Palazzo verde e Italia nera, Patrizia Nosengo

Patrizia Nosengo http://www.cittafutura.al.it/
Giacché, nella vita e nella politica, affidarsi al pianto o al riso non serve e tanto meno è utile abbandonarsi alle notti dei lunghi coltelli, alle logomachie prive di costrutto o alla ricerca di comodi e consolanti capri espiatori, dopo la prima, umanissima amarezza per l’improvvisa e imprevedibile débâcle della Giunta Rossa in Alessandria e per la Caporetto del centro-sinistra in quasi tutte le città italiane, occorre indagare con solida lucidità le condizioni e le cause che hanno determinato la ricomparsa vittoriosa e gaudente, ahimè, dei Brunetta, Gasparri, Salvini, Santanchè, Berlusconi e varia gaia loro compagnia.
Tre sono, in questa prospettiva, gli ambiti cui a mio avviso dobbiamo fare riferimento: un ambito internazionale, uno nazionale e, infine, naturalmente, un ambito peculiarmente locale.
Anzitutto Rita Rossa e più in generale il PD pagano oggi il prezzo della crisi economica globale, che ha messo in ginocchio soprattutto i ceti medi. L’impoverimento di piccola e media borghesia, infatti, in Europa – e oggi perfino negli USA, come dimostra l’elezione di Trump – è stato storicamente accompagnato da uno slittamento a destra delle scelte degli elettori, che nei periodi di crisi e di incertezza facilmente cadono preda delle promesse demagogiche di sicurezza, riscatto nazionale e ordine delle quali la destra è portatrice.

E, ancora, in generale la sinistra europea e ormai persino il centro moderato sono stati fortemente penalizzati in questi anni dai costanti e crescenti flussi migratori e dal terrorismo islamico, dinanzi ai quali crescono le paure irrazionali, ma anche – dobbiamo ammetterlo - razionali, dei cittadini europei. Di ciò si avvantaggiano quegli schieramenti politici xenofobi, che intercettano il bisogno di sicurezza e di ordine più o meno istintivo in ciascuno di noi. Sociologia e antropologia ci spiegano, infatti, che le comunità umane sono in grado di assorbire piccoli gruppi allogeni, le cui differente etnico-culturali rispetto alla maggioranza della popolazione già stanziale nel territorio appaiono generalmente folkloristiche e degne di incuriosita empatia. Ma ci spiegano anche che, oltre una certa soglia percentuale di arrivi di “diversi”, la popolazione già presente inizia a elaborare sentimenti negativi crescenti, timori irrazionali e bisogni identitari, che conducono, quasi sempre inconsapevolmente, a riscritture del passato e a narrazioni mitografiche, basate su postulati autoreferenziali (quindi concepiti come indiscutibili) di tipo razzistico ed escludente, nelle quali i due gruppi sono raffigurati come perfettamente omogenei al loro interno e, all’esterno, reciprocamente incompatibili, a causa di radici genealogiche profondamente contrastanti. Tale condizione costituisce il contesto che definirei irrazionale, nel quale gli attentati terroristici di matrice islamica generano un’ulteriore diffidenza, questa volta razionale, nei confronti di Weltanschauungen realmente in contrasto rispetto alla modernità occidentale, i cui caratteri fondamentali e specifici sono oggi la razionalità scientifica, la tutela dei diritti individuali, la tendenza alla parità di genere e la secolarizzazione, tutti tratti assenti totalmente o in larga misura nell’Islam.
Tutto ciò ha certamente contato nella sconfitta del centro-sinistra, che nulla avrebbe potuto fare dinanzi a movimenti epocali, che sfuggono al controllo dei singoli Stati e ancor più dei singoli schieramenti politici.
