Matteo Renzi e la strategia della “rana bollita”


di Bruno Soro
“Il mutamento sociale è l’effetto dell’aumento uniforme di temperatura della società ad opera dei media” (corsivo nell’originale)
M. McLuhan, Aforismi e profezie, Armando editore, Roma 2011
Il linguaggio metaforico consente di fare allusioni, dire e non dire, lasciando all’interlocutore la libertà di interpretare a suo piacimento il senso della metafora. Il “principio della rana bollita”, è una metafora. Una metafora che viene utilizzata per illustrare la “strategia della gradualità”, ovvero la terza delle dieci regole attribuite al filosofo e linguista statunitense Noam Chomsky, con le quali i media riescono a manipolare il consenso al fine di ottenere il controllo sociale.*
In quest’ottica, la strategia della rottamazione, messa in atto nella campagna combattuta da Matteo Renzi contro Pier Luigi Bersani per le primarie dell’autunno scorso, equivale all’aver immerso la rana in una pentola contenente acqua a 50°: essendo la temperatura dell’acqua percepita come troppo calda, la rana è schizzata via con un balzo repentino. E con quella strategia il sindaco di Firenze ha perso le primarie. Per contro, se avesse applicato la strategia della gradualità, che consiste nell’immergere la rana nella pentola con l’acqua appena tepida portandola pian piano all’ebollizione, la rana non si sarebbe accorta che, gradualmente, sarebbe finita bollita. Ho la netta sensazione, ma essendo solo un’impressione potrei sbagliarmi, che in questi ultimi tempi i suoi avversari politici, siano essi esterni o interni al PD, abbiano messo in atto la strategia della rana bollita contro di lui.  
Molti sono, infatti, i segnali che, da quando Matteo Renzi ha posto la sua candidatura alla
segreteria del PD, alcuni dei suoi più astuti avversari interni hanno avviato la strategia della “bollitura” della rana-Renzi. Conoscendo meglio di lui il funzionamento della macchina-partito (oserei dire come funziona “la politica”), hanno dapprima caldeggiato la sua candidatura, poi, lui complice, hanno cominciato a mistificare la realtà utilizzando la quinta delle dieci regole Chomsky, quella della infantilizzazione. Ad esempio, facendo credere ai militanti e ai simpatizzanti che il “congresso” del Partito Democratico, il cui epilogo avverrà l’8 dicembre prossimo con l’elezione diretta del segretario (che con ogni probabilità sarà lo stesso Matteo Renzi), lo investa automaticamente a leader della coalizione alle prossime elezioni politiche (quando si terranno). Ma le cose stanno veramente così? I suoi avversari interni sanno infatti perfettamente che una cosa è l’essere eletto alla segreteria del partito, altra cosa è uscire vittorioso alle “primarie vere”, quelle, appunto, per la leadership della coalizione. L’esito delle primarie per le elezioni a sindaco di Milano e Genova dovrebbe aver insegnato qualcosa: nessuno assicura che
colui che viene indicato quale il leader del Partito Democratico sarà poi confermato leader della coalizione.
Da un lato, con la finta separazione attuata nel centrodestra, i suoi avversari esterni hanno già messo in atto la loro strategia della “bollitura della rana-Renzi”: la fiducia al governicchio delle larghe intese consente infatti ad Angiolino Alfano e la sua compagine di ministri, nonché alla nuova Forza Italia di temporeggiare, di riorganizzarsi, ben sapendo, forti dell’esito dei più recenti sondaggi, che uniti agli altri loro alleati, vincerebbero le elezioni. E intanto possono procedere liberamente nell’operazione di bollitura della rana puntando, attraverso i media, ad ottenere il controllo sociale con le altre nove regole di Chonsky. Dall’altro, i suoi avversari interni hanno anch’essi già da tempo avviato la loro strategia di bollitura della rana. La battaglia per la conquista del partito da parte di Matteo Renzi ricorda infatti da vicino la vicenda che ha portato Walter Veltroni alla segreteria del PD e subito dopo alla liquidazione del secondo governo Prodi. Tant’è vero che, accortosene, il sindaco di Firenze, segretario in pectore del PD, ha già iniziato a logorare il Presidente del Consiglio in carica Enrico Letta, il quale è a capo di un governo il cui azionista di maggioranza sarà proprio il Partito Democratico del nuovo segretario. E come allora un governo che non piace a nessuno (specie a sinistra).
La storia non si ripete mai nello stesso modo, ma non perdere la memoria dovrebbe servire a non commettere gli stessi errori. Due fatti accaduti in questi giorni non andrebbero ignorati: la solenne stroncatura di Matteo Renzi da parte di Emanuele Macaluso (Quotidiano Net del 24 novembre scorso), leader storico della sinistra nonché amico personale del Presidente Giorgio Napolitano, e il “viaggio in Italia” di Fabrizio Barca, outsider alle “primarie finte”, ma autorevolissimo avversario nell’eventualità di “primarie vere”, poniamo nella primavera del 2015. Non sono affatto sicuro che la rana-Renzi, posto che sopravviva alla bollitura del centrodestra, riesca a prevalere su Fabrizio Barca in una eventuale competizione per la leadership della coalizione. Basta aspettare qualche mese per saperlo. Il tempo che l’acqua nella pentola sociale si riscaldi ancora un po’.
*Navigando sulla rete si trovano molte sintesi delle dieci regole per una strategia del controllo sociale: 1) la distrazione, mediante un profluvio di informazioni irrilevanti; 2) l’occupazione, ossia distrarre creando nuovi problemi; 3) la gradualità, vale a dire l’applicazione del “principio della rana bollita”; 4) il differimento, con annunci a catena; 5) l’infantilizzazione, ossia il trattare i cittadini come bambini neanche troppo intelligenti; 6) lo sfruttamento dei registri emotivi piuttosto che quelli della razionalità; 7) l’esaltazione dell’ignoranza e della mediocrità; 8) il far credere che sia di moda essere mediocri; 9) la stimolazione dell’autocolpevolizzazione; 10) la conoscenza degli individui migliore di quanto loro stessi non si conoscano.  

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