ll patriottismo economico spinge Macron ad affondare l’Airbus del mare

Il progetto europeo vittima delle contraddizioni transalpine
REUTERS
Emmanuel Macron con i lavoratori dei cantieri navali
LEONARDO MARTINELLI PARIGI
Macron l’europeista, Macron il liberista. In una botta sola, con la vicenda dei cantieri di Saint-Nazaire e l’ultimatum imposto agli italiani, il neopresidente francese rischia di sfatare due miti proiettati sul personaggio. E forse anche pompati da chi, in Francia e fuori, troppo preso dalla foga di dover battere Marine Le Pen e abbagliato dal giovane «cool», è passato sopra i programmi contraddittori del bell’Emmanuel. Che dicono tutto e il contrario di tutto. Così è se vi pare. Questa volta a farne le spese potrebbero essere Fincantieri e l’Italia ma anche un progetto di «Airbus dei mari», che intorno all’operazione finanziaria si stava costruendo.   
Facciamo un passo indietro. Una volta che il conglomerato coreano Stx era fallito, l’anno scorso, e il tribunale di Seul aveva messo in vendita la sua filiale francese (Stx France, i cantieri di Saint-Nazaire, appunto, che, invece, grazie agli ordini di navi da crociera per almeno dieci anni, vanno molto bene), proprio a Parigi, dove allora regnava François Hollande, si era subito pensato che poteva essere l’occasione per ridisegnare lo scenario della cantieristica in chiave davvero europea. Si sperava che, a farsi avanti, fosse un gruppo industriale e non un fondo d’investimento qualsiasi. E poi, attivo nel settore e meglio se pubblico. Detto, fatto: alla fine in lizza era rimasta solo Fincantieri, che rispettava tutte queste condizioni. La trattativa riguardava le navi da crociera, fabbricate a Saint-Nazaire, ma sullo sfondo si profilava anche la cantieristica militare, quella di Naval Group, colosso pubblico francese. 



A dire il vero pure sotto re François le cose avevano iniziato a complicarsi. Non si capiva perché i coreani di Stx potessero avere il 66,6% del gruppo e, invece, a Fincantieri si volesse imporre una quota inferiore. Alla fine un accordo era stato trovato, affinché il colosso italiano (ma con la Fondazione Cr Trieste) potesse controllare il tutto. Non solo, era stato sancito l’ingresso nel capitale di Naval Group, in vista dell’ampliamento della collaborazione al comparto militare. Tutti pensavano che con il liberista ed europeista Emmanuel Macron si sarebbe andati oltre. E, invece, niente di tutto questo. Alla prima occasione in cui il nostro si è palesato a Saint-Nazaire, disse: «Ho preso atto dei timori che esistono, non vogliamo correre rischi per l’impiego». Così da arrivare a quella proposta che il ministro dell’Economia Bruno Le Maire, politico fino a pochi mesi fa marginale, fuoriuscito dalla destra e laureato in gioventù alla Normale con una bella tesi su Proust, ha definito ieri «onestà per i nostri amici italiani»: rinunciare sostanzialmente al controllo della società. 

Le Maire, in diretta alla radio pubblica, ha minacciato, nel caso Fincantieri e il Governo italiano non accettino, di applicare «il diritto di prelazione». Lo ha fatto balbettando un po’, con una buona dose d’incertezza, quasi non capisse totalmente quello che stava dicendo. Insomma, altrimenti la Francia nazionalizzerà, rinuncerà ai quasi 80 milioni di euro portati in dote da Fincantieri e pagherà di tasca sua.  

Sì, in un momento in cui a Parigi si stanno facendo i salti mortali per rispettare già a fine anno il tetto del 3% sul Pil per il deficit pubblico, che è stato eluso costantemente dal 2008, ma che ora Macron esige a tutti i costi per rendersi credibile agli occhi di Angela Merkel. E allora, perché quest’ostinazione su Saint-Nazaire? Quei cantieri sono un simbolo di rinascita (floridi oggi, ma sull’orlo della bancarotta proprio quando i coreani li recuperarono nel 2008).  

E il concetto di «patriottismo economico» imposto dalla Le Pen nella campagna delle presidenziali in nome della difesa dell’occupazione (in un Paese che è stato molto più dell’Italia vittima della deindustrializzazione) ormai ha fatto scuola per tutti. A Saint-Nazaire i sindacati sono fortissimi e la tendenza è a dire sempre no, agli italiani e a tutto. Macron, che in settembre dovrà affrontare possibili manifestazioni di piazza per la sua riforma (liberista stavolta) del mercato del lavoro, voleva evitarsi almeno le proteste a Saint-Nazaire. 

Nel suo europeismo sempre più «à la carte» (quando e dove mi fa comodo: così è se vi pare), si possono sacrificare gli italiani, che non sono la Merkel e compagnia. Intanto, viene da pensare che Parigi diffidi di un gruppo come Fincantieri e di un manager come Giuseppe Bono. E noi abbiamo dovuto sorbirci raider di Borsa e misteriosi imprenditori agroalimentari, che si servono nella tesoreria di gruppi risanati con i soldi dello Stato (il nostro).  


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