Mafia Capitale, è il giorno della sentenza

Cuore dell’inchiesta la presunta associazione creata dall’ex estremista di destra Carminati e dall’imprenditore delle cooperative sociali romane Buzzi. I giudici in camera di consiglio
ANSA
I giudici sono già in camera di consiglio. La sentenza è attesa dopo le 13. Si chiude oggi dopo oltre venti mesi di udienze serrate il maxi processo Mafia Capitale. Alla sbarra 46 imputati dopo una lunga indagine basata su anni di intercettazioni e pedinamenti che hanno portato a due ondate di arresti nel dicembre del 2014 e nel giugno del 2015. Cuore dell’inchiesta la presunta associazione creata dall’ex estremista di destra Massimo Carminati e l’imprenditore delle cooperative sociali romane Salvatore Buzzi, detenuti rispettivamente del carcere di Parma (in regime di 41bis) e in quello di Tolmezzo, in provincia di Udine. 
Chi sono Carminati e Buzz
I due si conoscono negli Anni Ottanta in carcere, dove Buzzi sconta una condanna per omicidio, ma iniziano a frequentarsi assiduamente solo dopo il 2011, quanto Carminati, uscito anche lui dal carcere chiede e ottiene di diventare socio in affari con l’imprenditore delle coop “rosse”. La liaison viene stretta attraverso l’amico comune Riccardo Mancini, un passato anche il suo nell’estrema destra prima del rilancio come amministratore delegato di Eur spa durante la giunta del sindaco Gianni Alemanno. In tre anni i due lavorano insieme su quattro appalti dei quali dividono gli utili al cinquanta per cento e stringono una solida amicizia che, a giudicare da cosa raccontano l’uno dell’altro, dura ancora oggi. 



Le accuse  
Secondo l’accusa sono loro il centro del cosiddetto “mondo di mezzo”, l’associazione di tipo mafioso che per anni avrebbe condizionato con tangenti, e quando non bastavano minacce e violenza, la pubblica amministrazione capitolina. Loro si difendono dicendo che si è sempre trattato solo di affari, nulla di più: «Nessun programma, nessun manifesto, le mie parole sul “mondo di mezzo” erano chiacchiere da bar», dice Massimo Carminati davanti al giudice a proposito dell’intercettazione ambientale tratta da una conversazione con l’amico, anche lui imputato, Riccardo Brugia, in un bar in Piazza di Vigna Stelluti, nella quale spiegava quel ’mondo di mezzo’ che diede il nome all’inchiesta, del quale fa parte «chi fa da intermediario tra il “mondo di sopra”, della legalità, e quello “di sotto”, dell’illegalità».  

La corruzione  
Secondo l’accusa Buzzi, con l’aiuto di Carminati avrebbe corrotto e condizionato in vari modi un bel pezzo della Pa romana, tanto che nel procedimento figurano ex amministratori locali di diversi schieramenti politici, ex dipendenti pubblici e dirigenti di azienda: ci sono, tra gli altri, Giovanni Fiscon e Franco Panzironi in passato ai vertici dell’azienda romana dei rifiuti (Ama) come direttore generale e amministratore delegato; l’ex componente del tavolo di coordinamento per i rifugiati del Viminale, Luca Odevaine, e l’ex capogruppo Pdl in Regione Lazio Luca Gramazio, l’ex presidente dell’Assemblea capitolina, Mirko Coratti, l’ex presidente del municipio di Ostia Andrea Tassone, e gli ex consiglieri comunali Pierpaolo Pedetti del Pd e Giordano Tredicine del Pdl. 

I 19 imputati per “associazione di stampo mafioso”  

Tra i 19 imputati che rispondono di associazione di stampo mafioso, oltre a Carminati, Buzzi, Panzironi e Gramazio, sono a processo l’ex dirigente di Eur spa Carlo Pucci, i collaboratori di Carminati, Riccardo Brugia, Roberto Lacopo e Matteo Calvio; la segretaria di Buzzi, Nadia Cerrito, il commercialista Paolo Di Ninno, la compagna dell’imprenditore, Alessandra Garrone, Carlo Maria Guarany e Claudio Caldarelli, entrambi stretti collaboratori di Buzzi. Alla sbarra anche gli imprenditori Agostino Gaglianone e Giuseppe Ietto, ritenuti a servizio dell’associazione; e Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, considerati dalla procura il punto di contatto tra il gruppo e la ’ndrangheta. 

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