Cittadella e forti militari: Alessandria chiama Parigi! [La coda dell'occhio]


di Paolo Zoccola
Il dibattito sulla Cittadella si è fatto vivace in seguito al sasso nello stagno gettato dal Demanio. Visto che tanti dicono la loro approfitto di questa coda per dire la mia, anzi per ripetere il ragionamento che da più di quindici anni vado ripetendo a chi abbia la pazienza di ascoltarmi. Sperando che avessero ragione i latini: "repetita juvant".
La Cittadella non è un unicum, ma è stata pensata e vive insieme con il sistema dei forti che garantivano la sicurezza di Alessandria: Acqui, Guercio, Polveriera. Si tratta di un sistema difensivo che non ha paragoni o almeno ne ha, che io sappia, uno solo: quello di Parigi che per altro è scarsamente visibile perché ormai integrato nella crescita dei quartieri periferici.
Ma ciò basta - credo che concorderà anche l'alessandrino parlamentare europeo Tino Rossi che giustamente ha puntato sui fondi messi a disposizione da Bruxelles – per mettere insieme un progetto culturale europeo.
Ogni altra ipotesi è destinata a naufragare per l'assoluta incapienza dei bilanci degli enti pubblici interessati alle cifre necessarie per un risanamento anche limitato. I tetti si misurano a ettari e abbiamo visto quali danni può causare una semplice infestazione arborea. Pensiamo solo ai costi per la messa in sicurezza dei locali secondo i detttami delle leggi vigenti. Impossibili da affrontare!
Ma anche per mettere in piedi un progetto europeo le forze degli enti locali non bastano. Bisogna costruire una cabina di regia regionale e nazionale che sappia coinvolgere i paralleli livelli francesi, con a capo una persona di altisima cultura manageriale, italiana o transalpina non importa.
Un progetto simile è quello che ha permesso di restaurare le reggie sabaude e non vedo perché un unicum mondiale dell'architettura militare di tutti i tempi non debba meritare la stessa attenzione.

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