La sfida di Renzi: “Tornare ai parametri di Maastricht”

Matteo Renzi
Il leader Pd propone 5 anni con deficit al 2,9 per cento. Bersani: ricetta di destra. Brunetta: il veto non basta
foto ANSA
Pubblicato il 10/07/2017 su: http://www.lastampa.it
ANDREA CARUGATI ROMA
«Tornare per 5 anni ai parametri di Maastricht, con il rapporto deficit-Pil al 2,9%». Matteo Renzi, nel suo libro «Avanti» (in uscita il 12 luglio per Feltrinelli), disegna la strategia economica del Pd per la prossima campagna elettorale. Il «patto di legislatura» con Bruxelles potrebbe portare nelle casse dello Stato 30 miliardi che il leader dem intende usare esclusivamente per abbassare le tasse e stimolare così la crescita. In cambio l’Italia si impegnerebbe a ridurre il debito tramite un’operazione sul patrimonio con la regia della Cassa depositi e prestiti e del ministero dell’Economia. E anche tramite una ulteriore stretta sull’evasione fiscale, grazie a un pacchetto digitale -ancora allo studio del governo- che dovrebbe prevedere l’obbligo di fattura elettronica anche tra privati e la creazione di un “documento unico di vendita”, che superi le attuali diverse modalità (fattura, ricevuta). Un server centrale poi raccoglierà tutti questi dati per rendere più rapidi i controlli del fisco. 
«Dobbiamo uscire dallo stillicidio della trattativa mensile con Bruxelles e proporre al mondo finanziario ed economico un piano industriale degno di un paese solido e credibile», scrive Renzi.  


Oltre allo «scambio» con la Ue, Renzi intende archiviare il Fiscal compact, accordo internazionale siglato anche dall’Italia nel 2012, che in autunno dovrebbe essere inserito nei trattati Ue. Il Fiscal compact prevede rigidissime regole di bilancio (deficit allo 0,5%, taglio ogni anno di un ventesimo del debito per la parte eccedente il 60% del Pil). Regole che finora l’Italia ha potuto aggirare, grazie ai ripetuti sconti da Bruxelles. Ma dopo cinque anni dalla firma dell’accordo, nel 2012, il passaggio è decisivo. Renzi ribadisce nel suo libro la volontà di porre il veto al tavolo del Consiglio europeo che in autunno esaminerà la questione. Il premier Paolo Gentiloni è orientato a seguire questa linea: i numeri tra i partner europei per superare l’accordo non ci sono, ma il veto sull’inserimento nei Trattati viene definito da fonti di governo un «segnale politico» in vista della discussione sulla nuova governance dell’eurozona.  

La proposta di Renzi aumenta ancora di più le distanze tra Pd e Mdp. «Cinque anni di riduzione delle tasse in deficit? Si tratta dell’eterna e fallimentare ricetta di tutte le destre del mondo», attacca Pier Luigi Bersani. «I partner europei si possono contestare e contrastare, ma è pericoloso pensare di prenderli in giro». Durissima la replica di Matteo Orfini: «Bersani, che ci fece approvare senza discussione il Fiscal compact, oggi dice che siamo di destra perchè lo vogliamo superare. Tutto torna».  

Stefano Fassina di Sinistra italiana, coglie la palla al balzo per chiedere che quei 30 miliardi vengano destinati non al taglio delle tasse, ma ad investimenti pubblici su piccole opere pubbliche, sanità e reddito di inclusione. Bocciatura netta da Renato Brunetta (Forza Italia): «Non basta porre il veto sul Fiscal compact, e non credo neppure che Gentiloni avrà la forza per farlo. Bisogna tornare allo spirito della Maastricht di Guido Carli, non solo per 5 anni, ed eliminare tutti gli accordi successivi voluti dalla Germania che hanno irrigidito il sistema e scavato un fossato tra i paesi del Nord e del Sud Europa. Per fare tutto questo Renzi non è credibile, perchè nei suoi 1.000 giorni di governo il debito è aumentato, nonostante i ripetuti sconti arrivati da Bruxelles». 


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