Ma certamente nella disfatta attuale del centro-sinistra hanno pesato anche fattori peculiari della politica italiana e in particolare della politica del PD. Anzitutto Renzi ha pagato la sua personale volontà di potenza, il suo voler essere l’uomo solo al comando, le spigolosità brusche e tutte toscaneggianti, per così dire, del suo carattere e quel certo suo qual infantilismo che lo induce a cercare costantemente altrove i responsabili delle sue sconfitte. Egli ha dimenticato che l’uomo solo al comando, come il monarca medievale, deve mantenersi invitto e mostrarsi al suo popolo come colui che in terra è onnipotente, quanto il Dio che lo ha consacrato è onnipotente in cielo. Ma Renzi ha perduto il referendum, che ha scioccamente presentato come un plebiscito sulla sua persona; ha perduto le precedenti elezioni amministrative a Torino e a Roma e, nell’ansia di un ritorno al potere e di una alleanza a destra, ha proposto una legge elettorale proporzionale, opposta a quella che fino a qualche tempo fa aveva presentato come l’unica ragionevole, salvifica e assolutamente cogente. Inoltre, di tante riforme promesse e tentate, le sole che il PD ha saputo – o potuto – realizzare si sono rivelate odiose per molti e inefficaci per tutti: si pensi al Jobs act, che non ha risolto la disoccupazione giovanile e ha inasprito le conseguenze dell’emarginazione dal mercato del lavoro dei meno giovani; ai voucher, su cui il governo ha dovuto fare marcia indietro; o al pasticciaccio brutto della ”buona scuola”, risoltosi in un aggravamento delle pratiche burocratiche per i docenti, in un peggioramento delle possibilità di intervento per i presidi e nella scelta assurdamente maoista della cosiddetta alternanza scuola-lavoro, per gli studenti. Il bacino elettorale del PD è stato il gruppo sociale che maggiormente ha sofferto questi svarioni politici; da qui lo slittamento a destra del voto, anche se soltanto amministrativo.
Infine, non dobbiamo sottovalutare il fatto che sempre più buona parte del Movimento 5 stelle va perdendo alcuni suoi originari legami con la sinistra (presenti nella prima fase della politica di Beppe Grillo) e si configura come movimento vicino alle destre estreme (sempre più vicino, dunque, a talune tentazioni e suggestioni del defunto Casaleggio). Nel risultato elettorale complessivo, non è improbabile che una parte dei voti 5 stelle del primo turno siano confluiti, dunque, verso il centrodestra in Italia e verso Cuttica di Revigliasco in Alessandria.
Rita Rossa ha pagato duramente tutto questo, con una sconfitta che non poteva essere prevista, perché non era nei fatti: nessuno avrebbe potuto anche soltanto immaginare che Alessandria preferisse – e con una netta percentuale del 10% di distacco – coloro che hanno abbattuto il bilancio e che in parte sono stati sanzionati per la gestione della città, piuttosto che coloro che quel bilancio hanno risanato.
Ma questa sconfitta ci insegna che molti Alessandrini di oggi, così diversi da quelli di un tempo - che avrebbero sogghignato con il loro proverbiale, britannico “mah” dinanzi alle prodezze dell’improvvisata e improvvida manifestazione ippica, ma poi avrebbero accettato di pagarne il prezzo -, molto amano le sabbie normanne e le corse dei cavalli e le feste caciarone, ma poi non vogliono saldare il conto.
Detto ciò, dobbiamo francamente ammettere che vi sono anche fattori legati alla politica della Giunta Rossa e del PD locale che hanno contribuito al risultato elettorale. Proverò a tratteggiarli in ordine crescente, secondo l’impatto che hanno a mio giudizio avuto.
Anzitutto, credo abbia contato, sia pur parzialmente, la modalità di propaganda politica adottata da importanti dirigenti del partito, che per passione, per coerenza con la loro militanza, per volontà di collaborazione, si sono generosamente spesi nella campagna elettorale, ma hanno purtroppo talora ecceduto negli attacchi personali, a volte gratuitamente feroci e persino maligni, nei confronti di coloro che era immaginabile sarebbero divenuti imprescindibili alleati nel momento del ballottaggio. Dopo una brutta campagna di questo genere, non è improbabile a mio giudizio che l’apparentamento in zona Cesarini con il Quarto polo non sia stato capito e apprezzato da molti elettori che avevano individuato in Oria Trifoglio una buona alternativa ai gruppi di potere da decenni consolidati in città e che avevano subito con crescente irritazione l’eccesso di aggressività di quella parte del PD.
