Il mito italiano di Lucio Battisti

by infosannio
(di Marcello Veneziani) - Due ragazze e un ragazzo, in treno, si strappavano il lettore mp3 per sentire Lucio Battisti. “Un mito” diceva la ragazza che non aveva vent'anni. Non erano cinquantenni travestiti o col lifting, ma ragazzi freschi, non ibernati. Un mito. Una voce venuta dal passato, dagli anni settanta, e pure prima, diventa un mito per i ragazzi di oggi. Per disguido mi sono trovato in locali frequentati da ragazzi e con meraviglia ho sentito ancora Battisti e i cori di ragazzi accompagnarlo.È uno dei rari fili di continuità tra le generazioni, un esile segno che qualche eco del passato è rimasta viva. Come i Beatles e Bob Marley. Ma Battisti, avrei voluto dire a quei ragazzi, non è morto solo nel '98. Si smaterializzò vent'anni prima, lasciando un’eco dolcissima di canzoni indimenticate. Il suo rendersi invisibile già in vita e in pieno successo lo rese mitico sin da allora, come un po' è accaduto a Mina. L’ultimo Battisti era un uomo ingrassato e taciturno, con una specie di alzheimer volontario.
Difatti quando era ancora in vita nacquero già i suoi imitatori, e scoppiarono litigi per l’eredità musicale. Avrei voluto dire a quei ragazzi che anche per noi suoi contemporanei Lucio fu un mito e pure un pezzo della nostra autobiografia collettiva. La sua voce, la sua musica, i testi delle sue canzoni, scritte con Mogol, non sono figli del 68 né della colonizzazione musicale americana, ma furono frutto genuino di un cantautore italiano, che esprime la sua irripetibile singolarità.Dei miti non interessa la storia, ma la mitologia. Battisti è stato l'ultimo mito italiano, nazionalpopolare. Unì le generazioni come nessuno dopo di lui, unì da nord a sud, da destra a sinistra, élite e popolo, anima collettiva e intimità privata, cantò un'epoca e più biografie. Fu il testimonial estremo dell'anima latina, italiana e mediterranea. Vorrei ricordarlo, pur nella sua ritrosia, come patriota dell'Italia estrema. Abbiamo però sempre rimosso una cosa: Lucio è un mito italiano ma solo italiano, non ha sfondato nel mondo, anche col suo trasloco a Londra il suo successo non fu tradotto. Restò nostrano, celestiale e provinciale, mitico e locale. Battisti ci riportò nel nostro tempo a cavallo del mito, tra ritmi, parole e vestiti di quegli anni; mostrò che si può essere romantici nell'epoca cinica dei consumi come nell'era ideologica della lotta armata. Poi quella voce così diversa che ripara la gioventù dall'ingiuria del tempo e ti fa volare...Non so chi fosse veramente Lucio, ma so come lo ascoltammo noi ragazzi non allineati degli anni settanta. In un mondo che non ci vuole più era l’incipit di una sua canzone ma anche del nostro dissenso. Il mio canto libero è stata la colonna sonora di una vita e di una scelta professionale. E l’immensità si apre intorno a noi, s’innalzano purissime…alludeva per noi a scelte eroiche, come le discese ardite e poi le risalite…E poi, la veste dei fantasmi del passato cadendo lascia il quadro immacolato, a noi parve una straordinaria allegoria della militanza ideale nel nobile regno dei vinti, cari al cielo e maledetti dalla storia. Come il suggestivo planando sopra boschi di braccia tese, o il più classico volando intorno alla Tradizione, dove qualcuno sentiva odore di Evola e Guénon. E poi ancora in alto e con un grande salto e laggiù il deserto, ci pareva d’ascoltare Zarathustra. Come può uno scoglio arginare il mare, ci richiamava i mari nebbiosi di Caspar David Friedrich e del suo viandante. Mi ritorni in mente evocava nei fondamentalisti liceali la reminiscenza platonica. Illusioni ottiche e acustiche, infondate associazioni, illazioni sui testi di Mogol (pur con intrusioni di Lucio), ma così nacque il mito del Battisti adepto segreto di movimenti nazionalrivoluzionari.Ma Battisti fu davvero “di destra”? La questione è irrilevante, perché non riguarda lui ma i suoi fruitori, erano sentimenti che appartenevano a noi. Una generazione controcorrente tramite lui collegò il romanticismo grande, pubblico e politico, al romanticismo piccolo, intimo e amoroso. Nell'epoca dell’invadenza del politico e della vita collettiva, ci attaccammo a quel lieve evocare le emozioni e i mondi interiori; ci attaccammo a quelle storie d’amore, a Linda, Francesca, per cantare le nostre e riabilitare l’universo a due in piena orgia collettiva. Battisti fu per noi qualcosa di più di un cantante. Fu il ponte fra la trasgressione e la tradizione, fra la leggerezza dei diciott'anni e l’intensità di alcune passioni adulte. Ci riconciliò con la modernità senza farci perdere l’amore dell’antico, ci riportò al presente senza allontanarci dal mito, anzi accompagnandoci col mito nei ritmi, nelle parole e nel vestire di quegli anni; dimostrandoci che era possibile essere romantici nell'epoca cinica della tecnica o nell'era ideologica della lotta armata. Ci aiutò a riannodare il rapporto con il nostro tempo, pur non amandolo, e con le nostre coetanee. Battisti accompagnò i primi balli appassionati, tu chiamale se vuoi erezioni… Lasciamo quel mito ai ricordi imprecisati di un’età dell’oro che fu la nostra adolescenza o giovinezza, quella voce magica che ci stregò e continua a stregare dopo tanti anni.Da un cantante non bisogna aspettarsi lezioni filosofiche o ideologiche, ma belle canzoni ed emozioni. Da portarsi nella tasca interna del nostro sentire e non perché le abbia instillate lui, giacevano nei fondali della nostra anima. Lui le ha solo risvegliate, modulate, musicate. La poesia è nei diciott'anni che ascoltarono quelle canzoni, negli amori che fiorirono all'ombra di quella voce; come nei vostri diciott'anni, nei vostri amori. Battisti è stato ostetrico di quelle emozioni, le ha tirate fuori da noi, da voi, ma erano nostre, sono vostre. Non attribuitele a lui, non c’è da vergognarsi di avere quelle emozioni.Questo mi sarebbe piaciuto dire a quei ragazzi che si strappavano le cuffie per sentire brani di Lucio Battisti. Rispetto ad altri miti superstiti di quegli anni, come Che Guevara, di Battisti resta perlomeno non un’icona muta in maglietta o poster, ma vivente, in qualche centinaio di minuti in delizie musicali. Basta, i discorsi imbolsiscono il mito. Meglio navigare tra battisti, mine, dalle, battiati e altri suoni magici. La musica ci salverà, momentaneamente.


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