Colin Crouch: Può il neoliberismo salvarsi da sé

24 OTTOBRE 2017
Colin Crouch è probabilmente l’analista politico orientato a sinistra – se preferite lo scienziato politico – più interessante di questa prima  frazione di secolo. La sua opera “Post-Democracy”[1] del 2000, il cui titolo ha ormai acquisito una valenza categoriale scientifica, può essere paragonata per valore e brillantezza intellettuale al successo che conservò nel tempo “La Grande Trasformazione”[2] di Karl Polanyi, pubblicata alla fine degli anni 40 del secolo scorso. L’accademico inglese della Università di Warwick in questo ultimo suo long-paper, distribuito recentemente, analizza con lucida spietatezza, non senza qualche sorpresa, la natura intrinseca del neoliberismo nella sua composita sfaccettatura, sia attraverso le lenti dell’economia neoclassica sia come corrente di pensiero socio-culturale.  Di queste settanta pagine ben scritte ve ne proponiamo solamente una, in cui Crouch formula una serie di precise domande rivolte alle attuali leadership di governo occidentali, ma in particolar modo a quelle socialdemocratiche, lasciando trapelare la sensazione che proprio da queste ultime, egli sia stato nel recente passato poco ascoltato.

Ci sarà ancora qualcuno disponibile a rispondergli?
Can Neoliberalism Be Saved From Itself? 55 (Colin Crouch)[3]
In “Buying Time” e in “How Will Capitalism End?” Wolfgang Streeck ha sostenuto che la trappola dell’indebitamento potrebbe minacciare il modello del capitalismo a cui ci siamo abituati: quella dipendente dal consumo di massa. Questa non è l’unica forma storica di cui il capitalismo si è impossessato. Fino alla metà del XX° secolo la quasi totalità della popolazione poteva permettersi solo prodotti di base: cibo, vestiti, alcuni pezzi di mobili. Le opportunità che ebbero i capitalisti d’innovare e produrre merci di mercato dipesero dal consumo di piccoli, ma costosi, beni di lusso da parte dei numerosi acquirenti aristocratici e borghesi. Una delle ragioni per cui le élite pre-democratiche resistettero in modo così forte alle richieste della crescente classe lavoratrice industriale fu che esse non seppero come un’economia simile potesse produrre abbastanza ricchezze per aumentare gli standard di vita generali.






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