Inventario, quasi sorprendente, di una nostra eccellenza Una provincia piena di musica

Nuccio Lodato
Se ci guardiamo attorno, effettivamente, alla prima impressione sembrerebbe che non ci sia molto da stare allegri: i nostri capoluoghi territoriali -per non dire dei piccoli centri, che in certe ore della giornata parrebbero spopolati, e in altre mutati in case di riposo a cielo aperto- sembrano demotivati, disillusi, scettici: pare che la gente abbia perso, con le aspettative individuali e collettive, un po’ persino la voglia di stare al mondo e di godersi il dono dell’esistenza. Se si leggono i giornali locali o si seguono le testate on line, le cose non parrebbero andare molto meglio: alla denuncia o descrizione di problematicità e quadri critici difficilmente rimediabili, si alternano cronaca nera o pseudonotizie deprimenti, anche a riprova dell’ingratitudine oggettiva del mestiere di cronista territoriale in un territorio avaro di autentiche notizie.
Se poi si fa caso ai risultati elettorali del mese scorso, non è che l’impressione muti di molto. Nei due scenari politicamente più significativi per l’esito, Alessandria e Acqui, anche la più oggettiva delle impressioni non esalta. Gli alessandrini, se non altro, hanno saputo mettere in campo la risaputa furbizia mandrogna, quanto meno non rischiando di cadere neppure per sbaglio e da lontano nel tranello della grillitudine, a differenza degli acquesi che, sia pure sul filo di lana, hanno finito per caderci dentro calzati e vestiti per cinque voti (salvo eventuale, futuro diverso avviso del TAR: sperando però non ci vogliano due anni per sospirare un inutile verdetto finale, come accaduto a Voghera).
Gli ormai radi elettori ancora esercitanti il loro diritto nel capoluogo anche in ballottaggio, hanno preferito un ritorno all’usato insicuro, preferendo la parte che aveva cagionato il dissesto e liquidato il Teatro Comunale a quella che bene o male, sicuramente senza brillare (anzi…) aveva poi tentato di porre rimedio all’uno e all’altro disastro. (Disastro annunciato nel disastro imprevisto, la surreale operazione Trifoglio, prima contrapposta vistosamente, poi apparentata repentinamente alla sindaca uscente. Ancora più surreale il suo “programma” Cultura, cui Beppe Rinaldi ha avuto la davvero certosina pazienza di dedicare, a buoi scappati, un’irresistibile analisi recentissima). Così anche Rita Rossa si rassegnerà, se gli alessandrini cinici e bari l’hanno rimandata a scuola anziché confermarla per quel secondo mandato che nel 2012 le aveva, in tutt’altro orizzonte, preconizzato Bersani (allora, però, segretario di un PD pronto a impegnarsi per “Italia bene comume”, non tardivo fuoriuscito da una formazione geneticamente modificata dall’Invasione degli Ultracorpi renziani qual è oggi).
Però, però… Non si può sempre mugugnare su tutto e tutti: ci sono fortunatamente delle eccezioni. Una, col passare di un anno dopo l’altro, si è fatta a poco a poco clamorosa. E’ quella di una mirabolante estensione e crescita quantitativa e qualitativa di offerta territoriale in tutte le sue varie e diversificate componenti. E non solo nelle due città inizianti per A appena reduci dalle urne, ma una volta tanto in forma ramificata e omogenea presso che sull’intera area provinciale. Si sta parlando della musica.
Proviamo a tracciare un quadro d’insieme delle iniziative annunciate, in atto o appena conclusesi: c’è veramente di che restarne sbalorditi e ammirati per intensità e diffusione, anche dal punto di vista dell’uniformità geografica.
