Le lettere d’amore del giovane Obama alla fidanzata bianca del college

Nei testi le passioni e tutti i dubbi per la relazione a distanza con Alexandra
AP
Ex fidanzata. Alexandra McNear ha donato la sua corrispondenza con Barack Obama alla Emory University 
di Atlanta

da: http://www.lastampa.it/ Pubblicato il 20/10/2017
PAOLO MASTROLILLI INVIATO A NEW YORK
«Cara Alex, la tua telefonata mi ha dato una spinta. Ascoltare la tua voce è stato come riscoprire un passaggio di un libro che avevo letto qualche tempo fa».  
Le nove lettere di Barack Obama alla sua fidanzata nell’epoca del college, Alexandra McNear, che la Emory University di Atlanta ha ottenuto e tolto per sempre dall’ombra dell’intimità, rivelano già il carattere di quello che sarebbe diventato il primo presidente nero degli Stati Uniti. 
Risalgono al periodo che va dall’autunno del 1982 alla primavera del 1984. Barack si è trasferito alla Columbia University di New York, e dalla sua casa sulla 114 a strada si rivolge alla ragazza che è stata il suo primo amore adulto: «Sembra che noi due vorremo sempre quello che non possiamo avere. Questo è ciò che ci unisce. Questo è ciò che ci separa». La distanza sta uccidendo la passione, e Obama se ne rende conto: «Sono certo che sai quanto mi manchi, che la mia preoccupazione per te è vasta come l’aria, la mia fiducia in te profonda come il mare, il mio amore ricco e pieno». Ma conservare una relazione lontana «richiede un po’ di sudore. Come una buona partita di basket. O un bel ballo. O fare l’amore». Perciò «ti penso spesso, ma resto confuso riguardo i miei sentimenti».

Le lettere sono poetiche, quando ricorda il tempo passato insieme: «Un ragazzo nero con un braccio dietro alla testa, che guarda il soffitto con gli occhi umidi, e una giovane donna bianca che riposa la sua testa sul suo braccio, separati nell’occhio del ciclone». Ma anche pratiche, ad esempio per il problema dei soldi: «Una settimana non riesco a pagare il francobollo per spedire un curriculum, e quella dopo devo far respingere un assegno per affittare una macchina da scrivere». Sempre molto cerebrali. L’università, ad esempio, è un’esperienza contraddittoria: «Scuola. Fluttuo fra una incontenibile curiosità, e una pesante, inerte noia». Si sente confuso: «La mie idee non sono più cristallizzate come quando andavo a scuola, ma hanno più immediatezza e peso, che potrebbero risultare utili quando sono più partecipe e meno osservatore esterno». Avverte l’isolamento e il pregiudizio razziale: «Preso in mezzo senza una classe, una struttura o una tradizione che mi sostenga, in un certo senso la scelta di intraprendere un cammino differente è fatta per me».  

Si intuiscono da queste parole la sua differenza, la riflessività, la disponibilità all’ascolto degli altri che poi segneranno la sua presidenza: «L’unica maniera per attutire i miei sentimenti di isolamento è assorbire tutte le tradizioni, le classi, farle mie, e offrire me stesso ad esse. Prese separatamente, sarebbero inaccettabili e insostenibili. Non distinguo tra la lotta con il mondo e con me stesso». Denuncia come gli occidentali hanno soggiogato gli altri esseri umani: «L’ideologia che presentano è sostenuta da un potere molto reale». È incerto anche sul suo futuro nella politica: «I salari come attivista nelle organizzazioni per la mobilitazione delle comunità sono troppo bassi per sopravvivere ora. Perciò spero di lavorare in qualche attività più convenzionale per un anno, consentendomi di mettere da parte abbastanza noci (soldi ndr) per perseguire dopo questi interessi».  


Il rapporto poco dopo finisce. Alex sposa il pugile serbo Bob Bozic; Barack passa tra le braccia di Genevieve Cook, prima di incontrare Michelle. La Casa Bianca a questo punto non è neppure un sogno, ma il cammino dell’uomo è cominciato. 

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