Superare le letture estremiste (serve la presenza cattolico democratica) di Carlo Baviera

Superare le letture estremiste (serve la presenza cattolico democratica) di Carlo Baviera


Si è notato, nei commenti post elettorali (ormai dal 26 maggio sembra trascorso un secolo) , fra le tante cose suggerite dal voto, che si stanno affermando letture della realtà socio-politica (e comportamenti conseguenti) radicalmente opposte tra loro: quella che potremmo definire laicista e di contro quella di un cattolicesimo integralista o tradizionalista. Con un esito divergente (o strabico): la società civile vive e si comporta ormai “come se Dio non esistesse” o comunque non preoccupandosi molto delle indicazioni morali e religiose; mentre nell’espressione di voto la stragrande maggioranza degli italiani sceglie partiti che (a parole o nell’uso dei simboli) indicano il ritorno a valori religiosi, all’identità della fede, alle tradizioni e alle radici cristiane come fondamento della difesa dell’identità nazionale e culturale.   Manca (oppure non viene messo sufficientemente in luce dai media) il pensiero della cultura cattolico-democratica.
E la lacuna, a mio parere, non è stata colmata neanche con la nascita della renziana Italia viva. Che non significa che serva un partito confessionale o il ritorno a presenze pubbliche identitarie.
Sugli aspetti richiamati è da sottolineare un contributo, non marginale, che il sociologo Mauro Magatti ha scritto il 30 maggio sul Corriere. Sosteneva Magatti, riferendosi anch’egli al bacio del crocefisso da parte dell’ex Ministro dell’Interno la sera del successo elettorale, per chiedere l’aiuto celeste per il bene dell’Italia (cose che neanche La Pira si sarebbe permesso! Infatti era La Pira – ndr), che “Se non si vuole finire prigionieri dello schema di gioco proposto dai sovranisti – limitandosi tutt’al più all’indignazione – occorre una riflessione più attenta sul ruolo della religione nella sfera pubblica contemporanea”. Infatti per Magatti “Se non si vuole che nei prossimi anni l’intero progetto europeo frani sotto i colpi di interessi nazionali divergenti (innervati dalle diverse tradizioni religiose) è venuto il momento di aprire una discussione franca sull’idea di modernità europea, sui suoi cardini antropologici e spirituali, sugli obiettivi di senso che possono renderla distintiva riconoscibile davanti agli occhi dei suoi cittadini e del mondo intero. Una riflessione che non può essere sviluppata e sostenuta esclusivamente a livello politico, ma che deve riguardare e coinvolgere piani diversi della società civile. A cominciare da quella religioso”.
Perché questa osservazione? Perché, secondo il sociologo, oggi  non solo nel nostro Paese ma soprattutto in Europa “Sul tema tendono a scontrarsi le due posizioni classiche. Da un lato, quella laico-progressista che vorrebbe collocare la religione unicamente nel piano privato. Insofferente nei confronti di uno sguardo diverso (non scientifico) sulla realtà e delle interferenze di un potere irriducibile a quello politico, questa posizione sottovaluta la natura e il ruolo delle religioni organizzate nella vita sociale contemporanea. Dall’altro lato, si hanno le destre conservatrici che, oggi come in passato, cercano di strumentalizzare i riferimenti religiosi per ampliare il proprio consenso: in cambio della legittimazione sociale della religione (che si traduce poi in sostegno economico e culturale) la politica ottiene il via libera sulla gestione del potere”. Qui ci stanno i Bannon, e le cosiddette <democrazie illiberali> dell’est che vorrebbero difendere la cultura e la presenza religiosa di ogni popolo chiudendosi in sé stessi o evitando le contaminazioni delle società aperte.
Si osserva che “All’inizio del XXI secolo, rimanere prigionieri di questo dualismo è un errore. Dal lato della politica, è oggi evidente che la riduzione privatistica della religione è del tutto irrealistica” perché non si terrebbe conto che le formazioni religiose, attraverso la loro presenza e il loro impegno, aiutano a dar corpo e sostanza a quel tessuto civile che aiuta la democrazia nel difficile processo di elaborazione delle posizioni sui grandi temi di interesse collettivo: la questione ambientale, quella delle migrazioni, i limiti da porre eventualmente alla tecnica, la gestione dei conflitti e la costruzione della pace. Mentre “Dal lato della religione, il contrasto alle forti spinte della secolarizzazione non può che avvantaggiarsi dal superamento dello schema religione=tradizione” (Segnalo solo che il Sinodo sull’Amazzonia esce da questo schema).
