La “cosa dei cattolici”, di Agostino Pietrasanta

La “cosa dei cattolici”, di Agostino Pietrasanta


Alessandria: Se mi permettessi di scherzare direi “…tanto tuonò che piovve”. Mi riferisco all’iniziativa di un gruppo considerevole di militanza cattolica o anche ecclesiale che, con Stefano Zamagni, a fine ottobre, hanno stilato un manifesto in cui si “auspica la nascita di una forza politica che si qualifichi di centro e si ispiri a principi e valori della civiltà cristiana”. Dico “tanto tuonò che piovve” perché da svariati mesi o qualche anno, torna la questione di un partito “dei cattolici” e, nei tempi più recenti, il Presidente della CEI insiste per suscitare un’iniziativa di presenza che superi l’irrilevanza dei cristiani nella costruzione della città dell’uomo. Probabilmente il card. Bassetti vorrebbe capire che fine ha fatto l’indicazione del magistero conciliare e post/conciliare sull’obbligo morale dei laici nel campo della politica e sull’indole secolare specifica del loro operare.
Tuttavia nel manifesto “Zamagni” si precisa che, per ora, non si tratta ancora  di formare un partito di tipo convenzionale, né tanto meno di riprendere (mi permetterei di aggiungere) inutili malinconie democristiane.
Ora, senza pretendere di dire tutto ciò che mi premerebbe (non la pretendo a tuttologo), mi permetto qualche osservazione.
Intanto l’espressione usata nel titolo suggerisce qualche precisazione di dissenso; se l’ho usata è perché commentatori e editorialisti autorevoli spesso la usano, ma il dire “dei cattolici” non rispetta la tradizione del cattolicesimo politico e democratico in specie, dove si è sempre usata al formula “di cattolici”. Ora la tradizione certo non lega nessuna, ma impone rispetto, soprattutto se attiene una componente laica e profana della sua filosofia di fondo. “Di cattolici” costituisce una scelta non identitaria e esclusiva; “dei cattolici” creerebbe al riguardo (e in certi passaggi ha creato) qualche problema.
Tuttavia ci sono problemi ben più rilevanti. Intanto una presenza di “ispirazione cristiana” nel temporale “che si qualifichi di centro” si realizza, salvo novità straordinarie che non vedo in orizzonte alcuno, in continuità con una forma di liberal/democrazia contaminata in senso fecondo con una proposta di cattolicesimo democratico che mi farebbe pensare a una “terza via”, ben nota” alla vicenda politica della nazione. E si tratta di percorsi del tutto rimossi se non devastati dalle forme di comunicazione e dalle derive sociali e economiche in corso; ancor più dalle cadute ideali intervenute.
Ancora. Io non vedo la presenza di un associazionismo capace di dibattere le questioni prepolitiche indispensabili a un programma di una “qualunque forza politica di ispirazione cristiana”, anche se non si vuole usare il termine partito. Insomma mancano quei corpi intermedi che hanno costituito l’ossatura costitutiva dei partiti di massa. L’associazionismo ecclesiale, nel nostro caso, è stato rimosso o abrogato in favore di un movimentismo di presenza sempre indirizzato a una conquista istituzionale del potere; movimentismo valoroso sul piano della ripresa degli ideali cristiani, ma mai disponibile alla legittimazione del confronto dialettico tra le parti, nella costruzione delle realtà temporali.
Non basta. Ci si lamenta (a giusta ragione) perché una larga maggioranza di cattolici non partecipa neppure alle elezioni, contribuendo, in modo determinante all’astensionismo elettorale. Il fatto è che, per troppo tempo, “i puri e buoni cattolici” hanno predicato la sufficienza del volontariato. Ora, non si fraintenda: il volontariato resta un capitolo costitutivo dell’azione dei cattolici (e non solo dei cattolici) e costituisce anche una soluzione, oggi indispensabile a troppe derive o inadempienze istituzionali; però non sostituisce tutta la dinamica delle proposte di una politica capace di avviare una dialettica democratica fondata sulle culture e sugli ideali di varia ispirazione.
Mi chiedo infine. Capisco che troppi cattolici sono attratti dalle scappatoie di una difesa a oltranza del privilegio contro il “diverso” (e questi a votare ci vanno, soprattutto per Salvini), ma quali iniziative di formazione sono ancora in corso, quali scuole di politica pensano ancora a un indirizzo che possa supportare “…la nascita di una forza politica di centro che si ispiri a valori della civiltà cristiana”? Quali scuole pongono in essere una formazione di solidarietà a fronte di un quadro come quello posto in essere dai fenomeni della globalizzazione? Troppo a lungo e per qualche decennio si è insinuata l’idea che di formazione politica non fosse più necessario pensare e parlare, grazie a interventi diretti e surrettizi di una presenza ecclesiastica che rimuoveva o abrogava l’autonomia dei laici. E, aggiungerei, di laici che della succitata autonomia erano scarsamente capaci o interessati.
Ora facciamo pure manifesti, ma se non si sciolgono questi e altri nodi non c’è via d’uscita. Converrà discuterne; per parte nostra, se i lettori ci aiuteranno, criticando, ma anche proponendo, cercheremo di dare un qualche modesto contributo.
P.S. Un nostro puntuale lettore mi ha rimproverato per non aver trattato dei tre vigili del fuoco, morti dell’adempimento del loro dovere. Rimprovero legittimo e corretto, dal momento che non ha posto in discussione una nostra linea redazionale, né si è espresso in anonimato, ma con adeguata sottoscrizione. E merita una risposta, anche se non dovesse incontrare il suo soddisfacimento.
Ci sono due ragioni: una semplice e una un po’ più complessa. La semplice: il blog è supportato da un “piccolo gregge” che non può fare tutto e non riesce a seguire tanti eventi e non solo quello che sta a cuore a chi ci critica e sta a cuore anche a noi; purtroppo alle molte intenzioni, spesso difetta la capacità. Confessione, in piena regola.
La più complessa: si poteva metter qualche riga (tale l’espressione del lettore) di denuncia e di sdegno per quanto avvenuto, qualche riga di partecipazione al dolore di tante persone. Certo, si poteva e forse avrei potuto farlo, ma non avrei che ripetuto ciò che da ogni parte veniva detto, avrei aggiunto e solo aggiunto; mi dispiace non averlo fatto. Tuttavia di certi eventi, nel nostro limite,vogliamo cercare le cause di contesto, le coordinate di lungo periodo, le derive di una cultura e di una mentalità. Lo faremo con la dovuta calma e in relazione a tante derive che ogni giorno si verificano. Se l’anagrafe ci concederà le proroghe che anche personalmente desidero.

Una piccola critica però farei anch’io. Perché l’appunto, in fondo a un articolo che non aveva attinenza alcuna? Perché il lettore non ha usato altra via? Scrivere lui, accettando la proposta che altra volta gli ho espresso? L’invito, ovviamente è sempre valido.

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