Riforma Madia, rivoluzione mancata. Su partecipate, dirigenti intoccabili, licenziamenti e meritocrazia tante occasioni perse

E' il settimo intervento "rivoluzionario" di riordino della pubblica amministrazione nell'arco di 24 anni. E doveva essere un fiore all'occhiello del governo Renzi. Ma i furbetti del cartellino erano licenziabili anche prima, i sistemi di valutazione dei risultati rimangono discrezionali, il ruolo unico per la dirigenza è saltato e la sforbiciata alle aziende pubbliche è depotenziata. L'economista: "Sullo sfondo resta una logica di forte influenza della politica"
I furbetti del cartellino potranno essere licenziati, certo. Come prevede fin dal 2009 la riforma Brunetta nei casi di “falsa attestazione della presenza in servizio mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza”. Le partecipate dello Stato invece resteranno migliaia, perché la stretta annunciata da Matteo Renzi all’arrivo a Palazzo Chigi si è concretizzata in paletti larghissimi con numerose deroghe. E i 36mila dirigenti pubblici non saranno affatto costretti a cambiare poltrona ogni 4 anni in modo da “scardinare il meccanismo” per cui “troppe persone per troppo tempo gestiscono un potere“, come aveva promesso Marianna Madia: il decreto sul ruolo unico è saltato. A quasi due anni dal varo del disegno di legge sulla riforma della pubblica amministrazione, la ministra ha dichiarato chiuso il cantiere di quello che doveva essere uno dei fiori all’occhiello del governo del leader Pd, “la riforma da cui dipendono le altre”. Ma, al netto del fatto che in realtà manca ancora all’appello il decreto correttivo sui dirigenti sanitari, l’obiettivo di rivoltare come un calzino la macchina della burocrazia per “avere servizi di maggiore qualità e fare pagare meno tasse ai cittadini” dovrà attendere ancora. Continua a leggere…..


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