La mano contro il fratello

Lost Eden Gazette
dal nostro inviato, notte dei tempi
Un fatto increscioso, inaudito. Un evento mai accaduto prima, inconcepibile per una mente umana, si è verificato nei campi attorno a Lost Eden; un "omicidio". Non c'è altro modo di chiamarlo, il vostro giornalista ha dovuto arrovellarsi il cervello per coniare questo neologismo. Mai si era vista tanta ferocia, mai era stato sparso sangue umano in questa desolata terra che ci è toccato abitare dopo Eden.
Uno scorbutico contadino, Caino, nato proprio in questa zona, ha ucciso - rabbrividisco nel pronunciare questa parola riservata fino ad oggi agli animali - ha ucciso un povero pastore, Abele, che tra l'altro gli era fratello (del resto siamo tutti parenti in questo villaggio dimenticato da Dio).
Caino, secondo il Giudice che ha istruito l'inchiesta, avrebbe premeditato l'omicidio: testimoni hanno confermato di averlo udito profferire, rivolto al fratello, l'invito "Andiamo in campagna". L'ingenuo Abele, forse convinto di recarsi a un pic-nic o a una festa danzante nei campi, ha seguito l'uomo che lo avrebbe portato a morte. In una località isolata, Caino, lo colpiva sulla testa con una pesante e affilata zappa, uccidendolo sul colpo.
Sui motivi che hanno condotto l'omicida al gesto, il Giudice, interrogato l'imputato, ha potuto confermare che tra i fratelli esistevano dei dissapori, risalenti alla presunta taccagneria di Caino e all'invidia nei confronti di Abele, benvoluto per le sue ricche offerte religiose. 

Questi era infatti solito offrire gli agnelli primogeniti del suo gregge, mentre Caino dava solo qualche frutto avariato del suo orto, poca cosa. Questione irrilevante, certo, ma una vera e propria ossessione per l'omicida, che ne ha fatto un rovello, divenuto causa scatenante della tragedia.
Subito dopo il fatto, la Gendarmeria, allarmata per la scomparsa di Abele, ha avviato ricerche su vasta scala che hanno in breve condotto a Caino (del resto, siamo così in pochi, in questo paese). L'imputato si è subito mostrato nervoso e si è prodotto in risposte arroganti che hanno insospettito gli inquirenti. Dal verbale, alla domanda su dove fosse Abele risulta la seguente risposta: "Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?".
Il processo è stato rapidissimo, nonostante la novità dell'imputazione. Il Giudice Unico e Supremo ha stabilito una pena consona: la maledizione perpetua con la pena accessoria dell'esilio nel paese di Nod, nella regione posta a oriente di Eden. Il Giudice ha altresì disposto l'inviolabilità della persona di Caino: non sia mai che qualcuno lo ammazzi evitandogli di scontare la giusta pena.
2009

PAOLO GUIDOTTI, “CAINO E ABELE”

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