Mai senza i volti e le storie (impressioni a caldo dalla Settimana Sociale) Roberto Massaro

by, Roberto Massaro
Dell’ultima Settimana Sociale, svoltasi a Cagliari dal 26 al 29 Ottobre, molte cose sono già state scritte su questo blog dall’amico Carlo Baviera. Tenterò quindi di comunicarvi la lettura di questo evento ecclesiale “visto da dentro”, dalla parte di chi vi ha partecipato direttamente. Innanzitutto qualche dato.
Erano presenti 80 vescovi, 190 sacerdoti e quasi ottocento delegati laici provenienti da ogni diocesi d’Italia compresi quelli di associazioni e movimenti ecclesiali e di categoria.
Quattro giornate intense ma positive ritmate dalla preghiera comune e dalle meditazioni sul valore del lavoro nella Bibbia, dall’ascolto dei drammi e delle criticità del mondo del lavoro, dall’incontro con le buone pratiche, dal dialogo condiviso in 90 tavoli composti da 10 delegati (vescovi, sacerdoti e laici insieme), dal confronto aperto con i ministri Poletti e De Vincenti e il sen. Sacconi, Presidente della Commissione Lavoro del Senato, dalle proposte consegnate al premier Gentiloni e al presidente del Parlamento Europeo Tajani.
Quattro sono stati i registri sui quali si è sviluppata la Settimana Sociale : la denuncia, l’ascolto e il racconto, l’atlante delle buone pratiche, le proposte responsabili e coraggiose.
Quattro i linguaggi comunicativi utilizzati : le foto (una mostra itinerante dedicata al lavoroche non vogliamo), il cinema (il film-reportage sul lavoro che vogliamo) , le esperienze di vita, le parole dette e scritte.
Quattro gli aggettivi che ci hanno accompagnato: “Il lavoro: LIBERO, CREATIVO, PARTECIPATIVO, RESPONSABILE”. Solo le persone possono portare nel lavoro libertà, creatività, partecipazione, solidarietà. Da qui la necessità di investire sulle persone e la richiesta che il capitale e le banche siano al servizio del lavoro.

Quattro le sfere delle proposte: la centralità della formazione, i nuovi lavori, i nuovi modelli di vita, la strategicità dell’Europa.
Sempre sono state presenti dinanzi ai nostri occhi i volti delle persone: di chi non ha lavoro, di chi non lo ha più, di chi rischia di perderlo, di chi ha un lavoro precario o non degno perché incapace di sostenere il costo della vita e della famiglia.
C’è una “precarietà immorale e che uccide” (messaggio video di Papa Francesco). Un denuncia forte: di precarietà si muore nei campi vittime della nuova schiavitù del caporalato, nella tratta degli essere umani, o cadendo da un’impalcatura dove ti hanno mandato senza nessun dispositivo di protezione; ma si muore anche un po’ per volta dentro l’anima quando, concluso il ciclo di studi, un giovane è costretto a lasciare la propria terra per cercare fortuna altrove, talvolta all’estero, e tutti i suoi sogni di formare una famiglia con figli si infrangono contro le tante porte sbattute in faccia. La precarietà è immorale perché non permette di guardare oltre un orizzonte breve, perché lavori qualche giorno ogni tanto oppure perché, sebbene tu sia occupato, all’improvviso puoi diventare un esubero e non venire più considerato una persona ma una riga di costo in un bilancio. Ma c’è anche una precarietà che mina la vita familiare e sociale quando sul posto di lavoro viene richiesta la massima disponibilità, senza limiti di orario e senza rispetto dei tempi del riposo settimanale.
Questi volti e queste storie sono state il cuore della Settimana Sociale.
Su questo sfondo è stata disegnata la trama delle giornate sempre iniziate con la meditazione sulla Parola di Dio a ricordarci che le Settimane Sociali sono essenzialmente un evento ecclesiale.
Sono intervenuti l’economista Luigino Bruni sul libro del Qohelet, la biblista Rosanna Virgili sul libro della Genesi e il segretario della CEI, Mons. Galantino, durante la liturgia eucaristica di Domenica 29/10.
L’attenzione dei partecipanti è stata richiamata in particolare sul tema della denuncia, quando il lavoro non è per la vita ma per la morte. Intensa ed emozionante la testimonianza di Stefano Arcuri marito della bracciante Paola Clemente, morta a 49 anni mentre lavorava per due euro all’ora all’acinellatura dell’uva nelle campagne di Andria, vittima dell’inaccettabile pratica del caporalato. Ciò che ancor di più deve indignare è constatare che, nonostante l’approvazione di una legge sul contrasto al caporalato ( la nr 199 del 2016), ancora oggi, ogni notte, tanti camion passino lungo le strade a raccogliere donne e uomini, il larga misura immigrati, da portare nei campi. Sottoposti a lavori faticosi, con turni molto lunghi e salari molto bassi, vivono spesso in accampamenti, veri e propri ghetti lontani dai centri abitati, dalle condizioni igieniche precarie e sono molto spesso vittime di intimidazioni, maltrattamenti e abusi. Non basta ci sia una legge: è necessario rafforzare i controlli e soprattutto dare sostegno e nuove risorse agli enti deputati alla prevenzione e alla repressione di questa moderna e odiosa forma di schiavitù.
Nell’appuntamento di Cagliari i 90 tavoli hanno lavorato per approfondire e offrire suggerimenti per risolvere la piaga della mancanza di lavoro, di un lavoro degno nel nostro paese.
L’incontro e il confronto libero tra vescovi, sacerdoti e laici ha consentito anche di mettere a fuoco quanto c’è ancora da fare nelle comunità cristiane e quante contraddizioni siano ancora presenti nelle pratiche ordinarie di tante Diocesi. Prima di ogni azione sociale c’è uno spessore ecclesiale da vivere. La pastorale delle Chiese locali non può ridursi a liturgia, catechesi, processioni e benedizioni. L’opzione della Chiesa per i poveri è un dettato evangelico centrale nella prospettiva che nasce da questa settimana sociale. La Chiesa deve continuare e rafforzare l’investimento di risorse proprie, anche dismettendo parte del proprio patrimonio per promuovere la nascita di nuovo lavoro e valorizzare i giovani. Eppure quante case, il più delle volte proprietà degli ordini religiosi ormai svuotate dalla mancanza di vocazioni, vengono gelosamente trattenute anziché essere messe a disposizione per nuove imprese sociali! “ Quante parole… senza amore che impegna, quante liturgie … senza un amore che si spende davvero” ci ha ricordato Mons. Galantino.
L’incontro con le buone pratiche, per il nostro gruppo, è stata la visita di un Open Campus presso la sede di Tiscali. Questa società di telecomunicazioni, nata nel 1998, ha vissuto all’inizio un momento di progressivo successo ma poi ha visto le ombre della crisi abbattersi pesantemente su di essa . Nonostante questo oggi Tiscali ha aperto presso la propria sede di Cagliari un coworking space dedicato alle startup digitali e a tutti gli innovatori. Una community aperta che promuove la collaborazione, la cultura digitale e lo spirito d’impresa con la missione di fare della Sardegna un’isola digitale. Open Campus è uno spazio aperto 24 ore su 24, dispone di una connettività in grado di soddisfare qualsiasi esigenza e una serie di servizi che permettono di dedicarsi al proprio progetto con la massima professionalità.

