Tramonto di stagione (Ricordando Chiaffredo Astori), Agostino Pietrasanta

Alessandria. Domenicale ● Agostino Pietrasanta
Mi sono soffermato a lungo, davanti alla cara chiesa di S. Alessandro, dopo l’Eucarestia della Resurrezione per Chiaffredo Astori; ed a lungo ho chiacchierato con amici preti e laici. Intanto il dolore per la perdita di persona a me legata, non solo per intervenuti rapporti familiari, si componeva in una dimensione di gratitudine e l’amarezza per la consapevole esperienza di un ciclo e di una stagione conclusa si stemperava nella constatazione di una vita vissuta dall’amico con la certezza del solo dovere compiuto.
Un ciclo ed una stagione al tramonto, nella Chiesa, ma anche nella società civile, non sono mai sconfitta, sono segno di speranza che i semi posti in essere daranno frutti inattesi anche al seminatore fedele: Chiaffredo è stato un seminatore fedele e lo è stato, per l’appunto, di una stagione di passaggio epocale, non solo per la Chiesa universale, ma anche, ed in modo straordinario, per la Chiesa locale e per la società che tra la fine degli anni quaranta e fino al secolo appena avviato si sono velocemente sviluppate.
Non sembri fuori luogo uno schematico richiamo. Siamo passati, in poco meno di una metà di secolo, da una ecclesiologia di definizione dottrinale ad una ecclesiologia di condivisione coi cammini dell’umanità; da una Chiesa che si era trovata nella condizione di ripensare su se stessa ad una Chiesa che stava sviluppando uno straordinario dialogo col mondo, una Chiesa descritta da Giovanni XXIII ad apertura del Concilio e da Paolo VI nel doscorso introduttivo al secondo periodo conciliare.

Un quadro affascinante, un quadro in cui, con riferimento alla nostra Diocesi, si sono susseguite le vicende di un clero e di un laicato di sospicua rilevanza e coerente presenza. Dal Vescovo Gagnor, fino ai primi anni dell’episcopato Almici, da personalità come don Paolo Ivaldi e don Giuseppe Amato a protagonisti come don Carlo Torriani, Domenico Arnoldi e sullo sfondo la rilevante continuità di Teresa Michel. In questo contesto Chiaffredo ha operato nella sua giovinezza.
Da questa cornice iniziale si è sviluppato il cammino epocale; la Chiesa del Concilio ha scelto il dialogo col mondo. E la Chiesa locale ha dato spazio all’evento Conciliare ed al tentativo, spesso riuscito della relativa ricezione. Dal secondo periodo Almici, attraverso l’episcopato Maggioni e l’azione pastorale di Charrier, preti e laici si cono trovati in prima fila; se dovessi usare un’immagine nota, direi che, buttati in acqua hanno imparato, talora bene altra volta meno, a nuotare. Da don Luigi Riccardi a Chiaffredo Astori a Pier Giuseppe Alvigni (ed è chiaro che si cita solo chi ha concluso il passaggio terreno) si sono fatti protagonisti della storia ecclesiale e civile di Alessandria e del suo territorio. Chiaffredo lo è diventato con almeno tre grandi caratteri costitutivi: la fedeltà, la libertà e la gratuità.
Ci sono tanti campi d’azione che richiamano prove indiscutibili di tali caratteri fondativi. Pensiamo al periodico diocesano; fedele al mandato dei pastori ne ha diffuso la conoscenza per tutta la Chiesa locale, lo ha fatto senza badare alle resistenze inevitabili in periodo di svolta e di passaggio, sentendosi libero anche di fronte alle contestazioni più dolorose persino tra il clero e sempre senza alcuna pretesa di un libro paga, praticato da altri ma evitato da molti e come molti altri non ha preteso neppure il libro paga della gratitudine fattasi, soprattutto recentemente, merce rarissima. Come dire: fedeltà, libertà e gratuità.
Pensiamo all’associazionismo ecclesiale. Chiaffredo Astori (serbo un caro ricordo al riguardo anche del suo amatissimo fratello Vittorio) fu legato all’Azione Cattolica Italiana; quando l’associazionismo entrò in crisi, per varie cause, non escluse incomprensioni e conflitti anche intraecclesiali, egli intensificò la sua presenza nelle strutture volute dai pastori diocesani, non badò alle critiche corrosive, anche se spesso dettate da buona fede circa la “pastorale del cemento” del vescovo Almici e si rese determinate nella promozione di strutture come Betania, Torgnon e S. Nicolas. Un servizio sempre gratuito, libero da condizionamenti ideologici, pagando anche di tasca: un libro paga capovolto!
Pensiamo alla sua presenza nella società in cammino. Non si possono dimenticare le sue scelte circa le tappe referendarie; le stesse componenti di resistenza al cambiamento, la difficile disposizione al discernimento possibilista, in nome della fedeltà costituiscono il registro fedele del suo impegno; ancora una volta gratuito ancora una volta pagato di tasca e di sofferenza individuale, mentre si delineava un contesto sociale ormai scristianizzato, fino agli esiti tanto travagliati quanto dolorosi dell’aborto e della scarsa considerazione per i diritti della vita e della dignità dei più deboli.
Chiaffredo Astori, in ogni caso, guardò avanti. Ciò che apparve (e gli apparve) gli fu di stimolo per un impegno più cospicuo nella formazione e nell’attenzione agli ultimi (“Maria Bensi”) e quando Fernando Charrier dette vita ad una pastorale della condivisione con la società alessandrina, soprattutto col Sinodo, egli non mancò all’appuntamento e quando Giuseppe Versaldi, nel segno della continuità, rilanciò il “libro pastorale” che del Sinodo faceva memoria, fu ancora presente.
I tempi però correvano veloci, anche per la sua vicenda umana. Ancora una volta tutto si svolse nel segno delle tre componenti costitutive: gli bastò riprendere in mano il compagno di tutta la sua vita, il Vangelo, aperto in tutte le sue pagine, ma soprattutto al capitolo 17 di Luca, “…quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”.


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