Una premessa doverosa va fatta. Ho avuto dall’esistenza il privilegio insperabile di essere insieme partecipe e testimone dei primi passi del Teatro Comunale di Alessandria, a partire da quarant’anni fa fino alla catastrofe impunita e irreversibile del 2010. Quello per l’affermazione della sinfonica, cameristica e lirica è stata forse la battaglia insieme più difficile ed esaltante sostenuta da quanti ebbero modo di doversene occupare nel non breve periodo. Determinanti furono i ruoli di Ugo Zandrino tra gli amministratori, dei maestri Edoardo Müller prima e Will Humburg dopo tra i musicisti, di Filippo Crivelli tra i registi (quel pochissimo o niente che oggi capisco in materia l’ho comunque appreso da loro lì). Gli altri generi (leggera, pop, rock e jazz) non avevano bisogno di sostegno e incentivazione. Non si dimentichi che De André nel ’92 tenne al Comunale il suo primo concerto in un teatro, seguito a ruota poche settimane dopo da Paolo Conte; o le repliche a furor -letterale!- di popolo per un concerto di Gianni Morandi che entrava addirittura in scena con un pullman qualche anno prima (ma passarono anche i Madredeus nel ’96!). Invece l’imporre le stagioni concertische fu meno semplice, mentre il rinato Laboratorio Lirico (dall’80 al ’92) finì per funzionare, grazie al limitatissimo numero di repliche e alla popolarità del repertorio, fin che pescò le opere dal canone più sperimentato. Registrò maggiori difficoltà allorchè si scelse, deliberatamente e con un senso ancora oggi orgogliosamente rivendicabile, di misurarsi con le novità, le prime assolute, talora persino appositamente commissionate, e in genere l’avanguardia.
Può essere patetico volerlo rievocare oggi, ma la conchiglia acustica appositamente fatta realizzare in dotazione al palcoscenico tra il ’78 e il ’79 tutelò e diffuse le note (e già seleziono!) di solisti quali Magaloff e Ughi (tre volte), Gazzelloni, Oistrach, Canino e Campanella (tutti due), Petrushanskij, Firkunsny, Kogan, Tretiakov, Buchbinder, Lonquich, Fournier, Zabaleta, Badura-Skoda, Lucchesini, Demus, Swann, Accardo, Achucarro, la Tipo, la concittadina di notorietà mondiale Zaniboni; complessi e orchestre come quelle del Regio di Torino (in numerose occasioni di decentramento regionale), i Solisti Veneti e il Trio di Trieste (due volte), quelli della Scala e dei Wiener Philarmoniker, l’Amadeus, il Quartetto Academica, quello di Torino, lo Smetana, il Borodin, lo Strauss Ensemble; il podio del Teatro alla prima stagione sinfonica venne inaugurato da un’accoppiata di direttori del calibro di Markevitch e Soudant. Per non dire ovviamente della straordinaria esperienza del Coro assemblato e condotto magistralmente da Gian Marco Bosio., fino all’indimenticabile Requiem rossiniano e agli splendidi Carmina Burana del 2005 e che per fortuna sua e nostra è riuscito a sopravvivere, almeno lui, alla catastrofe.
Tutto questo solo per rammentare quale patrimonio è andato distrutto per colpa della sciagurata e civilmente quanto penalmente indenne gestione che ha causato la sciagura dell’amianto. Ma è meglio tornare a occuparsi dell’oggi che piangere infruttuosamente sul latte versato.
Particolarmente vistosa la situazione determinatasi a Tortona e a Casale. Nel primo caso, l’arrivo di don Paolo Padrini in Curia quale segretario del Vescovo Viola ha letteralmente rivoluzionato la situazione musicale di una città non priva di risorse, ma che ha conosciuto giorni migliori, e vede comunque l’attività culturale ordinaria appannaggio meritorio ma un po’ prevedibile delle storiche associazioni tradizionali, certo favorite dalla finalmente riconquistata gestione comunale diretta, puntellata da “Piemonte dal Vivo”, del Teatro. L’intuzione impagabile dell’instancabile don Paolo -caratterizzato da un piglio manageriale e da una vocazione comunicativa persino singolari in un sacerdote…- è stata duplice: da un lato la ripresa della memoria di Lorenzo Perosi, gloria tortonese e non solo nazionale assoluta, che era rimasta in sonno dopo la conclusione del quasi ventennale festival dedicatogli dal ’96 al 2010. Dall’altro quella di far uscire prepotentemente la musica sulla strada, nei cortili e nelle piazze, affidandone la realizzazione e numerosissime formazioni e ad altrettanto abbondanti solisti partecipi ed entusiasti, con la superba intuizione di farvi prevalere le prestazioni di giovani e giovanissimi. I frutti si sono visti, altrettanto generosi, lo scorso autunno e la