Il Secolo XIX: L’accusa per il sanitario allora in servizio a Cuneo: omicidio colposo. Ha scelto il rito abbreviato

Il Secolo XIX: L’accusa per il sanitario allora in servizio a Cuneo: omicidio colposo. Ha scelto il rito abbreviato
barbara morra 16 OTTOBRE 2019 https://www.ilsecoloxix.it


Era andata al Pronto soccorso dell’ospedale di Cuneo con forti dolori all’addome. Il medico che la visitò le diagnosticò una gastroenterite e la rimandò a casa con l’indicazione di tornare se il male fosse continuato. Daria Aime, 39 anni, impiegata di Castelletto Stura, morì alle 21 e 10 di quello stesso giorno. Per questo il tribunale di Cuneo (il giudice per l’udienza preliminare è Alberto Boetti) ha condannato Marco Versiero, 39 anni, di Cuneo, all’epoca medico al «Santa Croce», per omicidio colposo. La pena è di cinque mesi e 10 giorni di reclusione.
Il giudice ha anche stabilito che l’imputato dovrà versare alla famiglia della donna 720 mila euro di risarcimento danni a titolo di «provvisionale», cioè come anticipo sul totale dell’indennizzo. Costituiti parte civile, con l’avvocato Alberto Leone, erano i genitori, fratello e sorella della vittima, tutti conviventi.
Era il 5 gennaio dell’anno scorso e Daria Aime venne accompagnata dal padre all’ospedale di Cuneo. Erano le 5 e la donna soffriva di forti dolori addominali e vomito. Il male era cominciato dalla bocca dello stomaco e si era esteso a tutta la pancia da circa un giorno.
In Pronto soccorso il medico fece fare degli esami del sangue che, si legge nel capo di imputazione, «evidenziavano un aumento della proteina C reattiva, importante indice di flogosi (infiammazione ndr.)». Per l’accusa il medico avrebbe dovuto valutare diversamente i crampi addominali della donna che erano intermittenti e presenti da oltre ventiquattro ore. In più il procuratore Onelio Dodero ha sostenuto che doveva essere tenuto in debito conto che Daria Aime, in precedenza, era stata sottoposta a un intervento chirurgico addominale, seppure si trattasse di un’operazione avvenuta circa vent’anni prima.
Per l’accusa Versiero avrebbe dovuto quantomeno disporre un esame radiografico e trattenere la donna in osservazione invece di dimetterla alle sette e mezza della stessa mattinata pur specificando di tornare in Pronto soccorso se il dolore non si fosse attenuato.
Daria Aime morì poco dopo le 21, a casa. Dall’autopsia emerse la presenza di un «volvolo intestinale», cioè una parte dell’intestino attorcigliata su sé stessa.

Il medico accusato ha scelto il rito abbreviato. La condanna tiene conto dello «sconto» di un terzo della pena previsto da questo tipo di rito. «Prendiamo atto di questa sentenza e aspettiamo le motivazioni per poterla impugnare – dichiarano gli avvocati Vittorio Sommacal e Francesca Quaranta, difensori del medico -. Questo perché i periti nominati dal giudice hanno concluso tutti per una mancanza di responsabilità da parte del dottor Versiero».

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