Quando il gioco si fa duro gli USA non sanno più con chi giocare …

Premesso che ormai dovrebbe essere risaputo anche per i più disinformati che sono stati in primis l’Arabia Saudita (ed altri paesi minori della penisola araba) e gli USA con alcuni paesi occidentali a creare e finanziare i principali gruppi combattenti del cosiddetto califfato o stato arabo in Medio Oriente e dei ribelli anti-Assad in Siria (evito di riportare le sigle, che tra l’altro variano in continuazione, che creerebbero solo confusione), definiti a secondo dell’opportunità politico mediatica “terroristi” o “ribelli moderati”, ma sempre di terroristi si tratta.
Premesso che la guerra civile in Siria è scoppiata perché fomentata dall’Occidente per rovesciare il governo del presidente Assad, legittimamente eletto e divenuto repentinamente “dittatore sanguinario”, perché si rifiutava di far transitare sul territorio nazionale le pipeline che facevano comodo agli USA ed alleati satelliti.
Premesso che lo scopo della guerra civile era di smembrare il territorio dello stato sovrano siriano tra i vicini, in particolare Turchia, Israele (il Golan hanno scoperto recentemente essere ricco di giacimenti di petrolio) e Giordania, creando anche uno stato curdo (Kurdistan) filo americano, per potervi installare basi militari americane per proteggere i loro interessi economici e geopolitici in Medio Oriente. Tutto questo premesso, pare che a causa dell’intervento russo che si è rivelato inaspettatamente risolutivo, con l’appoggio di efficaci milizie alleate iraniane e degli hezbollah, molto ben addestrate ed armate, l’esercito lealista siriano da parecchi mesi stia conseguendo una vittoria dietro l’altra, riconquistando quasi l’intero territorio nazionale.

In pratica la guerra per gli avversari del governo siriano è ormai persa e quindi gli USA dovranno decidere fino a che punto compromettersi. Certamente non potranno continuare ancora a lungo a raccontare solenni e penose menzogne col patetico teatrino e codazzo di cortigiani occidentali al seguito che ripetono come marionette delle versioni totalmente inverosimili fornite loro dai servizi di intelligence e dal dipartimento di stato. Sono ormai troppe le fonti sul luogo che riferiscono di una realtà completamente diversa da quella narrata dai media occidentali, ma soprattutto è ormai divenuta evidente anche la superiorità militare sul campo delle parti avverse agli USA ed all’Occidente. Quest’ultimi insistono ancora con i bombardamenti aerei che mietono vittime tra i civili senza ottenere alcun risultato rilevante, essendo risaputo che le guerre non si vincono solo con l’intervento e la superiorità aerea (altrimenti in Vietnam gli USA avrebbero stravinto). Adesso i giochi si fanno più nitidi e gli USA saranno costretti a rivelare le loro vere intenzioni compromettendosi militarmente e politicamente (mandando a morire parecchie migliaia di soldati americani (e la popolazione USA non tarderebbe a manifestare per strada e nelle piazze la propria contrarietà), oppure dovranno fare buon viso a cattiva sorte e fare diplomaticamente marcia indietro, con la coda tra le gambe, e conoscendo la torbida mentalità dei neocons coveranno vendetta, progettando ritorsioni ed altri scenari dove fare danni.
Claudio Martinotti Doria

