Minniti: “La linea del governo è la mia”. Delrio: “Io non cerco popolarità”

Braccio di ferro nell’esecutivo. Gentiloni: con il codice vince lo Stato e perdono gli scafisti
ANSA
Aprile 2015 - Dopo le dimissioni di Lupi, Delrio è stato il primo ministro di un governo a giurare nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella
da: http://www.lastampa.it/ Pubblicato il 09/08/2017
GRAZIA LONGO, FRANCESCA SCHIANCHI
ROMA
Ha vinto la mia linea perché di fatto è la linea del governo». All’indomani dell’incidente più grave della breve vita del governo Gentiloni, risolto con l’intervento del capo dello Stato, il ministro dell’Interno Marco Minniti, prima di salire sul palco della Festa dell’Unità di Certaldo, vuole vincere, ma non stravincere. Minimizza gli attriti con il collega delle Infrastrutture Graziano Delrio, ma rivendica ancora una volta la sua posizione: «Il regolamento delle Ong lo vuole il governo: per questo è inevitabile che la Guardia costiera in futuro non possa che tenerne conto». Che è come avvertire Delrio: le Ong ribelli devono essere autorizzate a intervenire solo in caso di estrema urgenza.  


Nell’esecutivo torna un’apparente calma dopo la tempesta: il premier Paolo Gentiloni va al Tg1 delle 20 e tenta di chiudere la vicenda ricordando come «il codice dei migranti è un pezzo fondamentale di una strategia d’insieme sull’immigrazione» che «sta producendo pian piano risultati», per cui «vince lo Stato e perdono gli scafisti». Il ministro degli Esteri Alfano prende le distanze dichiarandosi contrario «al derby tra rigore e umanità», mentre il presidente della Repubblica Mattarella, omaggiando le vittime di Marcinelle, sottolinea le sofferenze dei migranti di ieri e di oggi, e a qualcuno della “linea Delrio” pare un tentativo di dare una carezza anche alla loro sensibilità. Ma da quelle parti resta una diffusa irritazione per l’atteggiamento del titolare del Viminale.  

«Io faccio il tifo per Minniti e sono contento se diventerà più popolare: ma se lui insegue la popolarità, io sono diverso», si lascia andare il titolare delle Infrastrutture Graziano Delrio a qualche battuta tagliente con i collaboratori. «Condivido l’importanza del codice per le Ong: ma è frutto di un approccio all’emergenza che viene dal governo Renzi e continuato poi da Gentiloni», si sfoga, come a sottolineare che non può essere il solo capo del Viminale a intestarsi ogni merito di un lavoro lungo e collettivo. Quello che ieri altre fonti renziane nel governo ripetevano: i due decreti che portano il nome del titolare dell’Interno, su immigrazione e sicurezza urbana, hanno iniziato la loro gestazione con il suo predecessore Alfano, e rispetto alla prima versione “minnitiana” sono stati depurati e rivisti perché considerati a rischio incostituzionalità. Così come i fondi per l’Africa o il lavoro con la Guardia costiera libica. Lui, sottolineano, guarda con piacere a una certa attenzione mediatica, «la popolarità», la definisce Delrio: «Io sono diverso, ho una vita privata che mi soddisfa grazie alla quale sono riuscito a stare vicino a Renzi in questi anni».  


Nel merito poi il titolare delle Infrastrutture si è sgolato in questi giorni a spiegare che la chiusura dei porti non è contemplata dal regolamento per le Ong, un protocollo che deve coesistere con il soccorso in mare, e che il ministero dell’Interno non può dare ordini alla Guardia costiera. Non solo: pure sull’ormai famoso trasbordo di migranti dalla nave di Msf alla Guardia costiera, qualche sera fa, insiste a dire che il Viminale era avvisato con anticipo. «Io sono consapevole e orgoglioso di essere cattolico e terzomondista – l’ha sentito dire qualche amico ieri – ma ciò non toglie che voglio una lotta dura e seria agli scafisti». Una posizione che gli sarebbe piaciuto spiegare al collega dell’Interno, se solo si fosse presentato al Consiglio dei ministri di lunedì. Il premier aveva fatto sapere a entrambi che avrebbe preferito evitare la discussione nel mezzo della riunione di governo, ma era disponibile a “mediare” dopo: solo che, come ormai noto, Minniti ha preferito non presentarsi. Una scelta inspiegabile per Delrio, che aspettava ieri una telefonata chiarificatrice del collega. Non è arrivata: solo una ricostruzione a distanza, dal palco della Festa dell’Unità. 

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