I bambini non giocano più, di Marcello Comitini

 

I bambini camminano eretti
come piccole statue di creta,
non sanno, tra loro non giocano più
al parco con la palla e il cerchio
non guardano i prati, le rose, i merli
il sole che scherza con le foglie.
Hanno un tepore di luce che li precede,
un disinganno che spegne la luce.
Un po’ spauriti un po’ spaventati
dai silenzi e dalle discordie
che si avventano dalle labbra degli adulti
come streghe nelle notti di halloween
con bastoni di cuoio e mani adunche.
Conoscono le solitudini, sì le conoscono,
sanno d’essere comandati
giorno per giorno da più alti livelli
come nei video giochi
che li fanno soffrire e gioire.
Coccolati o dimenticati
tra le mura di casa
lo apprendono nelle piscine, nei teatri di danza
dove sono condotti per conquistare
capacità impensabili, desiderate dagli altri.
Accompagnati per mano dalla paura
crescono e pensano
di non essere capaci d’amare, preferiscono
amicizie lontane, toccare il corpo dell’altro
quando il desiderio li brucia
o lo sognano nudo tra le braccia
attraverso un video rubato
e poi lo sbranano con urla e ricatti.
Una generazione che pullula davanti ai bar
con una bottiglia in mano e tante risate.
Intende resistere con noncuranza alla trappola
che inesorabile inghiotte da sempre
giovane dopo giovane lo trasforma in adulto
lo chiude tra le sbarre dorate del dovere.
I bambini lo sanno, camminano eretti
come piccole statue. Non giocano più.

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