Perciò anche le Chiese (e nel nostro caso le comunità cattoliche, i cosiddetti praticanti) è necessario che si pongano le domande “la questione in campo oggi non è forse il contributo che le chiese possono dare all’idea di una Europa che, unita, voglia attraversare il XXI secolo? I temi della libertà religiosa, della dignità della persona e della vita, della ecologia integrale non possono costituirsi come fattori qualificanti per far crescere una comune coscienza europea capace di tenere insieme storie e tradizioni differenti?”Addirittura c’è da chiedersi se il percorso di riavvicinamento tra le diverse confessioni cristiane e il dialogo interreligioso non costituiscano un ingrediente necessario ai fini della unificazione politica. Tutti temi che richiedono un cattolicesimo moderno, all’avanguardia, non acquattato sulle paure o sulle identità da difendere.
E’ per questo motivo che nella politica, ma soprattutto all’interno della Chiesa, fra coloro che sono più impegnati e fra lo stesso clero, pare mancare una lettura degli avvenimenti e delle possibili risposte necessarie per affrontare la complessità del nostro tempo, il “cambiamento d’epoca”, le sfide della globalizzazione e della secolarizzazione, con uno stile (la lettura degli avvenimenti) della mitezza e della mediazione. Manca una presenza significativa di quel cattolicesimo democratico che è stato l’architrave della presenza politica più originale del popolarismo nell’antifascismo e nella resistenza prima, nella ricostruzione del Paese e nell’affermazione di un regime democratico poi
Dopo un periodo post-conciliare che sembrava caratterizzato dal rilancio di proposte, di attenzioni, di iniziative di rinnovamento del laicato e della sua azione a tutti i livelli, ci si è pian piano ritrovati sospinti verso la marginalità mentre prendevano piede movimenti più propensi a battere sull’identità e sulla difesa integralista dei valori. La scelta di andare allo scontro referendario sul divorzio fu il primo passo. Di lì venne meno, poco alla volta la fiducia nel partito di riferimento di molti credenti e nei politici appartenenti a quel soggetto politico, ritenuti incapaci di difendere i valori non negoziabili.
Pur crescendo l’attenzione e la sensibilità (soprattutto giovanile) rispetto alla “mondialità” e alle povertà del Terzo e Quarto Mondo, tanti praticanti si sono rifugiati in una religiosità più intimistica quando non vicina ad un devozionismo quasi scaramantico. Le discussioni e i confronti sulla Dottrina Sociale e sulla presenza laicale nelle vicende pubbliche è stata lasciata a sé o a movimenti che in modo integralistico hanno dato battaglia su temi delicati, quali la famiglia e la vita. Non si è più accettata la posizione della ricerca del bene possibile e delle mediazioni. E d’altra parte molti si sono trovati spiazzati dalle evangeliche e pungolanti posizioni di Papa Francesco su lavoro, migranti, economia, finanza: spiazzati al punto da cercare protezione e sicurezza in chi promette di difendere la nostra civiltà e la nostra Patria dalle <invasioni migratorie>.
Mancando i soggetti di intermediazione che un tempo assicuravano contro i radicalismi (partiti, associazioni di formazione, esperienze di partecipazione), anzi amplificandosi lo spazio dei social dove si sparano fake news e il pensiero di un ubriaco vale quanto quello di un premio Nobel, qualcosa si dovrà pur pensare e realizzare per invertire la rotta. Una di queste è forse il ritorno di una presenza organizzata (o più coordinata) del cattolicesimo democratico; che questo possa anche diventare partito o solo “area culturale” all’interno di altre forze si vedrà, ma è sempre più urgente rimetterlo in vita!

Vale per l’Italia, ma non di meno vale per l’Europa dove il cattolicesimo democratico mi sembra altrettanto <irrilevante> nella proposta e come riferimento per i cittadini.

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