogni persona e del lavoro, il ruolo dei corpi intermedi, la solidarietà, l’antifascismo, la nonviolenza.
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