In secondo luogo, è stata determinante una certa supponenza e arroganza da parte di non più di uno o due esponenti della Giunta Rossa e del PD cittadino, che su Facebook hanno impazzato con insulti, attacchi personali e furiosi post isterici e hanno giocato a bannare chiunque provasse a interloquire. Sono cose che si pagano e che un buon politico non dovrebbe mai fare, Probabilmente personaggi di tal fatta hanno fatto perdere pochi voti, ma anche quei voti hanno contato, nonostante la pacatezza e la disponibilità con cui tutti gli altri assessori e tutti i consiglieri comunali si sono comportati in tutti i cinque anni del mandato: purtroppo le persone rammentano un solo insulto di una sola persona, anziché le tante disponibilità e correttezze di tutti gli altri.
Ha contato soprattutto, a mio giudizio, la mancanza di denari – che è responsabilità delle giunte precedenti e non certamente della giunta Rossa –, che ha impedito di rispondere pienamente alle istanze più immediate e concrete dell’amministrazione e gestione della città. E tuttavia, in questo contesto di obbligato risparmio che la città sembrava aver comrpeso, ha certamente contribuito alla sconfitta la pochezza, forse eludibile, degli interventi culturali. La cultura costa, è verissimo; e i soldi mancavano, ma talora un po’ di creatività e di inventiva possono fare molto, come ha dimostrato Mauro Buzzi, che ci ha regalato in questi cinque anni la migliore gestione di sempre del Cissaca, una gestione che ha saputo costruire, con i pochi, insufficienti denari a disposizione, intelligenti ed efficacissimi modi per risolvere i problemi di tanti. Al contrario, l’assessorato alla cultura e la Giunta Rossa hanno largamente appaltato la cultura alla nuova presidenza dell’Ascom, fino a ipotizzare un assessorato per il commerciante più attivo e presente in questa partita. Ma un commerciante, per quanto intelligente, creativo, volonteroso, simpatico, gentilissimo e disponibile, quale è il nostro amico organizzatore di “aperture per cottura”, ovviamente e giustamente persegue anzitutto gli interessi economici della propria categoria e, dunque, non è affatto corretto e fruttuoso chiedergli di trasformarsi in pressoché unico animatore e organizzatore culturale di una città capoluogo di provincia: non è il suo lavoro e presumibilmente non è neppure la sua vocazione o il suo interesse. Temo che alcuni componenti della Giunta Rossa abbiano pensato che gli entusiastici commenti di taluni sui social network e l’affluenza certamente non esigua alle varie feste, festine, sagre, mangiate, bevute qui e là sul territorio cittadino corrispondessero ad un apprezzamento generalizzato di simili manifestazioni. Si è giunti addirittura a definire “vera cultura” lo spiedino di pesce o il panino da fast food mangiato alla va’ là che vai bene sulle rive del fiume o tra gli escrementi di piccione e le macchie di altre materie organiche irriferibili spalmati sulle lastre del principale corso cittadino, mentre musica a palla allieta anche i molti che preferirebbero non ascoltarla, o ascoltarne di differente. Ma è probabile che gli ottimisti abbiano sottovalutato il fatto che – forse per ancestrale abitudine, permeata di quella creanza falsa e cortese di cui si dice siano affetti gli abitanti di questa nostra regione – gli Alessandrini spesso preferiscono non esprimere esplicitamente le loro indignazioni e le loro irritazioni, illuministicamente persuasi, come sono, che alla fine trionferà la ragione. Il voto che ha premiato il centro-destra, a mio avviso, contiene anche l’apprezzamento di molti per un uomo di cultura, quale è Gianfranco Cuttica di Revigliasco, dal quale probabilmente ci si attende una inversione di tendenza giustappunto in ambito culturale.
