IL FERMATEMPO, di Gregorio Asero

IL FERMATEMPO, di Gregorio Asero




Mi domando sempre perché il tempo non ha mai la stessa durata. Mi spiego: qualche giorno fa ho incontrato il figlio di un mio amico che non vedevo da molti anni.
«E tu saresti Luca, il figlio di Roberto? Ma quanti anni hai? Ma come passa il tempo! Mamma mia quanto sei alto! Ti ricordavo che andavi ancora alle elementari. Mamma mia! Che giovanotto che sei diventato!» E via di questi modi di dire, giusto per dimostrare il mio stupore.
«Buongiorno signor Gregorio, si sono Luca il figlio di mio papà» Evidentemente era imbarazzato nel rispondere e non sapeva cosa dire, altrimenti non mi avrebbe detto che era il figlio di suo papà. L’educazione dei suoi genitori chiaramente gli imponeva di essere corretto e rispondere alle domande dei grandi. Voglio dire: è pazzesco come volano gli anni, mi sembrava ieri che ero andato in ospedale a trovare la partoriente e oggi mi ritrovo un ragazzotto quasi più alto di me (oddio, non è che ci vuole poi molto a essere più alto di me, ma è un modo di dire per rimarcare, in genere, come crescono i nostri figli). Poi mi sono chiesto perché il tempo cambia velocità, nel senso che, quando ero bambino, sembrava che le scuole non finissero mai, che mai cominciassero le vacanze, e adesso quando c’è una fattura da pagare, o qualche bolletta del metano o della luce, il tempo della scadenza arriva sempre troppo presto. O forse la “famosa” prospettiva dalla quale guardiamo il mondo ci fa sembrare che il tempo abbia velocità diverse. Mi domando: perché invece di inventare i “passatempo”, non inventano i “ferma tempo”?
gregorio asero

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