Il Pd in cerca di firme per il voto. Ma in realtà è caccia ai rimborsi
by infossanio
L'obiettivo è incassare 500mila euro. Ma si procede
a rilento
(Massimo Malpica - ilgiornale.it)
Roma - «Basta
un sì» per fare un po' di cassa. Da giorni circolano gli appelli del Pd ai
militanti idem per raccogliere firme in vista del referendum costituzionale.Il
tono è enfatico, una chiamata alle armi indicata come decisiva per il partito e
per il governo. Ma quel mezzo milione di firme che idem stanno cercando hanno,
in effetti, soprattutto un risvolto economico.
I messaggi, molti dei quali portano la firma del vicesegretario
Pd Lorenzo Guerini, calcano la mano sul fatto che «per fare il referendum la
tua firma conta». Ma la realtà è un'altra, e l'ambiguità dell'appello aumenta
solo la confusione. Quelle 500mila firme sono ridondanti, perché il referendum
è stato già richiesto ad aprile da un quinto dei deputati, e tanto basta. Renzi
però ha voluto comunque che il partito lanciasse la raccolta firme, come
peraltro ha fatto anche il comitato del no. Il motivo «ufficiale» è coinvolgere
e informare i cittadini sulla riforma e sul voto del prossimo autunno. Ma il
vero nodo è soprattutto che, al raggiungimento delle 500mila firme richieste,
il comitato promotore ottiene di diritto spazi in tv e radio e soprattutto un
rimborso economico. Pari, per la precisione, a un euro per ogni firma valida
raccolta.
Il Pd si assicurerebbe, insomma, un tesoretto di almeno mezzo milione
di euro, che arriverebbe in cassa senza alcun dubbio poiché, trattandosi di
referendum costituzionale, non c'è nemmeno l'incognita del quorum.Tutto lecito,
ovviamente. Anche il comitato del «no» raccoglie firme e spera nello stesso
esito, ma soldi e visibilità mediatica gli servono decisamente di più rispetto
al «sì», che come è evidente ha le spalle coperte dal Pd, dalla struttura del
partito, dai suoi uomini e soprattutto dai suoi soldi. Tra l'altro il «Comitato
Nazionale per il Sì al referendum Costituzionale - Basta un sì», che a metà
maggio ha presentato richiesta per il referendum alla Cassazione indicando come
responsabile il piddino Maurizio Chiocchetti, già organizzatore di primarie e
campagne referendarie per conto del partito, sul fronte della pecunia si sta
portando già avanti col lavoro, e sul suo sito web raccoglie donazioni di
sostenitori per «contribuire alla campagna». Fino a ieri, la somma raccolta era
pari a 34mila euro, circa un terzo del «primo obiettivo», fissato in centomila
euro. Non è chiaro, tra l'altro, se i volenterosi militanti dem che oltre a
firmare hanno anche messo mano al portafogli verranno poi rimborsati nel caso
in cui il comitato ottenga la validazione e la successiva monetizzazione delle
500mila firme. Insomma, il martellamento mediatico sugli iscritti sembra
dettato più da un movente economico che da altro, visto che, come detto, il
referendum non è a rischio e si andrà comunque a votare. Il problema, semmai, è
che la raccolta firme starebbe procedendo piuttosto a rilento in tutto il
Paese, e l'entusiasmo della base risulterebbe finora ancora non pervenuto,
quando mancano solo un paio di settimane al termine di consegna degli
autografi. Solo un sesto degli iscritti al Pd veneziano, per esempio, avrebbero
provveduto all'incombenza. E dall'Emilia sarebbero arrivate a stento la metà
delle firme attese. Ecco dunque la strategia di comunicazione che diventa
«allarmista», e lusinga iscritti e militanti sottolineando l'importanza di
firmare per il referendum, e tacendo che gli autografi servono, più che altro,
a far cassa.
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