Balza: Rappresaglia a fini politici lobbistici ma soprattutto violazione di legge (servitù di passaggio).


La chiusura con sbarre ad Alessandria degli argini del Bormida (aperti dal 1840!) è una azione illegale e dunque le centinaia di podisti che da decenni li praticano potranno intraprendere una “class action” che, appunto per vie legali: “actio confessoria servitutis” art. 1079 c.c, affermi il diritto di servitù di passaggio, diritto reale. Perché Medicina democratica si occupa di questa faccenda? Perché per statuto si denomina “Movimento di lotta per la salute” e come tale ritiene che la serrata (illegale) sia una palese lesione al diritto alla salute garantito dalla libera circolazione dei cittadini in un’area che consente ancora un minimo di salubrità e dove essi, pedoni, soprattutto non hanno mai causato nocumento a nessun persona e a nessuna attività imprenditoriale. La serrata con sbarre di Marco Melchiorre non ha dunque alcuna giustificazione, è semplicemente una rappresaglia, con i podisti tenuti come ostaggi da opporre alla Giunta. Così lui stesso definisce il ricatto: “I podisti passeranno solo dopo il ritiro della delibera del Comune”. Tale delibera chiede alla Regione la tutela di un’area a
rivalorizzazione fluviale che circonda la città tra Tanaro e Bormida e Orba istituendo una zona di salvaguardia dell’ambiente, della fauna, del turismo e dell’economia. Non entriamo oggi nel merito dei contenti della delibera, che dovrebbero essere discussi in altre sedi, anche dagli agricoltori ma non con “l’argomento” della rappresaglia. Il nostro intervento di oggi ha invece per oggetto il ricatto, il vulnus oggi è che Melchiorre sbarra (peraltro illegalmente) gli argini ai cittadini per rappresaglia contro la Giunta comunale di Alessandria. La rappresaglia ha due origini. Ben poco nobili. Una squisitamente politica. Melchiorre, noto esponente della destra, già contrastato assessore leghista della Giunta Calvo, è acerrimo nemico della Giunta attuale, di centrosinistra appunto. L’altra è lobbistica. Sono gli interessi privati del ricco agricoltore, i quali o sono miopi o evidentemente cozzano contro quelli della collettività, del bene pubblico, perché la natura è un bene pubblico mentre per le lobby agricole è mero sfruttamento. Difficile stabilire se all’ambiente ha fatto più danni l’agricoltura o l’industria. Di certo l’industria ha danneggiato quella parte dell’agricoltura che pur è sana e rispettosa. Entrambe quando sono in torto usano le armi del ricatto, a seconda delle opportunità: occupazionale, elettorale e … perfino podistico.
Lino Balza

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