La manovra varata dal Governo contiene una stangata da 54 mld di euro per i contribuenti


(Francesco De Dominicis per Libero Quotidiano) - Il governo ha impiegato una settimana per portare il testo della manovra al vaglio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. E la versione finale del provvedimento arrivata al Quirinale venerdì sera, a distanza di sette giorni dal via libera del consiglio dei ministri, svela il motivo dell’attesa tanto lunga quanto sospetta. I documenti ufficiali portano alla luce una realtà assai diversa rispetto alle storielle raccontate in conferenza stampa dal premier Matteo Renzi con i suoi 25 tweet. Con i quali l’ex sindaco di Firenze è riuscito a incantare l’opinione pubblica per un po’ di giorni, sostenendo che la legge di stabilità per il 2016 è una svolta perché taglia le tasse e riduce la spesa pubblica.
E invece. Il provvedimento definitivo, che domani dovrebbe arrivare al Senato, rivela che, con l’eccezione di una timida riduzione l’anno prossimo, il peso del fisco su cittadini e imprese salirà in
maniera esponenziale subito dopo e che le uscite dal bilancio dello Stato si riducono molto meno di quanto detto ufficialmente da palazzo Chigi.
Tanto per cominciare, nel triennio 2017-2019 arriverà una stangata fiscale da oltre 54 miliardi di euro. Un aumento pazzesco di tasse messo nero su bianco a pagina 4 della relazione tecnica della manovra: lì si scopre che le clausole di salvaguardia - cioè gli aumenti di imposta già previsti da precedenti finanziarie - sono state sterilizzate per il 2016, ma sono state reintrodotte per il futuro. Dal 2017 scattano gli aumenti di accise sulla benzina e di Iva (dal 10 al 13 per cento l’aliquota agevolata e dal 22 al 25 per cento quella ordinaria): aumenti che comportano 15,1 miliardi di versamenti in più al fisco nel 2017 e 19,5 miliardi in più sia per il 2018 sia per il 2019.
Vi anticipiamo il ragionamento di Renzi: fra un anno saranno di nuovo congelate le clausole di salvaguardia. I contribuenti ci sperano, anche se per ora nero su bianco c’è scritto l’esatto contrario. Ma vale la pena sottolineare che gli aumenti evitati non sono mai tagli.
Tant’è che i calcoli finali degli effetti delle misure della manovra per il 2016 riducono - e di tanto - i benefici netti: per il prossimo anno le riduzioni equivalgono a 18 miliardi e non 34 e spiccioli, come sbandierato dal premier. Ciò perché non è corretto conteggiare, appunto, i mancati rincari di imposta fra le riduzioni. Ragionamento che vale anche sul versante della spesa pubblica. A guardare i saldi netti, si scopre che la dieta per il bilancio dello Stato si ferma a soli 1,9 miliardi: sono previste, infatti, minori uscite per 7,9 miliardi, ma anche aggravi di spesa per 6 miliardi.
Che la spending review affidata al renziano Yoram Gutgeld sia un flop si capisce pure da un altro dato, quello relativo alla «razionalizzazione della spesa per l’acquisto di beni e servizi», che comporta risparmi complessivi ridicoli, pari a 216 milioni di euro nel 2016, 697 milioni nel 2017 e 697 milioni dal 2018.
Quanto alle voci di spesa aggiuntive, invece, la relazione tecnica svela che per il rinnovo del contratto degli statali sono stati stanziati 300 milioni, 100 milioni in più rispetto a quanto riportato nel comunicato del governo. Il sospetto che a palazzo Chigi abbiano voluto mostrarsi «duri» coi travet è fortissimo. È destinata a suscitare polemiche, poi, la scelta di assegnare 1,2 miliardi di fondi in più all’Anas proprio mentre la Guardia di finanza e procura di Roma hanno portato alla luce, nella società delle strade, un articolato sistema di mazzette e corruzione dominato dalla cosiddetta «Dama nera».
Così come alimenterà polemiche la norma che fa saltare l’obbligo di pagare l’affitto con assegni, bonifici o bancomat: i canoni fino a 3mila euro potranno essere saldati anche in contanti e fino a quella soglia non dovranno essere tracciabili. Confermata, poi, la riduzione del canone Rai da 113 a 100 euro e il pagamento, in un’unica soluzione, con la bolletta elettrica. L’ecobonus per l’acquisto di mobili e ristrutturazioni viene prorogato per il prossimo anno ed esteso anche alle coppie di fatto (sempre sotto i 35 anni). La Tasi non si pagherà più sulle prime case, su terreni agricoli e sugli «imbullonati» (impianti).
Quanto alle imprese, nessuna sorpresa per i super ammortamenti: le spese per il rinnovo dei beni strumentali d’azienda potranno godere di una defiscalizzazione al 140%. Per le società, arrivano anche le riduzioni di Irap e Ires: si tratta di minori pagamenti di tasse per 3,9 miliardi l’anno a regime (dal 2018). Una mossa che in ogni caso porterà all’erario circa 400 milioni in più nel triennio 2018-2020. È normale: la riduzione del prelievo sulle società comporta un’estensione dei dividendi riconosciuti a soci e azionisti. Più ricavi e più tasse. Fila tutto. Ma Renzi, ovviamente, non l’aveva detto.



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