passata primavera: fiumi di gente in cattedrale, al santuario, negli altri luoghi individuati, ma soprattutto a fare capannello attorno alle più svariate esecuzioni sinfoniche, cameristiche, liriche, corali e individuali sparse in organizzata e deliberata confusione un po’ qua un po’ là per il centro cittadino (ma in postazione predeterminate a programma e localizzazione diffusi, intitolate a Verdi e a Schubert, a Mozart e a Rossini, a Vivaldi, Paganini e Mascagni, ma anche naturalmente a Perosi e persino al neo-Nobel renitente e reticente Bob Dylan). Letteralmente trionfale, poi, l’esecuzione del Concerto per pianoforte e orchestra con la Suite “Venezia” diretta da Renzetti con la Sinfonica del Regio la sera del 27 settembre, con la Cattedrale divenuta rapidamente inaccessibile e una folla incredibile paga del solo ascolto video nell’ampia piazza sottostante. Letteralmente oltre sorpresa e stupore infine la presenza di Zubin Metha sul podio dell’Orchestra della Scala per Mozart nella medesima sede, a gennaio. Splendida e graditissima conclusione provvisoria il concerto lirico dei giovani e giovanissimi cantanti-studenti della Royal Academy of Music di Londra, organizzata dagli Amici della Musica col Polo Culturale Diocesano, che ha rivelato nei diciotto allievi esibitisi attitudini vocale e sceniche straordinarie, e nel cortile del Seminario un’adattissima location, scenograficamente e acusticamente perfetta. In attesa del “Gran Galà Perosiano” (in cattedrale “gran galà”? Oibò!) del 23 settembre prossimo e del nuovo scatenamento di note per la città in ottobre. «Da tutta Italia per esibirsi nelle vie della città. “Invasioni” a Tortona, la carica dei 500 musicisti» ha titolato un mese fa il quotidiano territoriale: «In via Emilia si sentivano persone che cantavano e respiravano l’aria di un luogo vivo, senza barriere» ha riassunto il direttore artistico don Padrini: «sembrava una località di mare. In tanti abbiamo creduto inquesto evento, un ringraziamento che vale per tutti lo voglio fare ai giovani del servizio civile e ai richiedenti asilo che, prima e dopo i concerti, hanno spostato e ritirato centinaia di sedie. Tortona, città della musica, vuole essere un “brand di servizio” inteso come “al servizio” degli altri».
Se Tortona una volta tanto ride, Casale a sua volta certo non piange. In attesa dell’esito della candidatura a Capitale della cultura (per qualsiasi altra città della provincia sarebbe uscito spontaneo un esageruma nen, ma l’antica capitale aleramica e palelologa strappa altrettanto immediata l’eccezione), anche sul fronte musicale gli amici dell’inconsolabile ex-capitale si dànno molto da fare. Un’operazione estremamente avveduta e intelligente come quella di saldare le risorse e l’esperienza dell’Istituto Soliva, di CasaleCoro e dell’Opera dei Ragazzi, che da settembre si ritroveranno ad… operare, appunto, insieme nella sede dello storico sodalizio protofirmatario, cui gli Amici della Musica casalesi diedero lo spunto nell’ormai lontano 1974. Un vero e proprio “sistema musica”, è stato osservato, che potrà combinare e incrociare, a livello tanto formativo che esecutivo, le peculiarità e il potenziale di ciascuna delle formazioni, con l’obiettivo finale, sostenuto da un’assessora alla Cultura se dio vuole una volta tanto davvero all’altezza della situazione, di creare una vera e propria scuola di musica e canto cui anche l’ente locale potrà giocare le proprie carte. Tanto per cominciare, il proverbiale prossimo Concertone di Natale al magnifico Municipale vedrà schierate organicamente le tre formazioni anzi che il solo Soliva.
Ma tutto il Monferrato casalese risuona di note, come si registra continuando ad avvalersi di un preciso report di Franca Nebbia («La Stampa» del 19 luglio): «da “Armonie in Valcerrina” a “Let’s Rock”, dalle serate di musica e danza al Castello al successo del campus musicale di Terruggia di Barbara Caprioglio fino al Vignale Festival».
Tra tutte queste iniziative, “Armonie in Valcerrina” è particolarmente ricca e qualificata, grazie al tradizionale rigore e alla felicità di immagine e di sostanza delle sue passate diciassette edizioni. La straordinaria qualità dei solisti e dei complessi, l’eccellenza delle locations pubbliche e private, ecclesiastiche e laiche, ne fanno un’assoluta perla nella vita culturale alessandrina e monferrina, cominciata a giugno e che terminerà a dicembre, con dodici appuntamenti tutti assolutamente di cartello.
