Sandro Bondi: “Io cortigiano pentito, Silvio è come il conte Ugolino”

(La Repubblica) - Un cortigiano pentito. La definizione è sua. Sandro Bondi commenta con tanta amarezza il suo passato e il suo presente in politica. "Parlo ora per la prima volta dopo nove mesi" afferma il senatore in un'intervista alla Repubblica. Da sindaco comunista a uomo di punta di Forza Italia, da poeta di Arcore a ministro dei Beni culturali, da fuoriuscito azzurro a nuovo adepto dei verdiniani e dei filo-renziani. "Vorrei tentare una riflessione di carattere storico sul berlusconismo che ho attraversato. E un viaggio tra i miei molti, troppi errori". Poi "vorrei essere dimenticato".
Sandro Bondi ha un giudizio a due facce su Silvio Berlusconi.
"Berlusconi è stato brillante all’opposizione, ma deludente se non fallimentare nell’arte di governare e nel portare a compimento quegli accordi politici che avrebbero cambiato in meglio il nostro paese. Non ha saputo esercitare, quando sarebbe stata opportuna, la sua tendenza al compromesso".
Il paragone letterario è piuttosto impietoso.
"Berlusconi potrebbe essere paragonato al Conte Ugolino che nella Divina Commedia divora il cranio dei suoi figli. E questo riferimento culturale è in fondo lusinghiero, perché lo sguardo di Ugolino verso i figli è di disperazione, mentre quello di Berlusconi è quasi intinto di sadismo. In realtà sono
giunto alla conclusione che non vi è alcuna grandezza tragica in lui. Ma vorrei fare una premessa, ho chiuso definitivamente con l’impegno politico [...] Sono un reduce di tante battaglie e di tante passioni. Mi sento vecchio e superato, oggi che in Italia e in Europa è in atto un grande rinnovamento generazionale di cui Renzi è una delle espressioni".
Bondi parla da persona che ha sperato consapevolmente in una utopia politica berlusconiana.
“Sì, e non ero il solo. Ma di tutte queste cose Berlusconi non si curò mai. Ci lasciava giocare con la politica e con le idee, fino a che non toccavamo la sostanza dei suoi interessi e del suo potere. Ricordo che, quando ero ministro, osai parlare di un canale televisivo pubblico dedicato alla cultura senza pubblicità. Subito, il pur mite Fedele Confalonieri mi redarguì bruscamente [...] Al culmine della crisi del suo ultimo governo, Berlusconi, nonostante ciò che disse in seguito, diede il via libera a Monti durante una riunione a Palazzo Grazioli nel corso della quale ci fece preliminarmente ascoltare in viva voce ciò che ne pensavano Ennio Doris di Mediolanum e l’amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel. In questo modo eravamo messi sull’avviso della sua decisione [...] Entrambi sostennero che la situazione economica e finanziaria del paese era disperata e non vi era altra possibilità che quella di dare vita a un governo tecnico sostenuto anche da Forza Italia".
Ne deriva che i dirigenti del partito non contavano nulla, o comunque molto meno dei banchieri.
"La nostra autonomia politica era pari a zero. L’unico ad aver avuto la forza e il coraggio di un gesto di indipendenza è stato Angelino Alfano. All’epoca mi opposi a lui, nonostante l’amicizia che ci legava, per l’ennesimo atto di sottomissione a Berlusconi. Pure Fitto e Verdini furono in prima linea contro la scelta di Alfano, ma poco dopo Berlusconi li trattò alla stessa stregua. Mi creda, anche chi è rimasto prima o poi sopporterà questa sorte [...] La mia convinzione è che anche Alfano, se non fosse stato maltrattato pubblicamente, avrebbe chinato il capo un’altra volta, ma Berlusconi in realtà non gli diede appello. L’intimazione di uscire dal governo Letta, come risposta alla sua condanna giudiziaria, avrebbe gettato l’Italia nel caos politico, favorendo probabilmente ancor più l’ascesa di Grillo e del suo movimento. Nell’occasione il ruolo di Napolitano è stato fondamentale. E’ stato lui a guidare l’Italia verso l’uscita dalla crisi. Berlusconi lo ha pregato di restare al Quirinale salvo poi accusarlo di ogni misfatto. Ha richiesto a Napolitano quello che non poteva ottenere e ha rifiutato ciò che invece il Presidente era disposto a riconoscergli".
Poi è arrivato il Patto del Nazareno.
"Merito di Verdini, che ha aiutato Berlusconi a rientrare in gioco, ottenendo da Renzi un riconoscimento politico non scontato e dovuto. Silvio avrebbe potuto utilizzare quest’ultimo attestato come un’opportunità per lasciare una memoria positiva del suo ruolo nella storia d’Italia, ma l’ha rifiutata e sprecata. Ad un certo punto ho anche pensato che il ritorno del partito-azienda fosse il male minore, perché almeno le sue imprese inseguono una certa razionalità anche nella sfera politica. Oggi Forza Italia è incomprensibile per chi non conosca la vita privata di Berlusconi. Più che la politica, la letteratura e forse la psicologia possono dare un’interpretazione alla sua parabola esistenziale".
Sandro Bondi accetta la definizione del giornalista di Repubblica, secondo cui è stato traditore del suo benefattore, è stato servo, aedo e mammelucco, pronto a dormire sullo zerbino del padrone.
"Sono stato anche questo. Quando forse un giorno verranno pubblicate le mie lettere indirizzate nel corso di vent’anni a Berlusconi, frutto del mio lavoro di consigliere politico, si comprenderà qual è stata davvero la mia figura. Sì, potrei essere accostato a Giuda. Ma chi ha letto il recente e bellissimo libro di Amos Oz, sa che Giuda è stato forse quello che ha preso più sul serio Gesù di Nazaret".
Il futuro è con Renzi?
"Io con Renzi e nel Pd? No, grazie. Voglio essere dimenticato"



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