La leggenda di Virgilio Mago benefico
Se per l’antica Roma il più grande poeta era Omero, per gli uomini medievali era Virgilio il più grande tra i Sommi, conosciuto soprattutto per l’Eneide, le Bucoliche e le Georgiche.
“Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenenunc Parthenope, cecini pascua rura deces. “
“Mantova mi ha generato, il Salento mi ha rapito la vita, ora Napoli conserva i miei resti; ho cantato pascoli, campi, eroi.”
È questo l’epitaffio che ricorda l’antico poeta, autore dell’Eneide, sul suo monumento funebre situato a Piedigrotta, in provoncia di Napoli.
Ed è risaputo che il Sommo poeta Dante Alighieri lo elesse come suo Vate e nella stesura del suo capolavoro “La Divina Commedia” lo volle porre come guida nel suo onirico e fantasioso viaggio per l’Inferno e il Purgatorio, mentre venne poi sostituito da Beatrice nel libro dedicato al Paradiso.
Ma, forse, non tutti sanno che nel capoluogo campano, Virgilio era anche conosciuto come il Mago benefico per via delle sue conoscenze e pratiche esoteriche.
A Virgilio, considerato eroe e protettore di Napoli, vennero attribuiti parecchi manufatti dalle proprietà magiche ideati dal poeta per difendere la città, che lo aveva amabilmente accolto e adottato, dalle calamità e per proteggere i suoi cittadini da ogni infausto evento.
Una leggenda racconta che Virgilio, quando furono poste le prime fondamenta del Castel dell’Ovo, ordinò che si inserisse all’interno dei mattoni una bottiglia di cristallo dal collo lunghissimo contenente un uovo e che aveva le funzioni di un Palladio. Il poeta profetizzò che in caso di rottura del guscio le mura stesse del monumentale edificio sarebbero crollate e sarebbe seguita la distruzione dell’intera città.
Quando però Napoli venne occupata dagli Imperiali si addusse l’invasione a un’incrinatura del cristallo.
In un’altra narrazione pare che Virgilio avesse ideato una mosca di bronzo, che venne posta su uno dei portali fortificati della città e che sembra avesse il potere di tenere lontana la miriade di insetti molesti e portatori di malattie che ossessionavano a quei tempi gli abitanti. Si narra inoltre di un cavallo di bronzo che manteneva in salute gli equini, a quei tempi unico mezzo per potersi spostare da un luogo a un altro. Le cronache narrano anche di un ennesimo prodigio effettuato dal mago che liberò Napoli dalle molte serpi che la infestavano relegandole sotto una porta denominata Ferrea.
Infine, per preservare la città dalla minaccia incombente del Vesuvio, il poeta fece porre un arciere di bronzo con il dardo incoccato in direzione del vulcano ma accadde che un contadino e, si ignora ancora oggi come fosse possibile, fece scoccare la freccia provocando il risveglio del vulcano.
Ma se per Napoli era diventato una specie di idolo, quando le voci del potere del poeta arrivarono a Roma, le leggende si espansero anche nell’Urbe. Una su tutte fu proprio quella nota nel Medioevo come “Salvatio Romae”. Si narra che Virgilio fece costruire un palazzo, all’interno del quale pose delle statue dotate di un campanello, dedicate alle numerose province soggette all’Impero. Al minimo segnale di ribellione e sommossa, la statua allertava con uno scampanellio una copia dell’arciere bronzeo di Napoli che scoccava il dardo nella direzione segnalata allertando a sua volta l’esercito.
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