Ma l’iniziativa monferrina viene… battuta per longevità, sia pure per un solo anno di anticipo, dall’internazionalità spinta e a sua volta attentissima alle locations e alla loro stessa valorizzazione turistico-monumentale che è «Echos»  diretta da un grande solista della tastiera e organizzatore tanto fantasioso quanto impeccabile come Sergio Marchegiani (e figuratevi con che commozione lo scrive chi se l’è visto circolare per casa da ragazzino…). Tra aprile e giugno, quest’anno ha messo in campo quindici appuntamenti di altrettanto snagliante qualità: basterebbe il lancio di un complesso tanto valido quanto simpatico come il quartetto (di famiglia…) Despax in ben due appuntamenti, o la splendida idea dell’integrale in due tempi delle Sonate e Partite per violino di Bach da parte di Francesco Manara a Volpedo, per dare l’idea di un conseguito e costantemente superato livello. Anche la rassegna di Marchegiani ha toccato e coinvolto ben quattordici località, che sommate alle dodici (tutte diverse) dell’iniziativa prima descritta ha garantito concerti di primissima scelta a ben ventisei centri, molti dei quali di ridotte dimensioni.
Ma se l’informazione viene fornita in chiave di longevità dell’idea, numero di concerti e ramificazione territoriale, non è davvero seconda a nessuno la 38^ (!) Stagione Internazionale di Concerti sugli Organi Storici dell’Associazione Amici dell’Organo impareggiabilmente animata dalla grande Letizia Romiti, passata -come fa notare l’ideatrice, direttrice artistica ed esecutrice di punta ella stessa- dai cinque concerti dell’annata inaugurale ai diciassette in sedici località (quindici in provincia ed una valdostana) di quest’estate. Se è per quello, Marchegiani (che suona personalmente a quattro mani ancora una volta in due con Marco Schiavo per conto della Fondazione Longo il 28 luglio al Grand Hotel di Acqui) porterà per “Echoes nel mondo” la solista al piano Daniela Giordano e il Duo violoncello-piano Charoensook-Pongparoj addirittura alla  Carnegie Hall di New York… Mentre alla Romiti va dato atto, tra i moltissimi altri meriti, di essere la riscopritrice infaticabile di organi silenti e dimenticati anche negli angolini più remoti e fuori mano, non accontentandosi di incentivarne il ritorno alla vita, ma facendoli risuonare di conseguenza, in prima persona o attraverso i colleghi di tutto il mondo chiamati ad esibirsi nella sua manifestazione.
Avventurandosi in una simile panoramica generale, diventa subito immediato il rischio di torti involontari o addirittura inconsapevoli. Va immediatamente riconosciuto allora che la diuturna e capillare attività pubblica, al di là di quella -intensissima- didattica, del Conservatorio “Vivaldi” di Alessandria, corroborato negli ultimi anni dall’azione congiunta e decisa della nuova direttrice Angela Colombo e del nuovo presidente Roberto Livraghi ha vivificato in maniera assai significativa la vita musicale del capoluogo, pur orbato a tempo indeterminabile del suo principale teatro.
Ma proprio qui si apre davvero, locandina dopo locandina, cartellone dopo cartellone, una rassegna virtuale quasi interminabile, a cominciare dalle recentissime occasioni sviluppatesi a Quattordio (il Duo Baldo a Palazzo Sanfront), gli appuntamenti, appena conclusisi per quanto riguarda la prima serie, e previsti nell’ultima parte del mese per la seconda, del Festival InterHarmony che Misha Quint ha portato ad Acqui dall’originaria sede di Arcidosso, suonandovi anche di persona ripetutamente con Bruno Canino e Shlomo Mintz negli appuntamenti di apertura. Masterclass aperto a studenti di piano e canto lirico col pianista Umberto Battegazzore (indispensabile protagonista, cone prima Arturo Sacchetti, del rilancio perosiano) e la soprano Tomoko Kabe. Un mese fa Strevi si era aggiudicata l’Orchestra del Regio, Novi e Bosco Marengo si sono già fatti mancare poco o nulla,come del resto Ovada e poi, e poi, e poi…

Una provincia piena di musica.

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