E, ancora, ha fortemente pesato a mio giudizio il mancato controllo del territorio, causato certamente dall’organico mutilato della polizia municipale e da alcuni fattori che non dipendono dal sindaco (la gestione e la dislocazione delle forze dell’ordine, gli indirizzi della Prefettura e della Questura, l’oggettiva difficoltà di collocazione e gestione dei migranti, la liquidità sociale che ha sgretolato i valori civici e morali), ma che è stato percepito dalla città come precipua volontà politica di non intervento. E qui direi che,se il mancato controllo di parcheggi abusivi e traffico caotico dipende soprattutto dall’inciviltà troppo diffusa e persistente degli Alessandrini, la responsabilità principale del mancato intervento su ciò che ha maggiormente disturbato la città non è affatto del PD, bensì dei movimenti e partitini che si collocano alla sua sinistra e che continuano a ritenere l’istanza della sicurezza e dell’ordine come precipuamente afferente a una politica di destra. Costoro troppo spesso in questi anni hanno opposto alle tante istanze di sicurezza una bizzarra confusione concettuale tra ciò che definivano razzismo e ciò che era invece la comprensibile richiesta di tutela per le fasce deboli della città – donne, anziani e ragazzini- , più esposte agli assalti della piccola delinquenza e alle piccole brutalità e molestie dei giovani migranti dediti all’accattonaggio. Non è razzismo chiedere che i vecchi all’uscita dei supermercati non siano assillati da richieste continue di monetine, che le strade cittadine e i beni pubblici siano tutelati e che le donne e i ragazzini non siano oggetto di scippi e rapine, così come non è accoglienza il costringere i migranti all’emarginazione e alla noia quotidiana. Se l’accoglienza di chi emigra è doverosa (soprattutto poi da parte di un popolo di migranti quali noi siamo stati e ancora siamo), se la solidarietà con chi soffre è etica, se è cultura e intelligenza il sapere che la Terra è di tutti e che le nazioni e i confini sono costrutti artificiali, non è però etico o intelligente abbandonare a loro stessi i migranti e lasciare che alimentino piccola devianza e piccola delinquenza, o anche soltanto che si debbano gestire da soli in un luogo alieno, con una lingua che non padroneggiano e consuetudini che non conoscono. Ecco, qui la Giunta Rossa – come molte amministrazioni comunali in Italia, sia chiaro – ha fallito, per tante ragioni oggettive e indipendenti dalla sua volontà e dalla sua possibilità di intervento, ma anche in piccola parte perché non ha saputo trovare soluzioni creative, anche in mancanza di denari, alla gestione dei migranti presenti sul territorio cittadino. Anche questo ha certamente indotto molti a votare per la Lega.
In ultimo, l’arroganza del non voler presentare fino all’ultimo un programma di mandato certamente ha irritato coloro che, con maggiore attenzione e civismo, si dispongono al voto non sulla base delle simpatie per l’uno o l’altro candidato, bensì sulla base dei contenuti che ciascuno di essi intende attuare e sviluppare durante i cinque anni di governo della città. Mi pare di poter affermare che tra questi disillusi elettori abbia prevalso la scelta dell’astensione, che ha penalizzato anch’essa la Giunta uscente.
Ma, se proprio vogliamo essere franchi, sono anche convinta che Rita Rossa abbia pagato il prezzo dell’essere donna: in questa piccola città di provincia, come in tanti altri luoghi del nostro Paese ancora arretrato, molti, tra una donna e un uomo, scelgono di preferenza quest’ultimo. Il maschilismo impera ancora tra gli elettori, purtroppo, come questa tornata elettorale a mio avviso ha dimostrato.
In ogni caso, a prescindere da cause e responsabilità, molto dispiace per i tanti che in questi cinque anni hanno lavorato e lavorato bene, a partire proprio da Rita Rossa, che a mio avviso ingiustamente paga conti che non sono sua responsabilità. Agli assessori e ai consiglieri comunali uscenti il mio ringraziamento, dunque, il mio rammarico per questa ingiusta sconfitta e l’augurio – a loro e a noi – che possano presto tornare a governare la città, magari con qualche necessario miglioramento. Quando si cade, infatti, ci si rialza e la caduta è la migliore opportunità per imparare a non cadere più. 




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