Le regole del diritto in mare

da: http://www.lastampa.it/ Pubblicato il 11/08/2017
VLADIMIRO ZAGREBELSKY
Durante la guerra in Iraq, dopo la cattura di Saddam Hussein, si aprì nei suoi confronti un «processo». Agivano le autorità americane e irachene.   
Ilgoverno del Regno Unito, stretto alleato degli Stati Uniti nelle operazioni militari, rese pubblica la sua estraneità a quel processo indirizzato verso la condanna a morte. Perché lo fece e perché ricordarlo ora, volendo trattare dell’Italia in rapporto alle operazioni delle Ong e delle autorità libiche nel Mediterraneo? Perché richiama alcuni principi del diritto dei diritti umani cui l’Italia è legata e che vanno tenuti presenti nelle circostanze attuali. Il Regno Unito, parte della Convenzione europea dei diritti umani, che vieta la pena di morte, ben a ragione, considerò che una sua partecipazione avrebbe implicato esercizio di poteri statali in violazione degli obblighi derivanti dalla Convenzione europea. E ciò anche fuori del suo territorio nazionale.  

I rischi di responsabilità internazionale per l’Italia emergono sotto almeno due aspetti. Essi riguardano ciò che avverrà concretamente in mare, indipendentemente da ciò che prudentemente si scrive nei documenti. Si tratta sia della natura effettiva dell’assistenza fornita dalla Marina italiana, sia del comportamento che terranno le autorità italiane nei confronti delle navi delle Ong che non hanno sottoscritto il codice di comportamento o che, avendolo accettato, in singole situazioni nel violino le disposizioni. 


Per il primo aspetto rileva l’episodio che ho ricordato iniziando: responsabilità italiane esistono anche fuori delle sue acque territoriali. La Libia non ha ratificato alcuno dei trattati internazionali sui rifugiati e in generale sui diritti umani, ma l’Italia è vincolata a tutti i trattati in materia. In particolare l’Italia è parte della Convenzione europea dei diritti umani. Se le navi italiane dovessero imbarcare migranti, la Convenzione si applicherebbe integralmente e direttamente, poiché quelle navi sono territorio nazionale. Ma anche la collaborazione con le navi libiche potrebbe dar luogo a responsabilità italiana. Si dice che la Marina italiana assicura appoggio logistico, ma cosa vuol dire in pratica? Se in concreto i mezzi militari italiani dovessero «aiutare troppo» le autorità libiche, fino a fornire una vera partecipazione italiana, la responsabilità italiana non sarebbe esclusa dal fatto che l’attività si svolge in acque libiche. I campi in cui i migranti vengono riportati sono generalmente ritenuti orribili, inumani e nessuna cernita le autorità libiche faranno per identificare coloro che avrebbero diritto allo status di rifugiato in Italia o alla protezione umanitaria italiana. Ai libici ciò non interessa, ma all’Italia sì, poiché non può rendersi partecipe di violazioni delle norme sui rifugiati e sul divieto di trattamenti inumani. 

Quanto al secondo aspetto, credo che il c.d. codice di comportamento delle navi delle Ong non entri di per sé in conflitto con regole che vincolano l’Italia. Il documento non impedisce in alcun modo alle navi delle Ong di soccorrere persone in pericolo. Le regole oggetto degli accordi tendono a impedire che le navi delle Ong intralcino l’attività delle motovedette libiche nelle acque libiche e che finiscano con il trasformare la loro presenza in mare a ridosso delle acque libiche in un’assicurazione agli scafisti che il loro viaggio sarà breve e sicuro. Ma il problema che non si può ignorare riguarda la condotta che l’Italia terrà nei confronti di navi di Ong che hanno rifiutato il codice di comportamento oppure in concreto non lo hanno osservato. Se una nave carica di migranti si presenta davanti a un porto italiano chiedendo di attraccare e dichiarando di avere malati a bordo o bambini o donne incinte prossime a partorire, l’Italia respingerà quella nave? È ipotesi che è stata lanciata troppo leggermente. Se lo facesse, quali sarebbero le conseguenze giuridiche internazionali e, prima ancora, quali le conseguenze politiche? 

Assistiamo in queste ore a profonde divergenze nel governo, che sarebbe sbagliato minimizzare. Non più schermaglie tese a far guadagnare spazio a questo o quel personaggio o gruppo politico, ma finalmente il confronto aperto tra posizioni che hanno alle spalle culture radicate nei secoli, di natura non solo religiosa, fortemente presenti nella società italiana. Su questo giornale Marcello Sorgi ha ricordato l’articolata presenza di importanti realtà cattoliche e dell’area politica che si è chiaramente schierata facendo ad esse riferimento. E Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, ha ricordato la convergenza di posizioni cattoliche e di quelle laiche derivanti dall’Illuminismo umanitario. Esse sono all’origine del movimento di cui la Convenzione europea dei diritti umani è il prodotto. Nessun governo in Italia reggerebbe l’opposizione di quel vasto mondo e lo scontro che qualunque «incidente» non mancherebbe di accendere. Un simile incidente non avrebbe quindi solo il carattere dell’illegalità internazionale, ma entrerebbe subito nel campo della vera politica. 




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