La vita è bulla

by MASSIMO GRAMELLINI 23/01/2016
Mi ha scritto un’antica vittima dei bulli. M. P. è un uomo di 52 anni che ripercorre le umiliazioni della sua adolescenza come se fossero ancora materia viva. 
Descrive «il dileggio, la gogna quotidiana, il respiro che comincia a venirti meno all’angolo prima della scuola». E poi i nomignoli, le risate alle spalle, «le sopraffazioni fisiche, il tuo pacchetto di biscotti sbriciolato sulla testa durante la ricreazione». 
E, aleggiante su tutto, una sensazione di impotenza e solitudine. Nessuno dei grandi che si accorgesse di quanto succedeva, nessuno che gli desse peso. «Sapevano solo dirmi che ero cagionevole di salute». Gli aguzzini, M. P. li chiama così, hanno poi fatto la loro vita e da adulti, dice, non sono
neppure troppo cambiati. Ma nemmeno da ragazzo lui ha mai desiderato appartenere alla ghenga. «Volevo solo essere lasciato in pace e non deriso perché ero timido, non troppo alto, amante della musica classica e imbranato con le ragazze». Il sospetto è che il tempo e la vita non lo abbiano ricompensato. Di sicuro non l’hanno pacificato. «Mi sono costruito una corazza e in alcuni casi mi sono vendicato. Ma nessuno potrà mai chiudere quelle ferite».
Sembra il racconto di un sopravvissuto. E il suo messaggio finale emana l’autorevolezza sofferta della testimonianza personale. «Agli insegnanti e ai genitori: avete tutto sotto i vostri occhi. Occorre solo la voglia di guardare, di vedere davvero. E ai ragazzi e alle ragazze che vivono questo inferno, un abbraccio da un fratello che vi dice: tenete duro, un giorno l’inferno finirà».



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