Scontri tra esercito siriano e SDF. La corsa alla vittoria sull’ISIS obbliga gli USA ad una scelta 
15/06/17
Ad Al Zakf, circa 60 km di deserto a est di Al Tanf, la guarnigione congiunta fra Free Syrian Army e truppe USA è stata rinforzata nelle ultime 48 ore con l’arrivo dei sistemi missilistici HIMARS. L’approvvigionamento delle forze americane passa per la Giordania, unico sbocco rimasto ai reparti presenti nel sud della Siria.
Alcune precisazioni.
Il Free Syrian Army è un cartello di fazioni spesso in contrasto fra loro, ma unite dalla comune lotta al governo di Assad. Nel sud della Siria la branca più importante è il Maghawir al Thawra (Guardie Rivoluzionarie), formate ed equipaggiate dagli Stati Uniti per creare una zona cuscinetto a sud della Siria, fuori dal controllo di Damasco. Il gruppo ha due caratteristiche: non ha mai sparato un colpo contro l’ISIS; molti suoi militanti hanno avuto connessioni con Al Qaeda.
Secondo quanto riferito da fonti militari, la giustificazione per l’arrivo dei rinforzi USA è la previsione di rafforzamento dello Stato Islamico nell’area.
Il dubbio sorge alla luce del fatto che le forze americane e l’FSA presenti intorno ad Al Tanf non confinano con l’ISIS, ma con l’esercito siriano che ha raggiunto la frontiera e si è unito ai paramilitari iracheni che operano oltre confine (leggi articolo).
Mentre scriviamo, rinforzi all’esercito di Damasco arrivano dai paramilitari sciiti iracheni di Harakat Al Nujaba, in previsione della prossima offensiva su Abu Kamal, città di confine siriana posta sull’Eufrate e controllata dall’ISIS.
I siriani e i loro alleati hanno raggiunto l’obiettivo di impedire l’allargamento della zona d’infulenza ai ribelli filoccidentali (cosa simile era successa a est di Aleppo, quando i siriani avevano tagliato la strada ai turchi verso Raqqa). Ora la palla sta agli USA. Se i siriani procederanno nel recupero della frontiera sud, eliminando le sacche dello Stato Islamico, le scelte saranno due: stare a guardare; entrare in contatto con le forze fedeli ad Assad.
La situazione resta tesa, perché man mano che lo Stato Islamico sparisce dalle mappe, diventa sempre più importante capire chi riprenderà il controllo dei territori abbandonati.
Il caso concreto viene dalla periferia ovest di Raqqa. Le Syrian Democratic Forces appoggiate dagli USA sono già entrate nell’area urbana dell’autoproclamata capitale del Califfato. Allo stesso tempo però, l’avanzata fulminea dell’esercito siriano sulla sponda ovest del Lago Assad lungo la piana di Maskanah, ha messo a contatto i due fronti impegnati contro l’ISIS.
Sulla strada nazionale 4, a ridosso di Tabqa, il 13 giugno si sono verificati pesanti scontri tra regolari di Damasco e SDF, con perdite su entrambi i lati.
Anche qui è bene fare un chiarimento.
Le SDF vengono dipinte dai media come un’armata curda appoggiata dagli USA. Soprattutto su fronte di Raqqa, la componente delle YPG curde è minoritaria rispetto a quella araba. La causa curda con la liberazione di Raqqa (città araba), ha poco a che fare.
La vera partita quindi, tornerà a giocarsi presto tra Forze Armate siriane (e loro alleati) da una parte e ribelli ad Assad dall’altra. Quando scomparirà l’ISIS, finora giustificazione per la presenza della Coalizione anti-ISIS in Siria, bisognerà fare una scelta: l’esercito siriano avrà il diritto di riprendere il controllo del territorio nazionale?
Se l’Occidente non riconoscerà questo principio, ogni scenario è aperto. Anche uno scontro diretto su vasta scala fra miliziani filo USA (sia SDF che FSA a sud) e regolari siriani appoggiati dagli sciiti.
In sostanza, una volta liquidato l’ISIS, si tornerebbe alla situazione precedente al 2014, con la grande differenza che nel frattempo Assad ha riconquistato le parti essenziali del Paese e ha dalla sua le forze russe dislocate sul terreno.
In tutto questo va considerato quanto accennato in testa. Il Free Syrian Army è una sigla dietro cui si è mescolato di tutto. Nel nord, per tutta l’Operazione Scudo dell’Eufrate, l’FSA è stato la stampella dell’esercito turco. In queste ore sono in corso combattimenti fra curdi delle YPG (parte delle SDF) e miliziani filoturchi, parte dell’FSA. Entrambi sono appoggiati dagli USA.
Mentre scriviamo le operazioni sul terreno continuano su tutti i fronti. 
(foto: US Army – SAA)



Commenti

Post più popolari