Concludendo è utile ricordare che solo altre due volte (oltre a questa) la Settimana Sociale era stata dedicata al tema del lavoro: nel 1945, alla vigilia della scrittura della Carta Costituzionale che avrebbe messo il lavoro a fondamento della Repubblica e nel 1970, anno che vide la promulgazione dello Statuto dei lavoratori. Le settimane sociali sono nate per affrontare e possibilmente contribuire a risolvere i problemi, non per studiarli e basta. Sono una forma privilegiata di “Chiesa in uscita”, di “Chiesa con il grembiule”.
“Oggi, 2017, si tratta di proporre all’Italia di stipulare un grande patto intergenerazionale basato sulla rinnovata centralità del lavoro degno così da far emergere il “bene comune” (vero e proprio inter-esse) che lega anziani e giovani: l’avvio di una stagione qualitativamente diversa di sviluppo (basata sulla centralità del lavoro) a vantaggio delle giovani generazioni come condizione per la sostenibilità della protezione degli anziani (che vivono più a lungo). Una opportunità che richiede la creazione di nuovi strumenti (finanziari, fiscali, contrattuali, etc.) per mettere in gioco Il patrimonio (cioè il dono-del-padre) mobiliare e immobiliare accumulato in favore della ripartenza delle giovani generazioni.
Una questione che deve riguardare le famiglie, ma anche le imprese, le associazioni, lo stato, la chiesa.
Ecco dunque cosa ci chiede l’arrivo di una nuova primavera: tornare a seminare con speranza e larghezza così da poter sperare di raccogliere, a suo tempo, frutti buoni. La primavera si annuncia, come suggeriscono i segni dei tempi. Ma, come altre volte in passato, senza il contributo coraggioso della radice cattolica il paese non ce la farà. È questa la responsabilità da assumere: L’umanesimo della concretezza è, oggi come ieri, il codice più appropriato per ricomporre fede e storia”. (Conclusioni di Mauro Magatti, segretario del Comitato scientifico)
Cagliari è stata solo una tappa intermedia tra il percorso preparatorio che ha portato alla raccolta delle buone pratiche e il percorso futuro. Ora inizia, in ogni territorio, il dopo Cagliari.





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