Le ipocrisie della Terza Repubblica Mauro Calise

Mauro Calise, da: http://www.cittafutura.al.it/
A leggere l’intervista al Mattino dell’ex-ispiratore e mattatore della Seconda repubblica al tramonto, potrebbero venire le traveggole. E’ possibile che Berlusconi continui a ripetere, come un disco rotto, gli slogan del bipolarismo, rifiutandosi di prendere atto che, con l’arrivo dei Cinquestelle, quello schema ormai è morto e sepolto? Che senso ha continuare a ribadire “ce la faremo a vincere da soli”, per di più con l’aggravante di una legge proporzionale che lo rende impossibile? In realtà, per capire il messaggio che il Cavaliere vuole far passare, basta non prenderlo troppo sul serio. Con il tempismo che lo contraddistingue, Berlusconi si è già adeguato al nuovo – antico - vocabolario della Terza repubblica in gestazione. Quella che, proprio grazie al proprozionale, riporterà gli italiani  a un quarto di secolo fa. Quando tutti vincevano e – al tempo stessso – tutti perdevano. Per la semplice ragione che non c’era un verdetto chiaro delle urne. Ma soltanto i soliti partiti che tiravano – e tireranno - l’acqua e i numeri al proprio mulino.

Ecco allora che alla domanda su come si formerà un governo, all’indomani del voto, visto che nessuno dei tre poli raggiungerà la maggioranza, Berlusconi risponde spavaldo che Forza Italia supererà il trenta e il centrodestra unito arriverà al cinquantuno. Pure fantasticherie? Non c’è dubbio, secondo tutti i sondaggisti. Ma visto che per i prossimi sei mesi si tratta solo di fare propaganda, perché complicarsi la vita con la risposta da un miliardo di euro? Perché dire che Forza Italia sarà, nella migliore delle ipotesi, costretta a governare con Renzi? Molto più facile suonare la grancassa del meglio soli che male accompagnati e ribadire solennemente che «non c’è nessuna probabilità di un governo Berlusconi – Renzi».
Naturalmente, dalla sponda opposta la campana che sentiremo non sarà – e non potrà essere – molto diversa. Renzi già da diversi mesi è sotto il tiro incrociato degli scissionisti, che lo accusano di avere in mente un’alleanza con i moderati. Un’accusa rilanciata dai grillini, che cercano di accreditarsi come il solo partito che rifiuta qualsiasi ipotesi di accordo. Tanto, visto che non ce la faranno comunque ad andare al governo, meglio tenere ferma l’immagine di fondamentalisti duri e puri. Così, anche il segretario Pd dovrà – volente o nolente – suonare la medesima campana. Quella del ritorno al mitico risultato delle europee, riagganciando la fatidica asticella del 40% che spianerebbe la strada di Palazzo Chigi. Anche in questo caso un miraggio, stando al voto delle amministrative e al responso di tutti i sondaggi. Ma cosa volete che vi dica? Che accetti di farsi infilzare da tutti i concorrenti – e tutti i media – dichiarando che apre fin da ora alle alleanze cui sarà costretto – lui e gli altri – subito dopo il voto?
Certo, dal punto di vista del cittadino-elettore, si tratta di una situazione sconsolante. La situazione paradossale che, nel momento in cui il maggioritario è stato definitivamente espunto dal nostro sistema politico, tutti i protagonisti principali continuano a comportarsi come se fosse ancora in vigore. Vinceremo, e vinceremo da soli. E’ questo il mantra che tutti ripetono. Mentre dovrebbero farci sapere esattamente il contrario. Con chi, e con quali programmi, sono disposti a dialogare. E’ il trionfo dell’ipocrisia, proprio quando ci sarebbe – invece – più bisogno di sincerità. Il tarlo che sta erodendo alle radici la nostra democrazia è, infatti, il tarlo della sfiducia. Il fatto che non ci fidiamo più delle parole – e promesse – dei nostri governanti. Abbiamo la sensazione – per molti, ormai, la convinzione – che ci stiano prendendo in giro. Che – per usare l’espressione di Ted Lowi, il grande politologo recentemente scomparso – la democrazia contemporanea si sia ridotta a ipocrazia. Il governo delle menzogne, e degli ipocriti. Purtroppo ne avremo la conferma all’indomani delle prossime elezioni. Quando il governo – se riusciranno a formarlo – sarà il contrario di ciò che tutti i partiti ci avranno continuato a propinare durante la campagna elettorale.
      
                    ( “Il Mattino”, 16 luglio 2017)

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