Teresio Olivelli, il martirio della ribellione, Agostino Pietrasanta

Il quotidiano che si qualifica di ispirazione cattolica, in data 18 giugno scorso, riporta notizia della promulgazione dei decreti per la beatificazione di Teresio Olivelli. Papa Francesco ne ha riconosciuto la qualifica di martire “in odium fidei, in odio alla fede”. In effetti Olivelli fu assassinato nel lager di Hersbruk in Baviera, dopo una lunga permanenza a Flossemburg: non sopravvisse a ripetute e brutali percosse ricevute dalle SS e dai sorveglianti del campo, perché aveva assistito e soccorso un compagno in agonia.
Il personaggio aveva percorso un intenso cammino spirituale e religioso e, dopo aver convissuto, senza particolari problemi, ma anche senza alcuna convivenza, col fascismo, si era convinto, durante la guerra, delle insanabili incompatibilità tra il regime di violenza nazi/fascista ed il comando evangelico. La sua esperienza, molto breve (alla morte conta 29 anni d’età) non incontra i grandi filoni dei movimenti cattolici di opposizione al regime, non ricopre incarichi particolari nell’Azione Cattolica, paragonabili a quelli di Moro, La Pira, Fanfani e Dossetti. Per ragioni anagrafiche (era nato nel 1916), non aveva conosciuto le vicende dell’antifascismo politico dei cattolici del Partito Popolare Italiano (PPI); penso non avesso mai contattato De Gasperi e tanto meno Luigi Sturzo, in esilio dal 1924. E tuttavia ad un certo momento, dopo essere stato sul fronte russo ed essere rientrato in Italia nel 1943, scelse la “ribellione” alla prepotenza totalitaria in nome della dignità della persona e del comando evangelico.

Dopo l’8 settembre fu catturato dai tedeschi, ma riuscì a fuggire e contattò i gruppi della resistenza bresciana (aveva vissuto la sua giovinezza nella Lomellina, in diocesi di Vigevano). Nel marzo del 1944 fondò un periodico che fece presto notizia, “Il Ribelle”, redatto fino alla liberazione dalle “Fiamme Verdi” e fu portavoce di un gruppo di preti e laici interpreti di una linea radicale di riformismo morale e prepolitico di una società ritenuta omologata al fascismo ed indifferente nonostante le prepotenze totalitarie.
Alla fine di aprile del 1944 Teresio Olivelli, nuovamernte arrestato dai tedeschi venne trasferito in vari lager italiani e poi in quelli tedeschi dove troverà la morte per ormai riconosciuto martirio. Tuttavia “Il Ribelle” continuò le sue pubblicazioni sulla scia e seguendo le indicazioni del suo fondatore.
Va precisato che l’elemento ispiratore dell’attività di Olivelli fu quello della ribellione. Egli riteneva compito ineludibile del Cristiano la sequela al comando del Vangelo e della coscienza, sequela che nel contesto della degenerazione totalitaria, non poteva che essere radicale. L’amore predicato dal Cristo tracciava la strada della rivolta morale prima ancora che politica, potremmo dire una rivolta dettata dalle scelte prepolitiche dell’impegno dettato dall’amore, “ribelli per amore”. Su questi presupposti aveva composto, poche settimane prima della cattura (Pasqua del 1944), una preghiera del partigiano; soprattutto però, nei primi numeri del periodico aveva espresso una polemica durissima contro “…il putridume morale” che aveva intaccato la società svirilizzata da un’acquiescenza ventennale al regime. L’Italia gli appariva, e come tale la denunciava, “…prostituita nei suoi valori e nei suoi uomini”; di conseguenza si faceva urgente “…una ribellione contro un sistema ed un’epoca, contro un modo di pensiero e di vita, contro una concezione del mondo” che aveva distrutto dalle fondamenta le dignità personali e comunitarie. Le citazioni tratte dai primi numeri de “Il Ribelle” (presto l’autore sarà individuato e catturato) dicono di un atteggiamento incompatibile con ogni prospettiva di continuità anche con il passatoliberal/democratico che si avvicina alle proposte dei gruppi intellettuali di Azione Cattolica i quali ritenevano il fascismo come estrema degenerazione dell’egoismo borghese/capitalista; e tutto questo benché Olivelli non avesse praticato particolari contatti con quei gruppi e quei movimenti.
In ogni caso dalla denuncia emergono le piste di un intervento positivo. Si dice, sempre su “Il Ribelle”, “…aneliamo con tutte le nostre forze ad una società più giusta, più solidale, più cristiana…Lottiamo per una vasta e fraterna solidarietà degli spiriti e del lavoro, nei popoli e tra i popoli…siamo consapevoli che la vitalità dell’Italia risiede nella nostra costanza, nella nostra volontà di resurrezione di combattimento, nel nostro amore”.
Pochi giorni dopo queste denunce e questi progetti, sia pure introdotti da indicazioni generali, Olivelli fu catturato e non poté più agire secondo i suoi intendimenti, ma la ribellione per amore non subì in Lui, soluzioni di continuità. Egli si ribellò a chi gli imponeva di non aiutare i compagni di internamento, fu ripetutamente percosso ed alla fine fu soppresso a bastonate perché ubbidiente al comando d’amore cristiano che gli indicava di aiutare il prossimo indifeso e moribondo. E morì martire della ribellione per amore.



Commenti

Post più popolari