La strana coppia dell’Occidente

Illustrazione di Dariush Radpour
Pubblicato il 14/07/2017 STEFANO STEFANINI
Può darsi che Occidente e Atlantico siano irrimediabilmente incrinati. Certo è che non smettono mai di stupire. Un anno fa nessuno avrebbe scommesso sui due Presidenti che oggi celebrano la Bastiglia e il decisivo ingresso degli Stati Uniti nella Grande Guerra; su uno dei due – forse – non su entrambi. Libertà e democrazia al potere fanno di questi scherzi; aggiungiamoci anche un pizzico della fantasia evocata dagli studenti del ’68 sulle stesse strade parigine. La parata militare di oggi, con le uniformi francesi e americane del 1917, è ricca di simbolismi; la presenza di Donald Trump, su invito di Emmanuel Macron, è anche sostanza. 

Se non fosse per il centenario da commemorare, i due Presidenti avrebbero potuto risalire fino al 1778 e vestire i panni del Marchese Gilbert du Motier de la Fayette e di George Washington; l’attuale residenza di Donald Trump a Washington si affaccia proprio su piazza La Fayette. 

A parte episodici capricci, come la cacciata della Nato da Parigi da parte di De Gaulle o lo screzio iracheno fra George Bush e Jacques Chirac, Francia e Stati Uniti condividono due secoli e mezzo di alleanza. Si sono trovate sempre dalla parte giusta della storia (quanto meno di quella scritta dai vincitori). Di nessun altro si può dire lo stesso, neppure del Regno Unito. 


Oggi, sugli Champs Elisées, il futuro conta più del passato. Se è vero che G7 di Taormina e G20 di Amburgo hanno rivelato uno scenario internazionale in trasformazione al punto di parlare di isolamento americano in un G19 + 1, persino da parte di un Paese vicino agli Stati Uniti come l’Australia, è altrettanto vero che l’Europa e l’Occidente farebbero un errore strategico a mettere in angolo l’America di Donald Trump. Esistono certo disaccordi profondi in particolare su commercio internazionale e cambiamenti climatici. Sarebbe prematuro concluderne che il collante transatlantico si è liquefatto in una deriva continentale. Ne sono coscienti soprattutto i leader più giovani e più recenti, come Justin Trudeau in Canada e Emmanuel Macron in Francia. 

Apparentemente tutto o quasi divide il Presidente francese da quello americano: età; formazione culturale e professionale; ricchezza; famiglia. L’eccezione in comune non è però piccola cosa: nell’arco di sette mesi, entrambi sono stati eletti da completi outsider, senza partito (Macron) o impadronendosi del partito (Trump), contro ogni previsione degli esperti e cavalcando un analogo desiderio di rottura degli schemi politici tradizionali. Il centro, ragionevole, moderato, europeista, che ha portato Macron all’Eliseo è molto diverso dalla famigerata «base» populista che ha aperto a Trump le porte della Casa Bianca. Ma in entrambi i casi è scattata fra gli elettori una molla rivoluzionaria. Sia Macron che Trump sono il frutto di una pacifica Bastiglia. 

Le differenze fra l’europeista Macron e il nazionalista (cos’altro è «America first»?) rimangono. Il rapporto ha però il vantaggio, rispetto ad altri, di partire su un piede di parità. L’ha stabilito anche l’ormai famosa stretta di mano di Macron. Donald ha rispetto zero per la «debolezza» (chiedere ai candidati repubblicani suoi avversari). Per quanto infastidito dalla prova di forza fisica di Macron, non può negarglielo. 

Non ci sarà una convergenza di politiche, ed ancor meno intellettuale. Macron mantiene stretto il legame fondamentale con Angela Merkel, dividendo la giornata fra Cancelliera tedesca e Presidente americano. Il suo obiettivo di rilancio dell’Europa ha in Berlino il partner indispensabile. Non è necessariamente un’Europa identica a quella che hanno in mente Germania e Bruxelles. Merkel è continuità, Macron vuole cambiare marcia. Non può accontentarsi del ruolo comprimario dei suoi predecessori, Hollande e Sarkozy, nei confronti della Germania. Non può aspirare alla parità economica, ma può rivendicare quella politica. Il rapporto con Trump – pur dialettico – lo rafforza ad è un segnale all’Europa per non perdere l’indispensabile legame transatlantico. 

Oggi, sugli Champs Elisées, sfila il passato ma si disegnano anche itinerari futuri. Tanto per cambiare trovano Francia e Stati Uniti fianco a fianco. Il Marchese La Fayette e il Presidente Washington si rallegreranno dell’eredità lasciata. 









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